Sommario:
- 1. Emergenza epidemiologica da Covid-19 e provvedimenti dell'autorità.
- 2. Riflessi giuridici dei provvedimenti imperativi adottati su taluni rapporti contrattuali in corso. La risoluzione per factum principis.
- 3. (Segue): in particolare: l'art. 88 d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
- 4. (Segue): deroghe della normativa d'urgenza in esame rispetto alla disciplina ordinaria.
- 5. Transitorietà o “definitività”, rispetto ai casi regolati, della disciplina d'emergenza?
- 6. Confronto con altre disposizioni (emergenziali) e considerazioni conclusive.
1. Emergenza epidemiologica da Covid-19 e provvedimenti dell'autorità.
La drammatica evoluzione dell'emergenza sanitaria in atto – ormai (dopo un avvio apparentemente più circoscritto [1]) estesa all'intero territorio nazionale [2] – ha determinato la necessità di plurimi interventi normativi d'urgenza, complessivamente diretti al fine unitario di contenere e gestire l'emergenza epidemiologica da Covid-19.
In questo contesto (che ha coinvolto, trasversalmente, ambiti assai diversi dell'ordinamento giuridico [3]), numerose sono – per quanto qui più specificamente interessa – le disposizioni che incidono su rapporti giuridici di natura privatistica [4], sollecitando necessariamente più d'una riflessione al riguardo (come ampiamente testimoniato dai primissimi commenti, “a caldo”, della normativa d'urgenza considerata, quali anche ospitati dalla presente Rivista).
Senza poter entrare nel merito delle singole previsioni (e salvo, naturalmente, quanto di seguito si dirà su alcuni profili dell'art. 88 d.l. n. 18 del 2020, che costituiscono oggetto del presente commento), va comunque evidenziato che – in linea di principio – siamo di fronte a disposizioni dirette a regolare (solo) transitoriamente, e senza (almeno di massima [5]) effetti capaci di consolidamento durevole, i rapporti e le situazioni oggetto della disciplina emergenziale; nondimeno, la loro applicazione comporta, non di rado, non solo conseguenze giuridiche (ad es., una risoluzione contrattuale) giustificate dalla eccezionalità del contesto di riferimento, ma anche, come si dirà, alcune significative deviazioni (per es., in ordine ai profili rimediali fruibili) dalle regole (che sarebbero risultate) ordinariamente applicabili.
2. Riflessi giuridici dei provvedimenti imperativi adottati su taluni rapporti contrattuali in corso. La risoluzione per factum principis.
Una delle principali conseguenze implicate, sul piano giuridico, dalle misure precauzionali o contenitive adottate [6] per fronteggiare l'emergenza, come agevolmente si intuisce, è quella che riguarda la possibile influenza di tali misure sulla sorte di situazioni e rapporti giuridici (specialmente [7], di tipo contrattuale) in corso, il cui ordinario svolgimento può risultare indubbiamente inciso, in maniera più o meno consistente, dalle prescrizioni imperativamente imposte dagli interventi normativi adottati (pur se diretti a finalità ben diverse, ovviamente, dalla diretta regolazione delle specifiche relazioni giuridiche coinvolte [8]).
Da questo punto di vista, in particolare, una delle più frequenti situazioni derivanti dall'adozione delle misure restrittive emergenziali è la pratica impossibilità, in una pluralità di casi, di dare esecuzione al contenuto di obblighi contrattualmente assunti [9], in ragione delle limitazioni materiali imposte alle attività astrattamente necessarie per l'attuazione del rapporto [10]; a qual proposito, peraltro, non sarà neppure inutile osservare che mentre nella più gran parte dei casi a venire in considerazione sarà proprio una impossibilità di esecuzione della prestazione, risultando impedita esattamente l'attività [11] in cui avrebbe dovuto concretizzarsi l'adempimento dell'obbligo contrattuale, non mancano però ipotesi nelle quali, in realtà, la prestazione non (potrà, e, soprattutto, in ragione della progressiva intensificazione delle restrizioni disposte a far data dall'avvio della situazione emergenziale, non) avrebbe potuto realizzare la finalità negozialmente programmata a causa della impossibilità di ricevimento della medesima, piuttosto che di erogazione della prestazione (si pensi, ad es., ad una prestazione astrattamente possibile – ad es., ospitalità alberghiera – che dovesse, però, essere resa, entro una determinata scadenza, a vantaggio di un soggetto impossibilitato, per provvedimento dell'autorità [12], (a recarsi) a riceverla [13]), ponendosi, allora, la questione di una assoggettabilità di simili fattispecie alla disciplina dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione all'interno di un rapporto contrattuale corrispettivo [14].
In casi di tal genere, ad ogni modo, appare evidente che – una volta assimilata, eventualmente, l'impossibilità di ricevere la prestazione all'impossibilità di prestare tout court [15] – la sorte del rapporto negoziale coinvolto sarà quella dell'assoggettamento a un meccanismo risolutivo della relazione contrattuale, in considerazione della impossibilità di attuazione del regolamento negoziale (dovuta a factum principis [16]).
3. (Segue): in particolare: l'art. 88 d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
Proprio nella direzione indicata, in particolare, si è orientato il legislatore (dell'emergenza) con specifico riguardo a talune fattispecie contrattuali rispetto alle quali le misure restrittive adottate hanno reso (allo stato) impossibile l'attuazione del programma negoziale.
Infatti, l'art. 88 (commi 2, 3 e 4) d.l 17 marzo 2020, n. 18 – rubricato «rimborso dei contratti di soggiorno e risoluzione dei contratti di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura» – ha statuito che:
«2. A seguito dell'adozione delle misure di cui all'articolo 2, comma l, lettere b) e d) del decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 e a decorrere dalla data di adozione del medesimo decreto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura.
3. I soggetti acquirenti presentano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, apposita istanza di rimborso al venditore, allegando il relativo titolo di acquisto. Il venditore, entro trenta giorni dalla presentazione della istanza di cui al primo periodo, provvede all'emissione di un voucher di pari importo al titolo di acquisto, da utilizzare entro un anno dall'emissione.
4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano fino alla data di efficacia delle misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 e da eventuali ulteriori decreti attuativi emanati ai sensi dell'articolo 3, comma l, del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6».
La disposizione richiamata regola, in particolare, la fattispecie dell'acquisto di titoli di accesso [17] a manifestazioni (spettacoli) varie (“di qualsiasi natura”), comprese le rappresentazioni cinematografiche e teatrali, nonché l'acquisto di ticket e biglietti per l'ingresso in musei o altri luoghi di cultura [18].
Il rapporto negoziale oggetto dell'intervento normativo è quello intercorrente tra venditore e acquirente del titolo di accesso, per cui deve ritenersi che nel caso (assolutamente ordinario) di negoziazione attraverso intermediari (piuttosto che, direttamente, con il debitore della prestazione dovuta [19]), la relazione negoziale incisa dalla predetta disciplina sia quella intercorrente con l'intermediario o rivenditore, senza che ne rimanga direttamente coinvolto il debitore della prestazione artistica [20]: è proprio al “venditore”, infatti, che – tra l'altro – dovrà essere indirizzata la richiesta di cui al comma 3 del cit. art. 88; ed è al medesimo soggetto che fa capo l'obbligo dell'emissione del titolo di accesso sostitutivo (“voucher di pari importo” [21]).
La previsione normativa non specifica le modalità dell'istanza (di rimborso) che dovrà essere presentata dall'acquirente del titolo di accesso, tranne che per il profilo temporale (entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del d.l. n. 18 del 2020, e dunque entro trenta giorni dal 17 marzo 2020: cfr. art. 127, comma 1, d.l. cit.) e per la necessità che la predetta istanza sia accompagnata dalla presentazione del titolo d'acquisto [22]. Non è indicata, invece, una forma specifica dell'istanza di rimborso, per cui (pur raccomandandosi, prudenzialmente, l'utilizzo della forma scritta) deve ritenersi non necessario il rispetto di modalità solenni di presentazione della richiesta, come pure si evince dalla generica formulazione linguistica adoperata (“presentazione” dell'istanza), che non lascia trasparire la necessità di una sottoscrizione della richiesta, ma solo della sua oggettiva esistenza.
4. (Segue): deroghe della normativa d'urgenza in esame rispetto alla disciplina ordinaria.
Secondo quanto espressamente previsto dal cit. art. 88 d.l. n. 18 del 2020, nei contratti da esso contemplati l'impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 c.c. si ha per verificata (solo) «a seguito dell'adozione delle misure di cui all'articolo 2, comma l, lettere b) e d) del decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 [23] e a decorrere dalla data di adozione [24] del medesimo decreto».
L'esplicito riferimento all'impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 c.c. (sia pure, come subito si dirà, con qualche deviazione di disciplina) rende vana ogni possibile discussione sulla ricorrenza, per effetto dei provvedimenti autoritativi richiamati, di un factum principis (che pure, ragionando in termini più generali, sarebbe stata astrattamente possibile): nel caso di specie, infatti, è direttamente la previsione normativa ad attribuire alle sopravvenienze considerate il valore, non contestabile, di fatto determinante una impossibilità sopravvenuta, quale assunta nell'art. 1463 c.c., che è espressamente richiamato.
Dunque, le misure restrittive imposte dai provvedimenti autoritativi richiamati (sospensione delle manifestazioni, eventi e spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato; nonché dell'apertura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) devono senz'altro considerarsi, per espressa qualificazione normativa, alla stregua di circostanze determinanti l'impossibilità sopravvenuta [25] (totale) di cui all'art. 1463 c.c.
La citata disposizione del codice civile è espressamente richiamata, per vero, «ai sensi e per gli effetti» di quanto in essa disposto; peraltro, nonostante la dizione testuale del richiamo, appare evidente che – in realtà – le conseguenze giuridiche contemplate dall'art. 88, comma 3, d.l. n. 18 del 2020 non siano esattamente sovrapponibili a quelle che deriverebbero dall'applicazione della disposizione codicistica richiamata.
Invero, giusta art. 1463 c.c., l'impossibilità sopravvenuta (totale) della prestazione comporta [26]:
a) la liberazione della parte tenuta alla prestazione divenuta impossibile [27], in conformità della regola generale di cui all'art. 1256 c.c. [28];
b) l'impedimento, per questa parte, a pretendere la controprestazione; oppure
c) (in caso di prestazione anticipatamente percepita) l'obbligo di restituire quella che abbia già ricevuto, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.
Qualora, dunque, il rinvio all'art. 1463 c.c. avesse dovuto operare “ai sensi e per gli effetti” di tale disposizione, le conseguenze giuridiche della sua applicazione avrebbero allora dovuto condurre ai risultati pratici appena esposti.
Per contro, la speciale previsione emergenziale dettata dall'art. 88, comma 3, d.l. n. 18 dek 2020 stabilisce che, in ragione dell'impossibilità sopravvenuta appena richiamata, «i soggetti acquirenti presentano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, apposita istanza di rimborso al venditore, allegando il relativo titolo di acquisto. Il venditore, entro trenta giorni dalla presentazione della istanza di cui al primo periodo, provvede all'emissione di un voucher di pari importo al titolo di acquisto, da utilizzare entro un anno dall'emissione».
Ciò significa, evidentemente, che:
a) a differenza di quanto sarebbe rigorosamente implicato dal richiamo all'art. 1463 c.c., l'impossibilità sopravvenuta non comporta una conseguenza di tipo pienamente risolutivo [29], tale da riportare, tendenzialmente, le parti [30] del rapporto in una situazione equivalente a quella antecedente la stipulazione negoziale;
b) il venditore resterà obbligato, in caso di presentazione tempestiva dell'istanza di rimborso dell'altra parte, alla emissione a favore di questa, entro il termine di trenta giorni, del titolo di legittimazione sostitutivo, abilitante (per il periodo di un anno dalla emissione) alla fruizione di una prestazione corrispondente (da rendersi successivamente al venir meno della impossibilità giuridica di esecuzione);
c) non è contemplata la restituzione della somma di denaro ricevuta (dal venditore) per l'acquisto del titolo di accesso;
d) sono inoltre previsti termini rigorosi (anche molto contenuti: trenta giorni a far data dal 17 marzo 2020) per la presentazione dell'istanza di rimborso [31].
5. Transitorietà o “definitività”, rispetto ai casi regolati, della disciplina d'emergenza?
Proprio la divergenza della disciplina dettata in relazione alla impossibilità sopravvenuta di prestare, normativamente dichiarata, non manca di porre, peraltro, taluni interrogativi in ordine al rapporto tra la disciplina emergenziale esaminata e le regole generali codicistiche.
In proposito, mette conto rilevare, anzitutto, che – secondo quanto espressamente stabilito dal comma 4 dell'art 88 d.l. n. 18 del 2020, cit. – «le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano fino alla data di efficacia delle misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 e da eventuali ulteriori decreti attuativi emanati ai sensi dell'articolo 3, comma l, del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6».
La (non limpidissima) disposizione appena richiamata implica certamente che, per tutto il periodo dell'emergenza (e fintanto che resteranno operative misure di restrizione tali da impedire, giuridicamente, l'attuazione dei rapporti contrattuali considerati), le misure limitative adottate dovranno essere considerate alla stregua di situazioni determinanti l'impossibilità sopravvenuta della prestazione; e che, in quello stesso arco di tempo, sarà operativo il diritto alla richiesta di rimborso sopra esaminata, con conseguente obbligo (del venditore) di emissione del voucher sostitutivo.
Ciò che, invece, appare meno chiaramente delineato è se la disciplina appena considerata sia da intendere come (soltanto) aggiuntiva rispetto a quella ordinariamente invocabile in base alle previsioni codicistiche; o se, al contrario, essa sia da intendere come integralmente sostitutiva di quella, con la conseguenza che, in mancanza di accesso tempestivo alla richiesta di rimborso da parte dell'avente diritto, l'acquirente della prestazione divenuta impossibile perderebbe (oltre che il diritto alla prestazione sostitutiva, anche) il diritto alla restituzione della prestazione a suo tempo versata.
La prima soluzione, evidentemente, verrebbe a configurare un rimedio temporaneamente accessibile – naturalmente, ove concretamente fruito, in alternativa alla restituzione della prestazione già versata [32] – in via transitoria [33], con relativa conservazione, però (ove non azionato), della semplice pretesa alla restituzione della somma versata.
La seconda prospettiva, per contro, finirebbe per assegnare al rimedio contemplato nel cit. art. 88 D.L. n. 18/2020 l'unica tutela giuridica accessibile a vantaggio dell'acquirente della prestazione divenuta (giuridicamente) impossibile (da eseguire), considerando così la previsione normativa emergenziale quale lex specialis (unicamente) applicabile, nelle circostanze date, ai contratti di cui al comma 2 del medesimo articolo [34].
Nonostante le incertezze applicative della prima ora, sembra di potersi privilegiare, peraltro, la seconda delle due soluzioni prospettate [35], con la conseguenza che la parte conclusiva del comma 4 del più volte citato art. 88 sarà da intendere nel senso che esso è destinato a trovare applicazione rispetto a situazioni di impossibilità sopravvenuta che matureranno nel periodo indicato, fermo restando, però, che anche dopo la cessazione della condizione emergenziale, la disciplina rimediale fruibile sarà (unicamente) quella dettata – per i contratti che vi risultano assoggettati – dalla disciplina d'urgenza [36].
6. Confronto con altre disposizioni (emergenziali) e considerazioni conclusive.
A conforto della soluzione proposta, d'altra parte, sembrerebbe potersi anche invocare una (non espressamente dichiarata, nella specie, ma comunque presente nell'intero provvedimento) ragione di sostegno alle attività economiche pregiudicate dall'emergenza epidemiologica in atto [37], la quale consiglia senz'altro – in una prospettiva di contenimento delle inevitabili conseguenze economiche derivanti da una così profonda (e persino inedita, in tempi recenti) crisi globale – di mantenere fermi i flussi economici già acquisiti, pur bilanciandoli (naturalmente) con l'attribuzione di prestazioni di servizi compensative, laddove l'imposizione pura e semplice (come pure ordinariamente sarebbe dovuto) di meccanismi restitutori di consistenti somme di denaro (ove si tenga conto, ovviamente, non del singolo rapporto contrattuale concluso, ma della pluralità di prestazioni negoziate) finirebbe per aggravare una situazione di probabile recessione già fortemente preconizzata da tutti gli osservatori e analisti economici [38].
(Anche) per questa ragione sembra, dunque, di poter confermare la soluzione più sopra indicata, la quale, d'altra parte, non è troppo distante da quella (egualmente emergenziale) già dettata per altri rapporti contrattuali, come, ad es., recata dall'art. 28 d.l. 2 marzo 2020, n. 9, secondo il quale (comma 3) – nel caso di impossibilità sopravvenuta (sempre per factum principis, del medesimo ordine) relativa a contratti di trasporto o di viaggio – «il vettore […] procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio ovvero all'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione». Infatti, pur se, nel caso di specie [39] è prevista una modalità rimediale di tipo alternativo (rimborso del corrispettivo, ovvero voucher), è anche vero che la relativa scelta (tra l'uno e l'altro rimedio) è rimessa direttamente all'operatore economico, al quale viene quindi riservato un trattamento non dissimile, fondamentalmente, da quello praticato in confronto di altri.
Nondimeno, va anche considerato che, almeno in casi limitati, la fruizione di un voucher, piuttosto che la restituzione delle somme già versate, potrebbe risolversi in una misura indubbiamente penalizzante rispetto ad acquirenti che non abbiano più (magari per insuperabili ragioni logistiche, o per altre ancora) una ragionevole possibilità di fruire effettivamente della prestazione dovuta in base al titolo di legittimazione sostitutivo, per cui sarebbe forse da considerare (magari in sede di conversione) la possibilità – plausibilmente, da riservare soltanto ai casi di maggiore e indiscutibile evidenza – di qualche correttivo (dalla cedibilità del titolo, allo scambio con servizi equivalenti, e fino – secondo i casi – al rimborso ordinario) che, contemperando gli interessi in gioco, riesca a salvaguardare anche simili ragioni.
Riferimenti bibliografici:
[1] Che aveva inizialmente giustificato provvedimenti di portata territoriale, e di contenuti emergenziali, più limitati (in particolare, il riferimento è, dopo il primo intervento immediato – dichiarazione dello stato di emergenza, con attribuzione, al Capo del Dipartimento della protezione civile, di un potere di ordinanza in deroga a ogni disposizione vigente – di cui alla Delibera Cons. Ministri del 31 gennaio 2020, al d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 e al d.P.C.M.23 febbraio 2020, nonché al successivo del 25 febbraio 2020), poi seguiti, invece, da interventi progressivamente più drastici (a partire, soprattutto, dal d.P.C.M.4 marzo 2020; una raccolta completa della normativa in materia, aggiornata costantemente, in www.protezionecivile.gov.it).
[2] A seguito del d.P.C.M.9 marzo 2020.
[3] Dai primi interventi significativi a sostegno dell'economia (già a partire dal d.l. 2 marzo 2020, n. 9), al settore Giustizia (v., in particolare, il d.l. 8 marzo 2020, n. 11), al potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale (iniziato con il d.l. 9 marzo 2020, n. 14) e altri ancora. Da ultimo (per ora), il D. L. 17 marzo 2020, n. 18, contiene previsioni che spaziano da ulteriori misure di rafforzamento del SSN a misure di sostegno del lavoro, della liquidità a vantaggio di famiglie ed imprese, e ulteriori altre, variamente incidenti su rapporti d'interesse civilistico, amministrativo, penale, etc.
[4] Limitandosi (solo) a qualche riferimento essenziale – e prescindendo dalla massiccia influenza su temi giuslavoristici (rispetto ai i quali, peraltro, una segnalazione speciale merita quanto disposto dall'art. 46 d.l. 17 marzo 2020, n. 18) – si segnalano, ad es., gli artt.: 6, 35, 73, comma 4, 88 (di cui diffusamente nel prosieguo), 91, 95, 106 d.l. 17 marzo 2020, n. 18; 4, 6, 28 d.l. 2 marzo 2020, n. 14; 14 d.l. 9 marzo 2020, n. 11; 1 Ordin. Capo dip. Protez. civile 29 febbraio 2020, n. 642; 2, comma 1, d.m. Infrastrutture e trasporti, n. 118 del 16 marzo 2020.
[5] Ma v., ad es., artt. 52, 91, ult. inciso, 102, 105 d.l. n. 18 del 2020.
[6] Concretizzatesi, fondamentalmente, nel drastico ridimensionamento, se non proprio nell'azzeramento, di spostamenti fisici, assembramenti e contatti interpersonali tra i componenti della comunità, in ragione – ovviamente – delle azioni necessarie a contrastare la diffusione del contagio.
[7] Ma non solo, evidentemente; basti pensare, ad es., alla possibile incidenza delle misure emergenziali su situazioni dominicali (v., ad es., l'art 6 d.l. n. 18 del 2020), rapporti processuali (v. d.l. n. 11 del 2020; artt. 83, 84 e 85 d.l. n. 18 del 2020), adempimenti amministrativi, etc.
[8] Per esemplificare, è ben evidente che l'impossibilità di determinati spostamenti sul territorio nazionale, un vincolo di quarantena domiciliare, etc., finiscono inevitabilmente per potersi riflettere sulla possibilità di attuazione di determinati rapporti giuridici.
[9] L'impossibilità giuridica di esecuzione della prestazione, dipendente da provvedimenti autoritativi, configura un caso specifico di forza maggiore (c.d. factum principis, su cui v., ad es., G. ANNUNZIATA, Responsabilità civile e risarcibilità del danno, Padova, 2011, 73 ss.), che – tuttavia – non può essere sempre invocato dal debitore. In particolare, secondo la giurisprudenza, «nel caso in cui il debitore non abbia adempiuto la propria obbligazione nei termini contrattualmente stabiliti, egli non può invocare la predetta impossibilità con riferimento ad un ordine o divieto dell'autorità amministrativa (“factum principis”) sopravvenuto, e che fosse ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all'atto della assunzione della obbligazione, ovvero rispetto al quale non abbia, sempre nei limiti segnati dal criterio della ordinaria diligenza, sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza o il rifiuto della pubblica autorità» (in tal senso, di recente, App. L'Aquila, 11 gennaio 2019, in Dejure.it), che riassume l'indirizzo consolidato (tra le più recenti pronunce di legittimità in tal senso v. Cass., 8 giugno 2018, n. 14915, in Dir. e giust., 2018, 11 giugno; analogamente Cass. civ., 25 maggio 2017, n. 13142, in Giust. civ. Mass., 2017, secondo la quale affinché «l'impossibilità della prestazione […] costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, deve essere offerta la prova della non imputabilità, anche remota, di tale evento impeditivo, non essendo rilevante, in mancanza, la configurabilità o meno del “factum principis”»).
[10] Si pensi, ad es., ad obblighi contrattualmente assunti da esercenti le attività di cui agli artt. 1, commi 2 e 3, d.P.C.M.11 marzo 2020; 1, comma 1, lett. g), d.P.C.M. 8 marzo 2020 e 1, comma 1, d.P.C.M.9 marzo 2020, il cui svolgimento è stato inibito, dapprima nelle cc.dd. zone rosse, e poi sull'intero territorio nazionale.
[11] Per es., di ristorazione, rispetto ad una festa o banchetto programmato.
[12] Ad es., quello di cui all'art. 1, comma 2, lett. a), d.l. 23 febbraio 2020, n. 6.
[13] Sulla questione della rilevanza di una impossibilità di ricevere la prestazione, ci permettiamo di rinviare a F. GIGLIOTTI, Sopravvenienze contrattuali e gestione del rapporto: l'ipotesi del viaggio turistico, in F. DI MARZIO (a cura di), Il nuovo diritto dei contratti. Problemi e prospettive, Milano, 2004, passim, ma specialmente 247 s. e 280 ss. E v. pure C.M. BIANCA, Diritto civile. 5. La responsabilità, Milano, 1994, 383 s.; S. Pagliantini, Dell'impossibilità sopravvenuta (sub art. 1463), in E. GABRIELLI (diretto da), Commentario del Codice civile, E. NAVARRETTA-A. ORESTANO (a cura di), Dei contratti in generale, , Torino, 2011, 557 s.
[14] È in questo senso, in particolare, che sono state valutate simili situazioni dall'art. 28, comma 1, del d.l. 2 marzo 2020, n. 9 – applicabile anche (ex art. 88, comma 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18) ai contratti di soggiorno per i quali si sia verificata l'impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito dei provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 3 d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 – secondo il quale «ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 c.c., ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre stipulati» da soggetti impossibilitati a fruirne a causa di specifiche misure restrittive (quarantena con sorveglianza attiva; permanenza domiciliare fiduciaria; divieto di allontanamento da un determinato luogo, etc.).
[15] Per la soluzione secondo la quale l'impossibilità sopravvenuta della prestazione ricorre certamente anche nel caso in cui sia divenuta impossibile l'utilizzazione della prestazione (per ragioni non imputabili al creditore) e l'interesse a ricevere la prestazione sia venuto meno (verificandosi, in tal caso, la sopravvenuta irrealizzabilità della finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto e la conseguente estinzione dell'obbligazione) v. Trib. Varese, 4 ottobre 2010, in www.ilcaso.it. Nella medesima direzione, da ultimo, si è orientata anche Cass. civ., 10 luglio 2018, n. 18047 (che si può leggere direttamente in www.eclegal.it), la quale ha ribadito la soluzione già proposta da Cass. civ., 20 dicembre 2007, n. 26958.
[16] Un orientamento giurisprudenziale assolutamente uniforme (come più sopra ricordato) richiede – ai fini della possibilità di invocare una simile ipotesi di forza maggiore – la ricorrenza di un fatto totalmente estraneo alla volontà dell'obbligato e a ogni suo obbligo di diligenza: si potrebbe allora porre, al riguardo (almeno in qualche caso), il problema di una responsabilità del debitore che abbia assunto l'obbligo potendo ragionevolmente immaginarne una successiva, ma imminente, impossibilità giuridica di adempimento (come, per la verità, non risultava neanche del tutto implausibile ipotizzare, forse, nel corso della progressiva intensificazione dell'emergenza epidemiologica in atto); sennonché, un orientamento piuttosto consolidato esclude che un soggetto che abbia assunto una obbligazione suscettibile di adempimento allo stato della legislazione vigente (al momento dell'assunzione) possa successivamente rispondere per non aver previsto la possibilità di mutamenti legislativi idonei ad impedire l'esecuzione della prestazione (cfr. C. MIRABELLI, Dei singoli contratti, in Comm. c.c., IV, Torino, 1962, 502 ss.; A. DI MAURO, Dell'impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore, in F.D. BUSNELLI (diretto da), Il Codice civile. Commentario, fondato da P. SCHLESINGER, Milano, 2011, 105, nt. 183): ove si concordi con la predetta impostazione, dunque, dovrà escludersi l'impossibilità di invocare il factum principis, a causa di restrizioni normative sopravvenute che difettavano al momento dell'assunzione dell'obbligazione, senza potersi (e doversi) interrogare in ordine ad una loro ipotetica prevedibilità.
D'altra parte, con più specifico riguardo alle ipotesi oggetto delle presenti considerazioni – quali regolate dall'art. 88 d.l. 17 marzo 2020, n. 18 – è la stessa previsione normativa a disporre espressamente che (soltanto) «a seguito dell'adozione delle misure di cui all'articolo 2, comma l, lettere b) e d) del decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 e a decorrere dalla data di adozione del medesimo decreto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione», per cui non residua spazio per una diversa qualificazione della sopravvenienza normativa come fatto incidente sulle vicende giuridiche del rapporto contrattuale.
Nondimeno, ritenuto che, certamente, nelle intenzioni del legislatore la fattispecie avuta presente è quella di un contratto di acquisto stipulato prima dell'adozione del d.P.C.M.8 marzo 2020, potrebbe forse valutarsi separatamente l'ipotesi in cui – durante il periodo di vigenza della sospensione delle (tipologie di) attività che concretizzerebbero, astrattamente, l'esecuzione della prestazione (rappresentazione teatrale, proiezione cinematografica, visita museale, etc.) – sia stato (o venga) stipulato (per es., con procedure da remoto) l'acquisto di una prestazione del tipo considerato, programmandone però la fruizione per un periodo allo stato prevedibilmente non coperto da proibizione (per es., avuto riguardo al periodo successivo al termine di efficacia (“fino al 3 aprile 2020”) del d.P.C.M. cit, come espresso (dall'art. 5, comma 1) alla data della sua adozione): qualora, infatti, la programmazione negoziale dovesse rivelarsi (ciò che, ovviamente, nessuno si augura) fatalmente ottimistica, si porrebbe il problema della sorte di una prestazione negoziata quando la sopravvenienza epidemiologica e le misure di restrizione atte a contenerla risultavano già manifestamente percepibili. In proposito, nonostante l'astratta plausibilità di una considerazione differenziata delle due ipotesi (la quale sembrerebbe anche ulteriormente avvalorata dalla circostanza che il rimedio assegnato – rimborso da parte del venditore, attraverso emissione del voucher – appare collegato ad una istanza da presentare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, e non più, dunque, anche successivamente), sembra, tuttavia, che le stesse meriterebbero, in definitiva, di essere assoggettate a medesima disciplina, anche in ragione del rilievo che il comma 2 dell'art. 88 d.. n. 18 del 2020 considera applicabile la normativa in esso contenuta «a decorrere dalla data di adozione» del d.P.C.M.8 marzo 2020, mentre il successivo comma 4 ne mantiene gli effetti «fino alla data di efficacia delle misure previste dal decreto del Presidente del Consiglio 8 marzo 2020 e da eventuali ulteriori decreti attuativi emanati ai sensi dell'articolo 3, comma l, del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6».
Rilevante, quindi, potrebbe essere giudicata, al limite, la circostanza che l'impossibilità giuridica di esecuzione della prestazione (anche per effetto di ulteriori proroghe temporali delle misure restrittive adottate) sorga successivamente alla stipulazione del contratto (e sia, appunto, “sopravvenuta”), perché se quest'ultimo, invece, prevedesse l'esecuzione della prestazione dovuta durante il periodo che, già alla data di stipulazione dell'accordo, è coperto delle proibizioni saremmo – allora certamente – di fronte a una pattuizione invalida, avendo ad oggetto una prestazione (la cui esecuzione è) momentaneamente vietata da disposizioni imperative.
[17] Il titolo di accesso al servizio (comunque denominato, ticket, biglietto, etc.) deve ritenersi integrare un documento di legittimazione (v. art. 2002 c.c.), cioè un «documento atto ad individuare l'avente diritto alla prestazione e quindi idoneo, per un verso, a liberare il debitore che paga in buona fede al possessore, e, per l'altro verso, a legittimare il possessore […] a richiedere il pagamento» (in tal senso Cass. civ., 14 gennaio 2002, n. 351, in Giur. it., 2002, 1208). Sui documenti di legittimazione v., per tutti, C.M. BIANCA, Diritto civile. 4. L'obbligazione, Milano, 1990, 619 s., il quale ricorda come gli stessi non siano «strumenti necessari per l'esercizio del diritto, ma costituiscono una prova convenzionale di cui il creditore ha l'onere di avvalersi per la riscossione del credito». Ciò significa, sostanzialmente, che il possesso del titolo di legittimazione rappresenta una prova sufficiente del credito alla prestazione (e, al contempo, legittima senz'altro il debitore – che non sia in mala fede – a un adempimento liberatorio in confronto del possessore), fermo restando, però, che «se il creditore è privo del documento di legittimazione, il debitore può rifiutargli il pagamento fino a quando non sia stata data prova certa della titolarità del diritto» (C.M. BIANCA, Diritto civile, 4, cit. 620).
[18] La norma non distingue secondo che il soggetto erogatore del servizio sia privato o pubblico. Deve quindi ritenersi che essa trovi indifferentemente applicazione nell'uno come nell'altro caso.
[19] Come pure, in taluni casi, sarà possibile (si pensi, ad es., a spettacoli di una piccola compagnia teatrale, gestita in proprio dalla struttura; o all'acquisto di titoli d'ingresso in un museo di interesse locale a gestione diretta o a una mostra o collezione privata, etc.).
Di solito, peraltro, il venditore sarà soggetto diverso dal debitore della prestazione (artistica, culturale, etc.) dovuta, la quale potrà ovviamente consistere anche, semplicemente, nella mera fruizione visiva dell'opera (per es., per la specifica considerazione normativa di «modalità di emissione, di distribuzione, di vendita del biglietto d'ingresso e di riscossione del corrispettivo, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici e privati», con riferimento a musei, monumenti, aree e parchi archeologici statali, archivi di Stato e biblioteche pubbliche statali, v. l'art. 100, comma 2, lett. c), d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e s.m.i.).
[20] Sarà poi, evidentemente, rimessa ai rapporti interni tra debitore della prestazione artistica o culturale dovuta, e incaricato della vendita, l'ulteriore regolazione degli assetti conseguenti alla sopravvenienza considerata nel testo.
[21] La denominazione positiva del titolo sostitutivo corrispondente (“voucher”) richiama quella di cui alla direttiva UE 2016/1065 del Consiglio, del 27 giugno 2016, alla quale si è data attuazione con il D. Lgs. 29 novembre 2018, n. 141 (su cui v. A. FREDIANI-G. SBARAGLIA, Il recepimento della Direttiva UE sul nuovo regime iva dei voucher, in Il fisco, 2019, 349 ss.), a norma del quale (art. 1, comma 1) per voucher (o, nella versione domestica, “buono-corrispettivo”) «si intende uno strumento che contiene l'obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione, i beni o i servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo ad esso relative» (in conformità di quanto dettato dall'art. 30-bis direttivair. 2006/112/CE, come inserito dall'art. 1, comma 1, direttiva UE 2016/1065, cit. In proposito v. F. SCOPACASA, Buoni-corrispettivo. Aspetti controversi e profili interpretativi, in L'iva, 2019, 18 ss.).
Peraltro, il 5° “considerando” della citata direttiva UE 2016/1065 chiarisce che le disposizioni relative ai buoni non dovrebbero provocare modifiche al trattamento, tra l'altro, dei biglietti d'ingresso a cinema e musei, o di altri titoli simili (ma, va avvertito, la precisazione è fatta ai soli fini del trattamento iva, per cui – fatta salva questa riserva ai soli fini fiscali precisati – la definizione del voucher o buono-corrispettivo appare comunque descrittivamente utilizzabile per la rappresentazione del titolo sostitutivo emesso).
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[22] Considerata la natura del titolo d'acquisto, come sopra illustrata, si potrà anche porre, evidentemente, la questione della rilevanza di una eventuale impossibilità di allegazione del titolo originale d'acquisto (ad es., in caso di avvenuto smarrimento, o di distruzione o grave deterioramento, del medesimo). Non sembra, peraltro, che l'onere di allegazione (pur espressamente) previsto dalla disposizione commentata valga a sovvertire il trattamento generale che al titolo medesimo, come documento di legittimazione, deve ordinariamente riservarsi (per cui – sia pure, soltanto, “a prima impressione” – saremmo orientati a ritenere che mezzi alternativi all'allegazione, purché idonei a dare dimostrazione certa dell'avvenuto acquisto del diritto ad usufruire della prestazione negoziata, possano essere ammessi).
[23] Art. 2, comma 1, d.P.C.M.8 marzo 2020: «allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus covid-19, sull'intero territorio nazionale si applicano le seguenti misure: […] b) sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato; […] d) è sospesa l'apertura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42».
[24] Il d.P.C.M.8 marzo 2020, pubblicato nella G.U.R.I. n. 59 dell'8 marzo 2020, ha prodotto effetto dalla data medesima, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 5, comma 1. Peraltro, benché l'art. 88 d.l. n. 18 del 2020 faccia (impropriamente) riferimento alla data di “adozione” del d.P.C.M., dal momento che il medesimo risulta adottato, registrato alla Corte dei conti e pubblicato in G.U. sempre nella stessa data (8 marzo 2020), il riferimento alla data di adozione (piuttosto che, evidentemente, a quella dell'entrata in vigore) rimane privo di qualsiasi rilevanza.
[25] Peraltro, l'art. 91 d.l. n. 18 del 2020 ha introdotto nell'art. 3 d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, un comma 6-bis così formulato: «6- bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».
Poiché, tuttavia, tra le misure di contenimento (che erano) indicate (come possibili) nel d.l. n. 6 del 2020 figurano anche (seppur con qualche lieve variante) – cfr. art. 1, comma 2, lett. c) ed e) – quelle di cui all'art. 2, comma 1, d.P.C.M.8 marzo 2020, che però sono richiamate dall'art. 88 dello stesso D.L. n. 18/2020 quali cause di impossibilità sopravvenuta della prestazione ex art. 1463 c.c. (dunque, impossibilità non imputabile, che, evidentemente, esclude in radice l'esistenza dell'inadempimento e della responsabilità: per tutti v. C.M. BIANCA, Diritto civile. 4. L'obbligazione, cit., 528 ss.; ID., Diritto civile. 5. La responsabilità, cit., 371 s.) si pone, manifestamente, un problema di coordinamento tra le due disposizioni (dato che le medesime misure sembrerebbero ora “da valutare” – chiaramente, da parte del giudice – ai fini della (eventuale) esclusione della responsabilità del debitore; ora, invece, tali da determinare, senz'altro, la sopravvenuta impossibilità (non imputabile) della prestazione).
Il problema sembra senz'altro da risolvere nel senso che rispetto ai (soli) contratti (di acquisto di titoli di accesso allo spettacolo, rappresentazione, museo, etc.) specificamente indicati dal cit. art. 88 le misure imposte sono da considerare senz'altro quale causa di impossibilità sopravvenuta della prestazione (e non, semplicemente, da valutare ai fini della eventuale esclusione della responsabilità), con le conseguenze indicate dal comma 3 dell'art. 88, quale lex specialis (fermo restando, tuttavia, che quegli stessi impedimenti – chiusura del museo, sospensione dello spettacolo, etc. – potranno essere valutati, rispetto ad altri rapporti negoziali che dovessero rimanerne incisi, nella direzione indicata dall'art. 3, comma 6-bis,d.l. n. 6 del 2020, come da ultimo modificato dall'art. 91 d.l. n. 18 del 2020).
[26] Per tutti v. S. PAGLIANTINI, Dell'impossibilità sopravvenuta, cit., 543 ss.
[27] Nella specie, è evidente che la prestazione considerata (giuridicamente) impossibile è quella di chi doveva fornire il servizio (teatrale, rappresentazione cinematografica, etc.), anche perché l'altra è, naturalmente, una di tipo pecuniario, comunque sempre possibile (anche, ad es., attraverso mezzi di pagamento on line).
[28] Non è inutile evidenziare, al riguardo, che nella più gran parte dei casi (si pensi, ad es., all'accesso a un sito museale o archeologico) dovrebbe ipotizzarsi ricorrere, più che una impossibilità definitiva della prestazione (ex art. 1256, comma 1, c.c.), una impossibilità temporanea, quale regolata nel cpv. dell'art. 1256 c.c.; sebbene si debba poi considerare, ulteriormente, che saranno non pochi i casi in cui, ragionando secondo le disposizioni generali, potrebbe argomentarsi una estinzione dell'obbligazione di prestare, soprattutto per la prevedibile ricorrenza di una pluralità di situazioni che potranno contribuire a determinare il venir meno dell'interesse creditorio a fruire della prestazione (si pensi, ad es., alla prestazione teatrale, o alla visita guidata di un sito archeologico, acquistata da un turista (che aveva programmato di essere) fuori sede (magari a un migliaio di chilometri da casa), al quale il godimento effettivo della prestazione potrà immaginarsi normalmente impedito, empiricamente, da intuitive ragioni logistiche)
[29] Osserva C.M. BIANCA, Diritto civile. 5. La responsabilità, cit., 380, che «la risoluzione del contratto comporta per ciascuna parte l'estinzione del diritto alle prestazioni contrattuali. Le prestazioni ineseguite non sono quindi più dovute, e quelle già eseguite devono essere restituite secondo la disciplina dell'indebito, essendo divenute prestazioni senza titolo».
[30] Situazione resa ancora più problematica, per la verità, dalla circostanza che l'impossibilità della prestazione dovuta riflette i suoi effetti sul contratto (di acquisto del titolo di accesso) intervenuto tra venditore (soggettivamente diverso, per lo più, dal debitore della prestazione dovuta) e acquirente.
[31] Analogo termine (trenta giorni, dalla data della presentazione dell'istanza) è previsto per l'emissione del voucher da parte del venditore. Peraltro, la funzione dei due termini sembrerebbe essere differente; il primo, infatti, è un termine per l'esercizio del diritto al “rimborso”, al quale dovrebbe assegnarsi natura decadenziale (sulla natura dei termini di decadenza v., per tutti, C.M. BIANCA, Diritto civile. 7. Le garanzie reali. La prescrizione, Milano, 2012, 691 ss.), con conseguente carattere di perentorietà, fatto salvo quanto disposto dall'art. 2966, ult. inciso, c.c. L'altro, invece, è un termine di adempimento (a favore del debitore) per l'emissione del voucher sostitutivo.
L'anno per l'utilizzazione del voucher indica, infine, il periodo durante il quale rimane in vita l'obbligo (di chi deve eseguire la prestazione dovuta) in confronto del titolare del documento di legittimazione.
[32] Fermo restando, in ogni caso (anche ove si volesse accedere ad una simile interpretazione), che una volta richiesta e ottenuta l'emissione del voucher, la sua mancata utilizzazione nel termine annuale indicato dal comma 3 dell'art. 88 d.l. n. 18 del 2020 farebbe (comunque) venire meno ogni possibile pretesa.
[33] E cioè, nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del d.l. n. 18 del 2020 e la data di perdita di efficacia delle misure previste dal d.P.C.M. 8 marzo 2020 e da eventuali ulteriori decreti attuativi emanati ai sensi dell'articolo 3, comma l, d.l. 23 febbraio 2020, n. 6.
A qual riguardo non si può non rilevare che l'estensione temporale dell'efficacia delle disposizioni dettate dal citato art. 88, fino al termine (soltanto) determinabile di cui al comma 4, nella misura in cui è richiamata anche la disposizione che vorrebbe presentata la domanda di rimborso solo nei trenta giorni dalla sua entrata in vigore, rende non totalmente perspicua la disciplina in questione, ben potendo accadere, in caso di ulteriore proroga delle misure restrittive, che il periodo di applicazione del comma 3 – che quel termine di 30 giorni dall'entrata in vigore contempla – vada oltre la data dei 30 giorni dal 17 marzo 2020 indicata come ultima possibile per la presentazione dell'istanza di rimborso.
[34] Il dubbio non è risolto dalla relazione illustrativa del decreto-legge, che – con riguardo all'art. 88 – si limita ad una mera parafrasi del testo normativo, senza offrire alcuno spunto chiarificatore.
[35] Più aderente anche alla perentorietà della formulazione normativa del rimedio offerto: «i soggetti acquirenti presentano […]»; «il venditore […] provvede all'emissione; «voucher […] da utilizzare entro[…]»
[36] Salva, s'intende, l'eventuale modifica che dovesse essere apportata in sede di conversione.
[37] Come chiaramente denunciato dall'intitolazione del d.l. (c.d. “cura Italia”) a “Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”.
[38] Basterà qui fare riferimento, ad es., alla nota Ansa del 17 marzo 2020, ore 1955, che riferisce come «“la recessione globale è già qui”. Lo scrivono in un report gli economisti di Standard & Poor's, secondo cui la stretta ai contatti fra individui e ai movimenti delle persone comporteranno, come in Cina, anche in Usa ed Europa un “collasso della domanda” con crescita globale che si fermerà all'1, massimo 1,5%, livelli da recessione. I rischi per la previsione sono al ribasso. Per Morgan Stanley la recessione nel 2020 sarà peggiore di quella del 2001. I danni dovuti al coronavirus e alla stretta delle condizioni finanziarie “causeranno uno shock materiale all'economia globale”. Lo afferma il capo economista di Morgan Stanley, Chetan Ahya, sottolineando che “questa volta sarà peggio della recessione globale del 2001”».
[39] Ma v. anche il comma 5, ultimo inciso, del cit. art. 28 d.l. 2 marzo 2020, n. 9, dettato per il caso di recesso dell'acquirente di un contratto di viaggio, secondo il quale «l'organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso nei termini previsti dai commi 4 e 6 dell'articolo 41 del citato decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante».