Sommario:
1. Il debitore immune.
In un precedente intervento in questa Rivista [Il «rapporto» obbligatorio al tempo dell'isolamento: una causa (transitoria) di giustificazione?, in Giustiziacivile.com, 3 aprile 2020] ho ragionato sulle possibili implicazioni dell'art.91 d.l. n. 18 del 2020 [(«Disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento (…)»]; nel contenuto, la disposizione introduce un comma 6-bis all'art. 3 d.l. n. 6 del 2020: «Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».
Sintetizzando qui brevemente il senso di questa disposizione (e richiamando, sul resto, le considerazioni già svolte nel contributo indicato sopra), va registrato che l'inadempimento del debitore non dà luogo a quegli effetti sostanziali (in punto rimediale) che ne discenderebbero in una situazione di fisiologia; mi pare che il legislatore abbia inteso regolare una causa emergenziale di giustificazione, destinata ovviamente a cessare con la fine dell'emergenza. Un debitore «immune», appunto.
Nei fatti si realizza uno stato di sospensione che non necessariamente investe l'intero rapporto negoziale, né tutte le prestazioni oggetto del contratto, ma solo quelle la cui esecuzione contrasterebbe con le misure di contenimento dell'epidemia; può atteggiarsi a totale, quando tutte le prestazioni del debitore non sono eseguibili; o parziale, quando solo una o alcune delle prestazioni oggetto dell'obbligazione sono ineseguibili, ma non altre.
Se questo è esatto, non va dimenticato che il sinallagma, notoriamente, è in re ipsa relazionale e tocca all'interprete garantirne, anche nell'emergenza, l'originario equilibrio; se nella fase emergenziale è giustificato l'atteggiamento del debitore che sospende e non esegue, occorre capire se il creditore (della prestazione sospesa) possa ritenersi liberato, a sua volta, dall'obbligo di eseguire la controprestazione, in attesa che il rapporto contrattuale torni a una regolare attuazione.
2. La reazione del creditore: l'eccezione di inadempimento?
Emerge allora un interrogativo: il creditore – privo di azione nei confronti del debitore protetto dal comma 6-bis – può avvalersi dell'exceptio inadimpleti contractus per sospendere l'esecuzione della propria (contro)prestazione, anche se questa, come accade di regola per le obbligazioni pecuniarie, non è ostacolata né impedita dalle misure di contenimento?
La risposta deve essere positiva per almeno due ragioni: i) da una parte, l'eccezione di inadempimento può essere attivata anche in reazione a inadempimenti incolpevoli, perché derivanti, ad esempio, da impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore [1]; ii) dall'altra, se si ritenesse diversamente, il creditore finirebbe con l'essere gravato di tutte le conseguenze economiche dello stato emergenziale, dovendo (essere costretto a) eseguire nei confronti di chi si trova nell'impossibilità (fattuale e giuridica) di farlo [2].
Sembra allora preferibile prospettare uno stato di sospensione bilaterale del rapporto contrattuale, perdurante per l'intero stato emergenziale, terminato il quale il debitore può, eseguendo la propria prestazione, riattivarne il regolare ritmo di esecuzione (salvo, naturalmente, il possibile impatto sull'efficacia del contratto dell'impossibilità temporanea generata dall'osservanza delle norme emergenziali di contenimento ex art. 1464 c.c.).
La sospensione non è disposta direttamente dal legislatore, ma è, piuttosto, un effetto indiretto della sancita immunità del debitore (per l'art. 91 d.l. n. 18 del 2020, sopra citato); costretto dal rispetto delle misure di contenimento, egli non può, anzi non deve, eseguire la sua prestazione (o le sue prestazioni) e da questa sua inazione (per factum principis) discende una paralisi (temporanea) del sinallagma, operativa per tutte le parti contraenti.
Se il debitore è legittimato a non adempiere, il creditore può eccepire l'inadempimento (pur giustificato) per sospendere, a sua volta, l'esecuzione della propria (contro)prestazione, entrando così il contratto in uno stato di provvisoria sospensione simile, ma non identico, a quello prodotto dall'exceptio inadimpleti contractus.
In quel contesto il creditore mira, di regola, al conseguimento della prestazione che il debitore non ha (ancora) adempiuto, in un'ottica di "stimolo" dell'inadempiente (che, per recuperare la controprestazione sospesa, è indotto a porre fine al proprio inadempimento, consentendo al rapporto contrattuale di recuperare la sua regolare esecuzione [3]). Nella situazione scaturita dall'emergenza pandemica, invece, manca proprio questa finalità, perchè il debitore è inadempiente non già in ragione di una sua scelta o di una sua colpa, bensì in forza di una coazione impostagli dalla pubblica autorità [4]; per questo, la reazione del creditore appare piuttosto come un'autosospensione della propria obbligazione, assimilabile, quanto agli effetti sul sinallagma, al novero dei rimedi conservativi (cui appartiene l'exceptio) benché divergente quanto a finalità [manca lo scopo di stimolare l'altrui adempimento, perché in questo caso il debitore vorrebbe adempiere, ma non può] e presupposti [perché qui si reagisce a un inadempimento non imputabile, giustificato da una specifica disposizione della legislazione emergenziale].
Per riepilogare, dunque, potrebbe sostenersi che il comma 6-bis, art. 3, d.l. n. 6 del 2020, tipizzando una causa straordinaria di giustificazione dell'inadempimento del debitore, introduce indirettamente una (sorta di) causa legale di sospensione del contratto, ovviamente estranea, quanto ai presupposti, al contesto naturale dell'exceptio inadimpleti contractus ex art. 1460 c.c. Sul piano concreto, il debitore [immune da responsabilità per inadempimento, così come da tutti gli altri rimedi, anche contrattuali, che presuppongono un inadempimento imputabile] può, se ritiene, dichiarare al creditore di sospendere il proprio adempimento in ragione dell'osservanza delle misure di contenimento, e per tutta la durata di queste. Ma, correlativamente, anche il creditore, per quanto la sua prestazione sia astrattamente eseguibile nella misura in cui non interessata dal rispetto delle misure di contenimento, può sospendere l'esecuzione della propria prestazione, anche i) per evitare di patire per intero il rischio economico conseguente allo stato emergenziale e ii) per garantirsi rispetto a una possibile impossibilità definitiva della controprestazione, laddove, ad esempio, il protrarsi dello stato di emergenza ne renda inutile (per il creditore) l'esecuzione (arg. ex art. 1464 c.c.).
Si tratta di una sospensione che, per le parti, è ancora più snella rispetto a quella prodotta dall'eccezione di inadempimento, perché è sufficiente dimostrare che le misure di contenimento impediscono la prestazione (per es. vietando l'esercizio di una determinata attività commerciale) per determinare (oltre agli effetti in punto di irresponsabilità) anche una sospensione del sinallagma, "congelato", temporaneamente, al fine di evitarne possibili (e forse precipitose) estinzioni distruttive.
Potrebbe ipotizzarsi il caso in cui il debitore sospenda il proprio adempimento non già in ragione dell'oggettiva osservanza di una misura di contenimento, bensì in forza di una percezione soggettiva, consistente, ad esempio, nel timore che l'esecuzione della prestazione possa mettere in pericolo l'incolumità propria o dei propri collaboratori [5].
In una situazione come quella generata dalla pandemia, non spetta al singolo debitore valutare i rischi della propria attività, essendo questo giudizio riservato all'autorità pubblica che, con provvedimenti specifici e generali, detta regole cogenti volte a contemperare gli interessi in gioco (salute pubblica, esercizio delle attività economiche, diritti fondamentali); l'autosospensione, dunque, non sarebbe in tal caso giustificata dall'immunità speciale di cui alla legislazione emergenziale e costituirebbe, a tutti gli effetti, un inadempimento imputabile 6[].
Guardando fuori dai confini nazionali, in Francia si è scelta un'altra via, all'insegna di una disciplina più dettagliata e, forse, più sensibile al dato economico e finanziario: per i contratti sui servizi turistici, l'Ordonnance n. 2020-315 dispone che, in caso di risoluzione intervenuta nel periodo emergenziale, in luogo del rimborso i clienti possano ricevere un buono per prestazioni identiche [7]; l'Ordonnance 2020-306, in un'ottica più generale, sospende l'efficacia di tutte le clausole contrattuali legate alla scadenza di un termine per l'esecuzione della prestazione, con ciò esonerando il debitore dalle conseguenze dell'inadempimento durante il periodo emergenziale [8]; infine l'Ordonnance 2020-316 rende immune il conduttore rispetto al mancato pagamento del canone per la locazione di locali commerciali [9]. Oltre a questo, sempre nell'Ordonnance n. 2020-316, la scelta del legislatore francese va nel senso di bloccare (anche) l'eccezione di inadempimento nei confronti di chi esercita un'attività economica in ragione del mancato pagamento, durante il periodo emergenziale, delle fatture delle forniture di gas, acqua, elettricità [10].
Una protezione specifica e mirata, destinata soprattutto a salvaguardare le attività economiche e commerciali, garantendo loro la conservazione dei locali commerciali e delle utenze anche in caso di mancato pagamento dei canoni e delle fatture, attribuendo loro una sorta di "immunità" da qualunque rimedio (distruttivo, conservativo, risarcitorio) che il creditore, in periodo non emergenziale, potrebbe porre in essere per tutelare il proprio credito [e, in Francia, non è il rispetto delle misure di contenimento a impedire l'adempimento di un'obbligazione meramente pecuniaria (come tale sempre eseguibile, specie con i nuovi mezzi di pagamento), ma lo stato di sofferenza finanziaria in cui viene a trovarsi chi esercita un'attività economica in un contesto di calo dei consumi e di sostanziale paralisi dell'economia [11].
3. (Segue): adempimento parziale del eccezione parziale.
Tornando all'ordinamento nazionale, potrebbe prospettarsi l'ipotesi, soprattutto per le obbligazioni di dare, che la misura di contenimento non impedisca l'esecuzione di tutta la prestazione, ma solo di parte di essa. In questo caso, il debitore può offrire solo la parte della prestazione che è possibile eseguire, ma il creditore ha facoltà di rifiutare l'adempimento parziale ex art. 1181 c.c. (ovviamente, senza poter agire per ottenere l'intero o per risolvere il contratto [12], sempre in forza dell'operare della causa eccezionale di giustificazione di cui al comma 6-bis).Se, invece, accetta la prestazione eseguita in modo parziale, il creditore può sospendere parzialmente il proprio inadempimento, proporzionalmente al valore dell'altrui adempimento parziale (c.d. eccezione parziale d'inadempimento). Naturalmente, questa reazione del creditore è soggetta al vaglio di buona fede previsto dall'art. 1460, comma 2, c.c., qui da intendersi come rigoroso rispetto della proporzionalità [13] tra l'inadempimento parziale del debitore (in quanto costretto dal rispetto delle misure di contenimento) e l'inadempimento parziale del creditore (che paga, così, solo la parte della prestazione da cui ha potuto trarre utilità); in quest'ottica, va condivisa l'idea che il principio di buona fede serva da controllo del modo con cui il creditore, autoriducendo la propria prestazione, ha realizzato il principio di proporzionalità [14], potendosi così prospettare la situazione in cui il debitore, che ha eseguito parzialmente, contesti l'autoriduzione operata dal creditore, configurandola come un (inaccettabile) adempimento parziale.
4. Riflessioni finali.
Il legislatore dello stato d'eccezione vuole evitare che i debitori si trovino a subire gli effetti di impedimenti non imputabili alla propria sfera di rischio, prevenendo azioni e richieste dei creditori insoddisfatti attraverso una disposizione (il comma 6-bis d.l. n. 6 del 2020) che, saggiamente evitando automatismi eccessivi, va ricondotta alla ratio di favorire l'adattamento all'emergenza del rapporto obbligatorio, anche con lo scopo di salvaguardare la stabilità di contratti che, diversamente, sarebbero stati esposti a rischi distruttivi, con ricadute senz'altro negative sull'economia e sul benessere della società.
In Italia, tuttavia, mancano disposizioni [15] aventi a oggetto non già l'impossibilità tecnica di adempiere, bensì quella finanziaria: è possibile, infatti, che il calo o l'azzeramento dei consumi, soprattutto per chi esercita un'attività economica e commerciale, determini ripercussioni sulla liquidità disponibile (e, conseguentemente, sulla regolare esecuzione delle obbligazioni pecuniarie). Per chi si trova in queste condizioni, il mancato o tardivo pagamento rimane, allo stato, ingiustificato e imputabile, salvo a voler ragionare in termini di «inadempimento necessitato» dalla crisi finanziaria indotta dall'emergenza (argomento certamente affascinante ma sostenibile, con qualche speranza di successo, solo in un contesto giudiziale, ma non certo utile a gestire i problemi immediati di gestione di un rapporto contrattuale); o, ancora, salvo a voler optare per la risoluzione del contratto (per impossibilità sopravvenuta del per eccessiva onerosità sopravvenuta), da cui deriverebbe inesorabilmente l'increscioso effetto della «perdita» di un rapporto (giuridico ed) economico, quasi sempre indispensabile per l'esercizio di un'attività economica [16].
Il diritto delle obbligazioni e dei contratti contiene gli anticorpi necessari a fronteggiare l'emergenza provocata dal virus Covid-19, grazie alla duttilità delle clausole generali (buona fede), declinate, specie in un'epoca di emergenza, alla luce del principio costituzionale di solidarietà [17]. La conservazione di un contratto equilibrato (con l'eccezione di inadempimento, con la rinegoziazione [18]) non è un valore in sé [sul «principio di conservazione» recenti pagine di Roppo hanno fatto definitiva chiarezza [19], ma un obiettivo (anche) di politica economica [salvaguardare le attività economiche, in vista della ripresa successiva alla fine dell'emergenza] che un diritto dei contratti non insensibile, né cinico, può aiutare concretamente a realizzare.
Riferimenti bibliografici:
[1] Cass. civ., sez. III , 19 ottobre 2007, n. 21973: «[l]'esercizio dell'eccezione d'inadempimento ex art. 1460 c.c., che trova applicazione anche in riferimento ai contratti ad esecuzione continuata o periodica, nonché in presenza di contratti collegati, prescinde dalla responsabilità della controparte, in quanto è meritevole di tutela l'interesse della parte a non eseguire la propria prestazione in assenza della controprestazione, e ciò per evitare di trovarsi in una situazione di diseguaglianza rispetto alla controparte medesima; sicché detta eccezione può essere fatta valere anche nel caso in cui il mancato adempimento dipende dalla sopravvenuta relativa impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore». Su questo aspetto, v. anche A.M. BENEDETTI, Le autodifese contrattuali, Milano, 2011, in part. 54.
[2] Assumendosi per intero il rischio di pagare per una prestazione non eseguita e, forse, non più eseguibile.
[3] Alludo alla funzione conservativa dell'eccezione di inadempimento come strumento di autotutela alternativo alla risoluzione (ma che può precederla): su questo rinvio al mio Autodifese contrattuali, cit., 19 ss,
[4] In questo caso, il provvedimento della pubblica autorità è a sua volta determinato da un evento straordinario o da una forza maggiore; ma prevale, dal punto di vista delle ricadute sul contratto e sui rapporti obbligatori, la coazione determinata dal divieto di esercitare determinate attività o di tenere certi comportamenti.
[5] Sul tema della «percezione» del pericolo da parte di chi deve eseguire una prestazione pure in sé non impedita dalla misure di contenimento vanno segnalate le acute osservazioni di D. MAFFEIS, Problemi dei contratti nell'emergenza epidemiologica da Covid-19, in Giustiziacivile.com, 10 aprile 2020.
[6] Fatta salva la via della rinegoziazione, con cui le parti, d'accordo, rimodulino il rapporto contrattuale, adattandolo, anche mediante una sospensione temporanea, alla situazione emergenziale.
[7] Disposizione analoga è stata emanata in Italia per i contratti dello spettacolo (art. 88 d.l. n. 18 del 2020, su cui si può vedere F. GIGLIOTTI, Considerazioni in tema di impossibilità sopravvenuta, per emergenza epidemiologica, di prestazioni dello spettacolo e assimilate, in Giustiziacivile.com, 1° aprile 2020).
[8] Art. 4: «[l]es astreintes, les clauses pénales, les clauses résolutoires ainsi que les clauses prévoyant une déchéance, lorsqu'elles ont pour objet de sanctionner l'inexécution d'une obligation dans un délai déterminé, sont réputées n'avoir pas pris cours ou produit effet, si ce délai a expiré pendant la période définie au I de l'article 1er. Ces astreintes prennent cours et ces clauses produisent leurs effets à compter de l'expiration d'un délai d'un mois après la fin de cette période si le débiteur n'a pas exécuté son obligation avant ce terme».
[9] Le persone fisiche o giuridiche che esercitano un'attività economica «ne peuvent encourir de pénalités financières ou intérêts de retard, de dommages-intérêts, d'astreinte, d'exécution de clause résolutoire, de clause pénale ou de toute clause prévoyant une déchéance, ou d'activation des garanties ou cautions, en raison du défaut de paiement de loyers ou de charges locatives afférents à leurs locaux professionnels et commerciaux, nonobstant toute stipulation contractuelle et les dispositions des articles L. 622-14 et L. 641-12 du code de commerce»: art. 4, Ordonnance n. 2020-316.
[10] Art. 2, Ordonnance n. 2020-316: «[a] compter de l'entrée en vigueur de la présente ordonnance et jusqu'à la date de cessation de l'état d'urgence sanitaire déclaré par l'article 4 de la loi du 23 mars 2020 susvisée, ne peuvent procéder à la suspension, à l'interruption ou à la réduction, y compris par résiliation de contrat, de la fourniture d'électricité, de gaz ou d'eau aux personnes mentionnées à l'article 1er pour non-paiement par ces dernières de leurs factures (…). En outre, les fournisseurs d'électricité ne peuvent procéder au cours de la même période à une réduction de la puissance distribuée aux personnes concernées».
[11] La legislazione emergenziale italiana non ha scelto questa via. L'art. 91 d.l. 17 marzo 2020, n. 18 introduce una causa di giustificazione del debitore, ma solo quando l'inadempimento sia generato dal rispetto delle misure di contenimento, e non già da una possibile sofferenza finanziaria del debitore (su questo rinvio al mio Il rapporto obbligatorio al tempo dell'isolamento: brevi note sul Decreto “cura Italia”, cit., in part. 214 s.).
[12] Cfr. ad esempio Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2013, n. 2204 («l'accettazione, da parte del creditore, dell'adempimento parziale - che, a norma dell'art. 1181 c.c., egli avrebbe potuto rifiutare - non estingue il debito, ma semplicemente lo riduce, non precludendo conseguentemente al creditore stesso di azionare la risoluzione del contratto, né al giudice di dichiararla, ove la parte residuale del credito rimasta scoperta sia tale da comportare ugualmente la gravità dell'inadempimento»).
[13] Il principio di proporzionalità (insieme a quello di correttezza) è fondamento e limite dell'eccezione di inadempimento: in giurisprudenza, tra le tante, può vedersi Cass. civ., 26 luglio 2019, n. 20322, in tema di locazione).
[14] Sul rapporto tra i principi di buona fede e proporzionalità (nel senso che la prima deve indicare il modo con cui si attua il secondo) v. P. PERLINGIERI, Equilibrio normativo e principio di proporzionalità nei contratti, in Rass. dir. civ., 2001, 334 ss., in part. 350.
[15] Se si eccettuano quelle che autorizzano la sospensione dei mutui, anche se nei limiti di cui agli artt. 54 e 56 d.l. n. 18 del 2020.
[16] Se l'emergenza è transitoria, lo scioglimento del contratto è effetto economicamente sproporzionato e controproducente; finita la situazione eccezionale, il rapporto contrattuale può riprendere il suo corso regolare.
[17] Scrive C. SCOGNAMIGLIO, L'emergenza Covid19: quale ruolo per il civilista?, in Giustiziacivile.com, 15.4.2020: «[s]i può dunque essere d'accordo nel senso che il valore della solidarietà (che, trasposto sul piano del linguaggio poetico, sembra evocare la “social catena”, della quale si legge ne La Ginestra, e che difende i mortali contro l'empia natura), tradotto tecnicamente nella clausola generale di buona fede o correttezza, costituisca una componente fondamentale della strumentazione argomentativa della quale si deve avvalere il civilista chiamato a fronteggiare i problemi derivanti dall'incidenza sul diritto dei contratti della pandemia in atto (…)».
[18] Sulla possibile operatività della rinegoziazione si possono vedere A.M. BENEDETTI, R. NATOLI, Coronavirus, emergenza sanitaria e diritto dei contratti: spunti per un dibattito, in www.dirittobancario.it, 25 marzo 2020.
[19] «Un vacuo feticcio» come scrive V. Roppo, Giudizialità e stragiudizialità della risoluzione per inadempimento: la forza del fatto, in Contratti, 2017, 441 ss., in part. 442.