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Lavoro 19.03.2020

Equilibrio tra attività lavorativa e vita familiare nell'emergenza Coronavirus

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Premessa.

A fronte della sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, l'ultimo decreto legge, approvato il 17 marzo 2020, n. 18, introduce, tra le altre misure a sostegno dei lavoratori con obblighi di assistenza, uno specifico congedo, distinto e ulteriore rispetto a quello ordinario (art. 32 d.lgs. n. 151 del 2001 e art.8, commi 4, 5, 6, 7 e 8, l. n. 81 del 2017), per i lavoratori con figli minori da fruire, alternativamente, per quindici giorni continuativi o frazionati, qualora entrambi i genitori siano impegnati in un'attività lavorativa e non abbiano scelto di accedere alla corresponsione di un bonus per l'acquisto di servizi di baby-sitting da utilizzare per prestazioni da effettuare nel medesimo periodo.

Prima di soffermarsi sui diversi profili della disciplina, appare utile ricordare che il tema dell'equilibro tra vita familiare e attività lavorativa, se visto con particolare riguardo alla figura materna, è stato affrontato di recente dall'Unione Europea con la Direttiva approvata 20 giugno 2019 n. 1158. Questo strumento, infatti, riscrive parzialmente gli istituti già presenti nel nostro ordinamento secondo la disciplina dettata dal d.lgs. 151 del 2001 con l'obiettivo di rafforzare la partecipazione femminile al mercato del lavoro mediante la riallocazione dei compiti familiari anche sull'altro genitore (con tale espressione intendendo il padre o qualsiasi altra persona che gli ordinamenti statali riconoscono come figura genitoriale).

Scrive la Direttiva nel considerando 10, che appare oggi quale monito imprescindibile e quanto mai attuale, che uno dei principali fattori che contribuiscono alla sotto-rappresentanza delle donne sul mercato del lavoro «è la difficoltà di conciliare l'attività professionale con gli impegni familiari. Quando hanno figli, le donne sono propense a dedicare meno ore al lavoro retribuito e a dedicare più tempo all'adempimento di responsabilità di assistenza non retribuite (..)». Nella giurisprudenza si legge che «(…) è notorio che le lavoratrici-madri, specialmente se con figli in età da scuola dell'infanzia, materna o primaria, si trovino frequentemente a dover far fronte a impellenti e imprevedibili esigenze connesse all'accudimento della prole, le quali possono anche comportare l'improvvisa necessità di ritardare l'ingresso al lavoro o anticiparne l'uscita, è prevedibile, sulla base del senso comune e della comune esperienza» (Trib. Firenze, 22 ottobre 2019).

La necessità, espressa dalla Direttiva europea, di evitare che la propensione della madre a farsi carico delle esigenze familiari comporti ulteriori aggravi, rinunce o limitazioni significative sul piano lavorativo, si fa, naturalmente, ancora più pressante nell'attuale contesto emergenziale. A maggior ragione –va da sé – in contesti segnati da difficoltà economiche e sociali.

L'equiparazione delle figure genitoriali non consente soltanto la partecipazione del padre lavoratore, ma sostiene anche le famiglie monoparentali in assenza di altre persone di sostegno.

Il d.l.n. 18 del 2020 persegue dunque i medesimi obiettivi della direttiva, che assumono un carattere di particolare urgenza e centralità con la crisi sanitaria; d'altronde questi obiettivi, da realizzare mediante la necessaria distribuzione e riallocazione dei compiti di cura, diventano funzionali alla sostenibilità dei lavoratori impegnati, al momento, in assenza dei servizi didattici di ogni grado e livello, a tempo pieno anche nell'assistenza ai figli minori.

Parità di genere e congedo.

Alla parità di genere, in effetti, fa riferimento l'art. 25 del provvedimento, con il riconoscimento ad entrambi i “genitori” lavoratori del diritto di fruire, alternativamente, del congedo parentale per un periodo complessivo di quindici giorni a decorrere dal 5 marzo 2020 (non rientrano nell'ambito di applicazione le famiglie in cui uno dei due adulti è inoccupato e/o, a diverso titolo, in regime di sospensione dall'attività lavorativa. Tale circostanza è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa o altro genitore disoccupato o non lavoratore).

Il periodo complessivamente previsto dal decreto è dunque riconosciuto alle figure genitoriali che potranno fruire a turno dell'astensione dal lavoro. Non si chiarisce la ripartizione dei giorni, potendo essere gli stessi goduti in misura superiore da un genitore e/o anche soltanto da un solo genitore, ma in ogni caso appare evidente che la scelta di accedere al congedo non ricade su una unica figura familiare, che presumibilmente potrebbe essere la madre lavoratrice.

A differenza di quanto prescritto dall'art. 32 d.lgs. n. 151 del2001, e di quanto può ricavarsi dalle indicazioni dell'ultima Direttiva Europea, il provvedimento non è strutturato nel senso di incentivare la partecipazione della figura paterna alla cura familiare. L'art. 32 citato, infatti, si rammenta, prevede un aumento del periodo ordinario di congedo qualora ad usufruirne sia anche il padre, mentre la Direttiva all'art. 6 stabilisce che «gliStati membri provvedono affinché due mesi di congedo parentale non possano essere trasferiti».

Tuttavia, proprio l'assenza di qualsiasi riferimento al “genere” – basti pensare che il d.lgsn. 151 del 2001 è rubricato «Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità», quasi a restituire l'idea di una differenza – sembra presuppore la piena equiparazione tra le figure genitoriali, senza che sia necessario sostenere il padre, evidentemente coinvolto, al pari della madre, nella gestione delle esigenze familiari, del resto, maggiori in ragione della presente emergenza sanitaria.

L'ambito di applicazione del congedo. La distinzione tra settore privato e settore pubblico.

L'ambito di applicazione del congedo di cui all'art. 25 riguarda soltanto i lavoratori del settore privato. Per il personale alle dipendenze della pubblica amministrazione è prevista una disposizione specifica che, pur rinviando per le modalità di fruizione del congedo a quanto previsto per il settore privato, differisce da quest'ultimo con riguardo all'arco temporale di riferimento che si estende fino alla riapertura dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado di cui al d.P.C.M. 4 marzo 2020.

Questa distinzione, anche tenendo conto che il periodo complessivo di quindici giorni previsto per il settore privato può essere successivamente esteso, può apparire non del tutto convincente, ove ai lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione è stata estesa la disciplina privatistica. In questo caso si assiste, al contrario, ad un processo di sottrazione alle norme generali per via di un provvedimento d'urgenza che in qualche modo conferma la tendenza a limitare la spinta, in parte esaurita, alla privatizzazione del pubblico impiego.

 

3.1. Congedo e tipologie contrattuali

 

Interessati dall'art. 25 sono i lavoratori subordinati, i lavoratori iscritti alla gestione separate e quelli autonomi iscritti all'Inps.

Il Decreto, dunque, non perimetra l'ambito di applicazione della misura elencando le tipologie contrattuali, ma identifica i soggetti in considerazione dell'Ente previdenziale di appartenenza.

In una logica lavoristica sarebbe stato più ovvio richiamare, oltre al rapporto di lavoro subordinato, le collaborazioni di cui all'art. 409 c.p.c., il lavoro autonomo ai sensi dell'art. 2222 c.c. e ai sensi degli art. 47-bisss. d.lgs.n. 81 del 2015, così come modificato dal d.l. n. 128 del 2019.

Nel trascurare i tradizionali riferimenti ricognitivi del “rapporto”', il provvedimento solleva dubbi almeno con riguardo al lavoro autonomo, nella difficoltà di conoscere a priori coloro che versano la propria contribuzione, a vario titolo, nei diversi fondi dell'Ente previdenziale Inps. Tuttavia, è possibile procedere per “esclusione” in considerazione del nono comma dell'art. 25, che così recita: «il bonus di cui al comma 8 è altresì riconosciuto ai lavoratori autonomi non iscritti all'INPS, subordinatamente alla comunicazione da parte delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari».

Dunque, se per i lavoratori autonomi non iscritti all'Inps si intendono coloro che versano i propri contributi ad altre casse previdenziali, debbono considerarsi come rientranti nel campo di applicazione del provvedimento in esame tutti gli altri lavoratori autonomi.

 

3.2. L'età del minore quale condizione (non universale) di accesso al congedo.

 

I lavoratori così come sopra identificati potranno fruire del congedo qualora genitori di figli minori di età fino ai dodici anni. Il limite di età corrisponde a quanto previsto dalla disciplina del congedo ordinario, tra l'altro, limite aumentato dalla modifica introdotta dall'art. 7 d.lgs. n. 80 del 2015, ove prima il congedo era previsto soltanto fino agli otto anni di età.

Tale limite non sussiste, o meglio l'età non costituisce più condizione per l'accesso a tale misura, quando si è genitori di figli con disabilità in situazione di gravità accertata ai sensi dell'articolo 4, primo comma della l. 5 febbraio 1992, n. 104, iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale. Ne segue che la patologia riconosciuta non è di per sé sufficiente al godimento del congedo, a prescindere dall'età anagrafica del figlio, se quest'ultimo non sia anche iscritti ad una scuola e/o ad una struttura assistenziale.

 

3.3. Congedo per assistere minori di età superiore ai dodici anni e divieto di licenziamento.

 

Il limite fissato nei dodici anni di età non costituisce altresì impedimento alla fruizione del congedo che viene esteso fino ai sedici anni, se pur in questa, ipotesi in corrispondenza della sospensione dal rapporto di lavoro, non verrà corrisposta una indennità. Anche in tale caso è legittimato alla fruizione del congedo soltanto chi appartiene ad un nucleo familiare dove non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore.

Qui il periodo di congedo non è circoscritto ai quindici giorni, ma può essere fruito per tutto il tempo di sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, senza corresponsione di indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa.

L'estensione del congedo, se pur non retribuito, ai minori di età superiore ai dodici anni appare colmare una lacuna importante, in considerazione del divieto di poter lasciare a casa i suddetti minori e così rischiando di integrare la fattispecie penale del reato di abbandono di cui all'art. 591 c.p.

Il decreto stabilisce inoltre il divieto di licenziamento, qualora il genitore interessato eserciti il suddetto diritto, così introducendo una specifica norma di protezione che comporta in caso di violazione la nullità del provvedimento posto in essere e la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, quasi ad integrare indirettamente le ipotesi di nullità di cui all'art. 18, comma 1, l.n. 300 del 1970, così come modificato dal d.lgs.n. 81 del 2015, e l'art. 2 d.lgs. n. 23 del 2015.

 

3.4. Modalità di fruizione del congedo.

 

Tornando al congedo complessivo di quindici giorni per i genitori di figli fino a dodici anni, la fruizione continuativa o frazionata, senza alcuna ulteriore specificazione, seguirà i parametri di calcolo previsti per il congedo ordinario.

Dovendo essere fruito “alternativamente” dai genitori, non è chiaro, qualora venga ripartito, in quale misura. Se, ad esempio, un genitore si astiene dall'attività lavorativa per un numero di giorni continuativo superiore all'altro genitore e/o tra i giorni di riposo, senza ripresa dell'attività lavorativa, c'è da chiedersi se questi debbano essere computati nel calcolo complessivo, oppure per 15 giorni occorra considerare soltanto le giornate di lavoro effettive. Tale ultima interpretazione appare maggiormente conforme alla ratio del provvedimento.

Per quanto riguarda la fruizione del congedo frazionato si può rinviare a quanto previsto dall'art. 32 del d.lgs.n. 151 del 2001 che rimette alla contrattazione collettiva le modalità di fruizione del congedo su base oraria, nonché i criteri di calcolo della base oraria e l'equiparazione di un determinato monte ore alla singola giornata lavorativa, fatta eccezion per alcuni settori (comparto sicurezza e difesa di quello dei vigili del fuoco e soccorso pubblico). In caso di mancata regolamentazione, da parte della contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, delle modalità di fruizione del congedo parentale su base oraria, ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. La fruizione su base oraria è consentita in misura pari alla metà dell'orario medio giornaliero del periodo di paga quadri settimanale o mensile immediatamente precedente a quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale. La fruizione oraria del congedo parentale non è poi cumulabile con permessi o riposi di cui al presente decreto legislativo.

 

3.5. L'entità dell'indennità per il congedo fino a dodici anni di età. Cenni.

 

Con riferimento all'indennità per i lavoratori dipendenti del settore privato, l'indennità è pari al 50 % della retribuzione e, dunque, più alta di quella normalmente prevista ai sensi dell'art. 34 d.lgs.n. 151 del 2001, che distingue tra fasce di età del minore e in base al reddito individuale.

A differenza, tuttavia, del calcolo previsto per l'indennità nel caso di congedo ordinario, non va aggiunto il rateo giornaliero di cui al secondo comma dell'art. 23 d.lgs.n. 151 del 2001 relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati alla lavoratrice.

Altresì, per i genitori con figli di età non superiore ai 12 anni, iscritti in via esclusiva alla gestione separata, spetta, con riguardo al periodo di fruizione e alle medesime condizioni di cui ai lavoratori subordinati, una indennità calcolata su ciascuna giornata indennizzabile, pari al 50 per cento di 1/365 del reddito individuato secondo la base di calcolo utilizzata ai fini della determinazione dell'indennità di maternità.

La medesima indennità è poi estesa ai genitori lavoratori autonomiiscritti all'INPS ed è commisurata, per ciascuna giornata indennizzabile, al 50 per cento della retribuzione convenzionale giornaliera stabilita annualmente dalla legge, a seconda della tipologia di lavoro autonomo svolto.

Il congedo tra disciplina speciale e generale.

Da ultimo appare utile verificare come può continuare ad operare il congedo ordinario e in che misura esso abbia costituito il tessuto sul quale innestare la “specialità” del congedo disposto dal d.l. n. 18 del 2020.

Da un lato, coloro che subito, e cioè dal 5 marzo 2020, hanno esercitato il diritto al congedo parentale di cui all'art. 32 d.lgs.n. 151 del 2001 vedranno trasformato quel congedo nel congedo previsto dal decreto, con il timore che siano già decorsi i 15 giorni previsti, ma gli stessi saranno retribuiti al 50% della retribuzione.

Il che vuol dire che non potranno neppure fruire del bonus per i servizi di babysitting alternativo al congedo straordinario potendo, dunque, soltanto ricorrere al congedo ordinario.

Diversamente coloro che in passato abbiano già fruito del congedo parentale ordinario esaurendo il periodo previsto, potranno comunque sospendere la prestazione di lavoro mediante l'accesso al congedo straordinario.

In tal senso il “quantum” di quest'ultimo opera in termini di sommatoria e/o in sostituzione rispetto a quanto dettato in via generale dall'ordinamento.

Se, dunque, i quindici giorni previsti non sembrano sufficienti a coprire l'intera durata dell'emergenza sanitaria, il congedo ordinario ben può operare in prossimità dello spirare dei quindici giorni complessivi, potendo comunque azionare quest'ultimo di cui all'art. 32 d.lgs.n. 151 del 2001, se pur l'indennità prevista è inferiore a quella fissata nel decreto per il congedo straordinario.

Il “tempo” di fruizione e l'attuale necessità di dover integrare il medesimo mediante il ricorso al congedo ordinario non si pone invece per i lavoratori della pubblicazione amministrazione, introducendo una distinzione apparentemente irragionevole.

Dall'altro il suddetto congedo straordinario, che richiama le modalità di fruizione della sospensione dal rapporto di lavoro e quelle di calcolo dell'indennità di quello ordinario, non menziona un termine di preavviso, così derogando al periodo di cui all'art 32, comma 3, d.lgs.n. 151 del 2001 che rinvia alle modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi. Qualora non vi sia un accordo collettivo, il lavoratore dipendente deve comunicare almeno cinque giorni prima la volontà di fruire del congedo, indicando l'inizio e la fine del periodo; periodo ridotto a 2 giorni nel caso di congedo parentale su base oraria. Il suddetto preavviso non è dovuto per impossibilità sopravvenuta, causa che ben può giustificare, anche nel caso di specie, l'assenza di una comunicazione anticipata al datore di lavoro.

Il provvedimento non menziona poi la possibilità, prevista all'art. 8, settimo comma del d.lgs. 81/2015, di poter chiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale o entro i limiti del congedo, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, purché con una riduzione d'orario non superiore al 50 per cento. Ne segue che, in assenza di un esplicito rinvio, tale possibilità non sia estendibile al nuovo congedo.

Inoltre, non è esplicitamente richiamato l'art. 54, comma 6, d.lgs. n. 151 del 2001, che contempla la «nullità del licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale (..)», mentre il divieto di licenziamento è espressamente previsto in caso di fruizione del congedo per i figli minori di età compresa tra i dodici anni e sedici anni. Né è possibile ricavare nell'art. 46 del medesimo decreto che vieta i licenziamenti per un periodo di sessanta giorni a decorrere dal 23 febbraio 2020, in quanto il divieto riguarda esclusivamente i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. Il che, ove si ritenesse che la mancanza di un rinvio specifico, come nel caso del preavviso sopra menzionato, corrisponda ad una deroga dalla disciplina generale, l'esercizio del diritto al congedo non sarebbe sostenuto da alcuna sanzione. Tuttavia, trattandosi in qualche modo di un diritto potestativo si potrebbe dire che qualsiasi atto diverso e/o contrario del datore di lavoro sia affetto da nullità.

Mentre poi la misura è estesa anche ai genitori affidatari, non vi è cenno invece ai lavoratori dipendenti genitori di figli adottativi per i quali, al pari degli affidatari, l'art. 36 d.lgs. n.  151 del 2001 stabilisce che il congedo parentale possa essere fruito dai genitori adottivi e affidatari, qualunque sia l'età del minore, entro dodici anni dall'ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il raggiungimento della maggiore età. L'indennità è poi dovuta, per il periodo massimo complessivo previsto, entro i sei anni dall'ingresso del minore in famiglia.

Resta poi la questione di estremo rilievo di tutti i rapporti di lavoro temporanei (subordinati e non) destinatari della misura e per i quali il congedo appare una misura che, pur sospendendo la sola prestazione, in qualche modo di fatto anticipa la conclusione del rapporto contrattuale, in tal senso ritenendo che la fruizione del bonus possa essere preferita dai suddetti lavoratori.

Concludendo, la possibilità di fruire di un congedo straordinario e/o di un bonus per servizi di baby-sitting esteso nel settore privato a quasi tutti i lavoratori è apparsa una misura necessaria che prende coscienza e considera seriamente i “bambini” del coronavirus e le difficoltà familiari.

Si tratta sicuramente di un primo passo dovuto e importante di cui si auspicano ulteriori integrazioni.

 

Riferimenti bibliografici.

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