Sommario:
1. Premessa.
Gli annunci da ogni parte – politica, medico-specialistica, socio-economica, opinione pubblica – sovvengono e si ripetono [1]: è in atto, dopo le “guerre giuste”, le “guerre per la democrazia” e le “guerre a pezzi” [2], una (ennesima, ma purtroppo non nuova [3]) guerra [4] (anche) contro il Covid19. È già, ma si dovrebbe pure precisare che è una guerra da combattere con modalità tutte nuove alle quali nessuno è pronto. Si tratta, invero, di enucleare almeno due profili di distinzione che la rendono del tutto innovativa rispetto a quelle del passato: si combatte contro un nemico invisibile (e non solo agli occhi della quotidianità, bensì anche a quelli specialistici della scienza medica) e che, dunque, per essere combattuto deve, ancor prima, essere ri-conosciuto, nelle sue coordinate identificative; si tratta, poi, di una guerra – ed è la prima volta nella storia – che non si svolge nell'Umanità (melius: all'interno della), ma si volge all'Umanità e che, quindi, per la prima volta, auspica un'Umanità che non si combatta (dal suo interno) ma che combatta per (un quid proveniente dall'esterno).
Ci s'interroga, con differenti impostazioni, sui provvedimenti governativi [5] che, nell'elezione della salute pubblica (art. 32 Cost.) ad interesse nazionale prevalente, ed in esito ad un ponderato (e quanto mai difficile) bilanciamento [6] (tra diritti costituzionali), comportano stringenti restrizioni e/o limitazioni (almeno) alla libertà personale dei cittadini (art. 13 Cost.), alla libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) ed al diritto al lavoro (art. 4 e 35 Cost.). Si discute problematicamente di un sovveniente stato d'eccezione [7] evocante (con le formulazioni limitrofe dello stato di guerra, stato di assedio, stato d'emergenza, ecc.) quella situazione di anomia – di assenza o, meglio, di sospensione della vigenza dell'ordine costituzionale – idonea alla legittimazione dell'assunzione di norme extra-ordinem, che soltanto in astratto sarebbero in contrasto con l'ordine pre-costituito, ma che in concreto proprio per garantire quell'ordine vengono adottate. Di tale “stato di eccezione” – sfuggente ad ogni compiuta e definitiva collocazione teoretico-sistematica (rimandando, almeno, per provare a comprenderne le coordinate, al vigoroso confronto tra Schmitt e Benjamin) – manca, nel nostro Ordinamento costituzionale, una espressa previsione [8], al pari di quanto accade in Gran Bretagna e Stati Uniti ed all'opposto di ciò che registrano gli ordinamenti tedesco e francese, e originerebbe, nel sostrato politico-sociale, dall'attuale grave situazione di emergenza nazionale in seguito alla diffusione del coronavirus [9]. Senza che, tuttavia, in termini di manifestazione del potere, esso si mostri mediante modalità diverse da quelle che l'Italia è da tempo, troppo tempo, costretta a registrare con un diffuso, quanto insostenibile, ricorso agli strumenti della decretazione d'urgenza e la conseguente assunzione del ruolo sostitutivo da parte del governo [10], con la sostituzione del medesimo nell'esercizio delle prerogative parlamentari [11], ormai ridotte, per l'originario organo depositario, a quelle di verificazione e approvazione di quanto da altri, in altri luoghi, valutato e deciso [12]. Uno stato di eccezione che nella necessitas rinviene la sua legge (e nel quale necessitas facit legem) e che faticherebbe ad emanciparsi da quella contraddittorietà [13] fondativa che lo pervade, veicolando esso una forza meta-normativa in un logos in cui il giuridico è sospeso (se non definitivamente superato nell'ordine pre-costituito), con una sovveniente legittimazione (giuridica? O soltanto … politica?) che si cimenta e si pone in relazione esclusivamente con il reale, alla stregua del richiamato principio per cui la necessità non è legge, ma fa legge, costituendo, essa stessa, fonte originaria del diritto [14]. Si verifica, così, un'inversione logica, prima che metodologica, tra vigenza e applicazione: se nel regime normativo ordinario la prima precede la seconda, nello stato di eccezione la seconda precede (la posizione formale sottesa al)la prima, con una forza-di-legge senza legge [15], con uno stato politico che supera l'ordinamento giuridico.
2. Una preliminare riflessione.
La considerazione – che dal pensiero giuridico sovviene e che pure in esso non si esaurisce – permette di registrare una curiosa coincidenza terminologica tra gli organi umani più afflitti dall'emergenza sanitaria e quelli che dall'Ordinamento (non solo giuridico, bensì quale significante del più ampio riferimento alla Comunità internazionale) dovranno essere adoperati per provare a riequilibrare i sovvenienti molteplici interessi e diverse esigenze (non soltanto di quelli che fossero stati costretti nelle pagine economiche di un contratto), in un virtuoso e solidale bilanciamento. Il riferimento è – come potrà essere sovvenuto – agli ‘organi respiratori'. Se, per un verso, potranno essere protetti soltanto dai risultati che l'affannosa ricerca medica globale riuscirà a produrre nei prossimi mesi, per permettere di immaginare una guarigione dei pazienti e della società (intesa come globalità delle persone) da un virus sì aggressivo, con un successivo (e quanto mai auspicato) ritorno alla ‘normalità' (che, nell'etimo, evoca sì la misura, ma pure la regolarità delle azioni, con l'accezione giuridica di norma); per l'altro, nella metafora evocante le clausole generali della correttezza e buona fede, unitamente ai principi generali (trans-costituzionali) di solidarietà e ragionevolezza, consentiranno, parimenti, all'Ordinamento (inteso come ‘organismo vivente' immerso, inevitabilmente, nel fluire perenne della storia) di porre in essere le più spiccate strategie all'insegna della resilienza, permettendo di oltre-passare (nel senso severiniano) quest'ulteriore grave prova [16] che l'Umanità intera è chiamata sostenere, immergendosi in quella Storia nella quale è de-stinata eternamente a stare (ancora Severino), ma nella quale non può stare se non conformandosi all'idealismo dei Valori sommi posti a suo fondamento.
Il Diritto [17] è chiamato (mediante la meritoria opera di quella che qui, virtuosamente, si identifica come clasa descutidora, esposta a gravi rischi dalla diffusione della “cultura del contagio” [181]) a porre in essere ogni sforzo utile e necessario perché ogni scelta sia adeguatamente collocata nell'includente «“orizzonte d'attesa” (…) [di] una decisione ragionevole» [19]. Fermamente respingendo ogni prospettiva che sovvenisse dall'arroganza del ‘pensiero unico' ed esaltando, al contrario, la ruvidità del confronto e la virtuosità del «disaccordo cooperante» [20], con un ‘metodo diveniente' e mai definitivamente fissato. E avvertiti che ogni decisione (che, intrinsecamente, evoca il trauma di una ferita, di un taglio) dovrà essere argomentata [21] e persuasiva [22], esaltando il valore fondativo di ogni questione terrena: l'essere umano, quale supremo, ma concreto, riferimento di ogni realtà [23], intesa, nel suo divenire, quale atto incessante del pensiero pensante (G. Gentile).
Tanto che non si è fatta attendere la proposta (tutt'altro che provocatoria o di politica onirica) di Ugo Mattei che suggerisce di adottare, nella grave situazione emergenziale, non soltanto il rimedio della socializzazione del debito, con una primaria responsabilità dello Stato, ma anche misure, nella sottesa logica di un'effettiva solidarietà sociale [24] (ex art. 2 Cost.), per quelle realtà private (imprese nazionali e multinazionali) che stanno godendo, per effetto della medesima emergenza, sia pure in termini invertiti, di un benefico effetto volàno. Si pone l'interrogativo se tali vantaggi siano realmente profitti o non piuttosto ‘rendite di posizione' e se, rispondendo in questo secondo senso, non sia davvero il caso di socializzare, altresì, quel delta positivo che ha trasformato i primi nelle seconde: si tratta di un surplus che quale nuovo (per quanto non auspicato) «bene comune prodotto dalle circostanze avverse [e per] tale va trattato, restituendolo alla collettività. Perché quel surplus di profitto (agevolmente misurabile) che è certamente generato unicamente dalla crisi non [dovrebbe] essere socializzato?» [25]. Proposta che, nella comune evocazione della solidarietà sociale, incontra idealmente, sia pure da un'altra prospettiva, la provocazione lanciata da Marcello Maggiolo [26] che invita a riflettere seriamente sulla possibile costituzione di un fondo pubblico vincolato per tutte le strutture sanitarie nazionali, sovvenzionato con una porzione dei numerosissimi (talvolta ingenti) risarcimenti per danni non patrimoniali alla salute disposti in quei giudizi che sempre più affollano le nostre aule giudiziarie in uno scontro (che la contingente grave situazione sanitaria mondiale potrà rivelarsi determinante nel non farlo divenire) perenne.
D'altra parte, ed è notizia recente [27], il China Council for the Promotion of International Trade, recependo istanze provenienti da una chiara politica protezionistica, ha ritenuto di lanciare i c.dd. "certificati di forza maggiore", con la principale funzione di scriminare, alla stregua del diritto internazionale (che riconosce, sia pure mediante innumerevoli trattati, l'universalità del diritto alla salute [28]), le condotte delle imprese cinesi, coinvolte in rapporti giuridici con altri Stati o entità private, sia in termini di inadempimento, sia in termini di ritardo (ben consci che i contratti internazionali sono ridondanti non soltanto di clausole gravemente sanzionatorie del benché minimo ritardo nell'esecuzione della prestazione, bensì anche di definizioni, tra le quali non mancherebbe la forza maggiore che, per l'appunto, quei certificati s'incaricherebbero formalmente di attestare).
3. L'emergenza e la forza maggiore.
Orbene l'emergenza sanitaria creata dal Covid19 parrebbe immediatamente andarsi a collocare, nella tradizionale (e insuperabile) prospettiva dell'individuazione degli strumenti di conoscenza (non solo giuridica), nella categoria della forza maggiore, con tutte le conseguenze che i diversi Ordinamenti giuridici prefigurano al riguardo. Eppure, da quella categoria dovrà immediatamente prendere le distanze, almeno per come la medesima è stata concepita e ricalcata in ogni Ordinamento, statuale e non: un evento imprevedibile (o, almeno, non ragionevolmente prevedibile) e fortuito, estraneo alla sfera di influenza del contraente (creditore e debitore), più o meno ampio, incidente direttamente sulle probabilità (azzerandole o fortemente ridimensionandole) che il precedente rapporto giuridico oggetto di incisione giunga a realizzazione, con il soddisfacimento degli interessi che in quel rapporto avevano rinvenuto programmatica composizione. Invero, parrebbe potersi intuire che il concetto di ‘forza maggiore', filtrato mediante il linguaggio e l'ideologia del codice civile, consista in un evento, senz'altro imprevisto o imprevedibile, che incide sulla programmazione negoziale, sostanzialmente alterandola, ma, e qui sta il punto, incidendo su quel singolo e su quel dato rapporto giuridico [29] o su una serie di rapporti, là dove l'attuale emergenza sanitaria pare presentarsi con due sue proprie specificità: l'una formale (e giuridica), l'altra sostanziale (ed economica).
La prima consiste nell'eccezionale [30] elaborazione normativa [31] che essa sta producendo e nel come la medesima, giustappunto attraverso la regola giuridica, riceve rilevanza formale nel nostro Ordinamento, sì che potrebbe a ragione discutersi di una forza maggiore tipizzata e che attraverso questa (id est: attraverso la valutazione compiuta mediante l'intervenuta) formalizzazione incide sui rapporti giuridici [32]. In altri termini, non è l'attuale emergenza sanitaria ad incidere, di per sé e direttamente, sulle sfere giuridiche dei soggetti uniti nel vincolo obbligatorio [33], limitando, cumulativamente o alternativamente, la ricevibilità/utilità e/o le possibilità di adempimento della prestazione (che pure rimane oggettivamente e assolutamente possibile), bensì la regola giuridica che, all'uopo predisposta per gestirne le conseguenze, per un verso, introduce limitazioni formali alla circolazione delle persone [34] (e, dunque, dei creditori e dei debitori) e, per l'altro, prescrive la chiusura obbligatoria per la maggior parte delle attività industriali e commerciali, provocando la configurabilità del presupposto fondativo delle divisate ipotesi di irricevibilità o impossibilità (in senso generico [35]) della prestazione. E tuttavia di tale presupposto, oggettivamente e astrattamente ricorrente, dovrà accertarsi in concreto [36] l'incidenza sulla relazione giuridica, con una valutazione sia in funzione di una ri-determinazione del contenuto dell'obbligo, sia strumentale all'esonero da responsabilità per inadempimento (o inesatto adempimento), rilevante nella sua oggettività. Orbene, converrà allora distinguere tra gli effetti provocati dalla regola giuridica (che provvede alla qualificazione dell'evento eccezionale mediante l'introduzione di «misure di contenimento») e gli effetti prodotti della causa (id est: dell'evento a fondamento dell'adozione) della regola giuridica [37]. Se i primi saranno assistiti da quell'intrinseca e formale temporaneità che assiste pure l'efficacia della regola giuridica che li genera [38], sì che esauritasi la vigenza di questa anche quegl'effetti si esauriranno; i secondi saranno direttamente riconducibili all'evento emergenziale in sé [39], senza l'intervento del filtro giuridico, sì che il debitore (ma anche il creditore), anche a prescindere dalla vigenza della divisata regola giuridica, potrà ad esso rimettersi nel tradizionale rinvio alla figura della forza maggiore, dimostrando l'incidenza di essa sulla prestazione in termini di (sopravvenuta) impossibilità [40], ora definitiva con l'estinzione del rapporto, ora temporanea, con una modificazione dello stesso.
La seconda s'individua nel rilevare come, a dispetto di quanto è verificabile nella comune operatività della forza maggiore (la quale limita la propria incidenza a quella singola e data relazione giuridica o ad una serie, comunque limitata, di relazioni), quella attuale si manifesta e si propaga con un'impressionate virulenza e forza, in sé potenzialmente [41] idonea a ripercuotersi su ogni relazione giuridica in essere nella dimensione trans-territoriale della globalità, in un'incessante circolarità economica e globalità di interessi.
Sarebbe sufficiente richiamare i severi provvedimenti [42] di limitazione alla circolazione delle persone [43] – funzionali alla tutela del preminente interesse della salute pubblica – per rendersi avvertiti della gravità e dell'assoluta novità di questa nuova ipotesi di forza maggiore. Dunque, il primo passaggio che deve superarsi nella ricostruzione della giustificazione all'inadempimento (o al ritardo) e, dunque, nella configurabilità di un'impossibilità sopravvenuta ovvero di «avvenimenti straordinari e imprevedibili» incidenti sulle vicende attuative del rapporto giuridico potrà ritenersi compiuto: il debitore non dovrà (anche) incaricarsi di dimostrare che l'evento impossibilitante o ritardante si è verificato, al cospetto di una situazione per la quale potrebbe a ragione discutersi di «forza maggiore a carattere sociale» [44].
Invero, già icto oculi, emerge come l'impossibilità di allontanarsi dalla propria abitazione – potendo configurare ora un'ipotesi di impossibilità sopravvenuta per factum principis [45], ora, in una prospettiva non necessariamente alternativa, una di quelle situazioni a fondamento dell'inesigibilità della prestazione – potrà incidere sull'esecuzione della prestazione e, dunque, sul vincolo giuridico, impedendone, definitivamente o temporaneamente [46], la realizzazione programmata, con la conseguente risoluzione (e, dunque, l'estinzione dell'obbligazione) ovvero temporanea sospensione (senza l'imputabilità per il ritardo, con un'obbligazione la cui efficacia è anch'essa sospesa). E se appare agevole comprendere come tale impossibilità possa incidere [47] sull'esecuzione della prestazione da parte del debitore (art. 91 d.l. 17 marzo 2020, n. 18), non meno evidente dovrà rivelarsi anche l'ipotesi in cui essa potrà finire per incidere sulla sfera del creditore, configurando un'ipotesi di inutilizzabilità o irricevibilità della prestazione [48] (da verificarsi in concreto alla stregua del contenuto concreto dell'obbligo [49]), con un debitore che sarebbe pronto ad adempiere alla propria prestazione (in quanto, in ipotesi, la sua attività lavorativa non ricade nell'ambito di quelle per le quali è stata prescritta obbligatoriamente la chiusura), ma con un creditore che, per le severe misure di restrizione alla circolazione personale, non potrebbe riceverla in luoghi diversi dalla sua abitazione [50]. Situazione che riceve ora, per quanto indiretta, collocazione negli artt. 28 d.l. 2 marzo 2020, n. 9 e 88 d.l. 17 marzo 2020, n. 18 i quali dispongono (per le tipologie contrattuali in essi individuate [51]) che «ricorre la sopravvenuta impossibilità» (ai sensi [52] dell'art. 1463 c.c.) nelle ipotesi in cui per il creditore la prestazione fosse divenuta inutilizzabile o irricevibile, con la conseguente impossibile realizzazione del programma negoziale. Una forza maggiore (melius: i provvedimenti emanati per fronteggiarla) che potrebbe, pertanto, agire sia limitando (o azzerando del tutto) le utilità che il creditore poteva attendersi dall'esecuzione della prestazione, prefigurando la sovveniente inutilità o inutilizzabilità [53], sia azzerando (o sensibilmente riducendo) le facoltà (fisiche [54] ed economiche [55]) del debitore (totalmente o parzialmente) impedito, in ragione (esclusivamente)delle prescritte misure di contenimento, a porre in essere quelle attività necessarie e strumentali all'adempimento, prefigurando un'ipotesi [56] concreta di inesigibilità [57] della prestazione [58], intesa quale nozione generale idonea a ricomprendere ogni evento e/o vicenda, di qualsivoglia natura, patrimoniale o non patrimoniale, incidente significativamente nella sfera giuridica del debitore nella tensione all'adempimento [59].
La diffusione del Covid19 è evento a tal punto notorio, pervasivo, globalizzato e formalmente recepito [60] (id est: è una forza maggiore espressamente tipizzata), che non esigerà la prova dimostrativa [61] della sua verificazione da parte di nessuno, né tampoco dal debitore (a differenza di ciò che normalmente potrebbe verificarsi con riferimento ad tradizionale altro evento riconducibile alla forza maggiore), e che costituisce, in alcune vicende negoziali [62], un'ipotesi tipizzata di impossibilità sopravvenuta [63], con la conseguente risoluzione del rapporto. All'un tempo segnando quel percorso che, significativamente prefigurato dalla più attenta civilistica [64] e recepito in alcune discipline [65], dalla purezza della risoluzione codicistica (per la quale è statuita la non debenza delle prestazioni ineseguite e la ripetizione per quelle effettuate) conduce all'apertura (temporanea [66], almeno dal profilo formale) alla complessità della logica manutentiva, propria di quella più ampia cultura rimediale di matrice europea, a mezzo guado tra ordine pubblico di direzione (a tutela, non soltanto della concorrenzialità, del mercato [67]) e ordine pubblico di protezione (a tutela del contraente debole), in margine alla quale pure sarebbe bene interrogarsi [68] circa la sua natura integrativa o sostitutiva della disciplina rimediale di matrice codicistica. Invero, tale impostazione – prendendo le distanze dalla logica binaria codificata [] dall'art. 1463 con un rapporto giuridico che è o tutto realizzato o definitivamente estinto – parrebbe ora recepita in ragione della richiamata differente disciplina prevista per le conseguenze dell'intervenuta risoluzione per impossibilità sopravvenuta dagli artt. 28 d.l. n. 9 del 2020, e 88 d.l. n. 18 del 2020, i cui relativi disposti facoltizzano il debitore della prestazione divenuta (temporaneamente) impossibile non soltanto alla restituzione [] del corrispettivo ricevuto (sì come prescrive, quale unica possibilità, l'art. 1463), bensì anche all'emissione di un voucher, consistente in un documento portante l'indicazione di un determinato importo da impiegare per le (melius: tutte o alcune di quelle) prestazioni che rientrano nell'attività commerciale di chi l'ha emesso, da utilizzare entro un determinato lasso temporale. Evidente, allora, che l'emissione del voucher consentirà alla relazione giuridica non già di esaurirsi, con il conseguente venir meno del titolo giustificativo dell'intervenuta allocazione delle eseguite prestazioni nelle sfere dei rispettivi creditori, bensì di rimanere in vita (id est: pienamente efficace), sia pure posticipando la sua programmata realizzazione in un tempo in cui saranno cessati gli eventi che hanno causato l'impossibilità della prestazione.
4. Debito e responsabilità messi in relazione dall'inesigibilità.
L'art. 91 d.l. n. 19 del 2020 costituisce conferma formale del rapporto funzionale [71] tra debito e responsabilità [72] individuando nelle «misure di contenimento» [73] adottate per contrastare la emergenza sanitaria l'elemento specifico che mette in relazione il primo con la seconda, pur confermandone le distanze. Se, invero, la responsabilità è fuori dalla struttura del debito, costituendo quel complesso di mezzi (presenti e futuri) che subentra in vista dell'inadempimento, a garanzia illimitata (art. 2740 c.c.) del suo soddisfacimento per equivalente, essa continua, tuttavia, a posizionarsi sul medesimo piano sostanziale di analisi dell'obbligazione, senza ricollocarsi su quello esclusivamente processuale. È proprio nella divisata relazione debito-patrimonio (che, in altre prospettive, condurrà alla revisione dell'intero rapporto obbligatorio in termini di relazionalità [74]) che si colloca la condotta del debitore, il quale deve porre in essere una diligente [75] strategia diretta a predisporre ogni mezzo [76] necessario e funzionale all'adempimento; ma è anche qui che, allora, s'avverte ragionevolmente la necessità dell'originarsi della cd. teoria ‘dei limiti', vale a dire di quelle vicende che, in funzione dell'adempimento, richiederebbero sforzi e impegni (non solo quantitativamente, bensì qualitativamente) sproporzionati rispetto agli interessi agglutinati nel vincolo obbligatorio e, in ultima istanza, rispetto ai diritti fondamentali della persona del debitore (con l'innesto virtuoso del profilo esistenzialistico, ora mediante il ricorso alla clausola generale di buona fede, ora mediante il richiamo ai principi costituzionali, in particolare a quelli della solidarietà e ragionevolezza).
E tuttavia, nel collegamento tra (inadempimento del) debito e (assenza di) responsabilità non varrà il mero (o fondativo, in altre ricostruzioni [77])sforzo di diligenza a scriminare la condotta del debitore, bensì sarà necessario accertare che quello sforzo abbia incontrato, altresì, un impedimento di carattere oggettivo [78]. L'impossibilità (definitiva o temporanea) per potersi ritenere configurata va, daccapo, commisurata, non già (o, almeno, non soltanto) allo sforzo di diligenza richiesto al debitore (in termini di condotta), bensì «alla individuazione di un fatto impeditivo (dell'adempimento), ossia di un fatto [avente carattere di oggettività, sia pure relativa] che, a prescindere dallo sforzo diligente dovuto, e cioè dall'attività dell'obbligato, abbia impedito al soggetto di adempiere» []: «[l]a diligenza è regola di controllo degli impedimenti sopravvenuti e non direttamente limite della responsabilità debitoria» [80]. Dunque, essa non è regola di misura dello sforzo strumentale all'adempimento, ma regola di misura dello sforzo funzionale ad evitare che si verifichi un dato impedimento oggettivo che incida (direttamente) sulle possibilità dell'adempimento, rendendolo (definitivamente o temporaneamente) impossibile.
Il discorso deve inevitabilmente virare, con la svolta assiologica sottesa alla metodologia dell'argomentazione orientata alle conseguenze, sul terreno della rideterminazione del contenuto dell'obbligo (e del conseguente esonero da responsabilità) e, dunque, dall'impossibilità sopravvenuta (oggettiva, sia pure intesa in termini giuridici e non più essenzialmente naturalistici [81]) all'inesigibilità della prestazione [82], idonea, quest'ultima, a reagire sulla condotta del debitore (oltre che, mediante il metro della buona fede, sulla ri-determinazione del contento della prestazione), rendendola, appunto, non-esigibile (sia pure talvolta soltanto temporaneamente), fino a giungere alla possibile configurazione di un non-adempimento di necessità [83]. Il tutto in forza di un proficuo passaggio metodologico che dalla struttura dell'obbligazione conduce alla regola di comportamento, sì come riconfigurato nella lettura [84] funzionale ed assiologica degli artt. 1218 e 1256 (tra buona fede [85], abuso del diritto e preminenti valori costituzional-personalistici [86], là dove altrove andrà a collocarsi la valutazione dell'agire diligente [87]), con un movimento che induce il debito ad incidere sulla responsabilità. Movimento che, al contrario, le sopraggiunte discipline dell'esdebitazione – con una logica che amplia i profili dell'insolvenza da quella commerciale a quella civile – si rivelano idonee ad invertire, con una responsabilità incidente sul debito, riconfigurandolo in funzione estintiva, là dove lo stesso squilibrio tra obbligazioni assunte e patrimonio a garanzia dell'adempimento è idoneo a precostituire un limite formale all'adempimento.
Rimane, nondimeno, per il debitore l'onere probatorio (per quanto ridimensionato, nel suo peso, dalla previsione dell'art. 91 d.l. n. 18/2020 che impone di valutare sempre, escludendo peraltro ogni automatismo effettuale, le conseguenze che «le misure di contenimento» possono provocare sul rapporto giuridico e, dunque, sull'accertamento della responsabilità ex artt. 1218-1256 [88]) di dimostrare il sotteso nesso di causalità. E, tuttavia, questo andrà a specificarsi non tanto [] in quello di causalità materiale tra l'evento e l'inadempimento – qui inteso (a differenza di quello operativo in ambito extracontrattuale, in termini di causalità efficiente) sotto il diverso profilo dell'imputazione soggettiva dell'inadempimento, la cui registrazione avverrà in ragione delle possibili incidenze che, anche alla stregua della diversa natura della prestazione dedotta in obbligazione, le adottate «misure di contenimento» potranno essere idonee a produrre nell'ambito dell'esecuzione del rapporto obbligatorio, recependo la teoria che nell'oggettività dell'inadempimento individua, in ogni caso e di per sé, l'evento dannoso per il creditore – quanto in quello di cd. causalità giuridica al fine di governare la relazione tra il verificato non-adempimento (nella sua oggettività, sì come richiede la regola contrattuale) e le possibili conseguenze predisposte dall'ordinamento (risarcimento del danno, esecuzione coattiva, esecuzione in forma specifica, ecc.): «l'impossibilità non imputabile costituisce il limite e non il fondamento (se imputabile) della responsabilità» [90]. Sì che il giudice, in esito alla ponderata e ragionevole valutazione della relazione, formalmente istituita, tra «misure di contenimento» e inadempimento (id est: responsabilità per), potrebbe: i) negare che quelle misure siano state idonee ad incidere nella sfera giuridica del debitore, escludendo la verificazione di un'ipotesi di impossibilità (ovvero di una situazione integrante quel sostrato concreto a giustificazione dell'inesigibilità) della prestazione, con la conseguente imputabilità al debitore della responsabilità per l'inadempimento (o per il ritardo di cui all'art. 1256, comma 2, c.c.) alla stregua dei comuni (sia pur non sedimentati) criteri ermeneutici; ii) accertare, al contrario, che le divisate misure di contenimento abbiano integrato quel nesso di causalità giuridica idoneo ad esonerare la condotta del debitore da responsabilità (sia in termini di inadempimento, sia in termini di ritardo); iii) ritenere, infine, che le ripetute ‘misure' abbiano inciso, ma non in senso esclusivo ed escludente, sulle attività che il debitore deve diligentemente predisporre per l'adempimento, sì da rimettere l'esito del giudizio ad un'ulteriore valutazione complessiva che, e così mutandone il piano di analisi, nella compensazione economica rinverrà lo strumento riequilibratore dell'attuazione dimidiata del rapporto giuridico.
5. Auspici finali.
Parrebbero essere divenuti maturi i tempi per «l'avvio di una riflessione serena e soprattutto liberata da preconcetti» [91] che consenta di accedere ad una dimensione del vincolo obbligatorio in cui il medesimo, dismettendo le rigidità economico-patrimonialistiche, potrà schiudersi alle dinamiche, flessibili e virtuose, della ri-considerazione delle sopravvenienze non patrimoniali incidenti nella sfera giuridica del debitore, con una sensibilizzazione ad una rinnovata cultura dell'«adattamento» (ora imposta dalla grave situazione di emergenza pandemica mondiale), riconfigurandolo – con una tendenza che vorrebbe sopravvivere alla sua stessa causa originante – quale «luogo in cui i doveri di solidarietà devono prevalere su ogni altro interesse» [92]. Il medesimo andrà collocato in un più ampio orizzonte d'intesa nel quale «il diritto [si faccia] vivente» [93] e vigente [94], ricorrendo all'impegno di ogni interprete che, nel rispettivo campo di operatività, offra [95] «il suo contributo alla costruzione di un diritto dei contratti più solidale, e, in qualche modo, più rispondente all'idea di democrazia oggi maggiormente condivisa», senza perciocché perdere di vista il momento fondativo di ogni rapporto giuridico che nella ruvidità del contrasto tra interessi (melius: tra le figure di qualificazione giuridica che li recepiscono), più che nella rugiadosità dell'armonia tra essi, ripone il principale criterio alla cui stregua svolgere ogni ulteriore valutazione.
Si accetti allora la sfida più grande: non c'è tempo da perdere. L'Umanità intera – «nel salto d'epoca da una società del ‘900 dai mezzi scarsi con fini certi ad una società con mezzi sempre più potenti [eppure non infiniti come, invece, vorrebbe ipotizzare la cultura della tecnica quale volontà di potenza], ma con fini totalmente incerti» [96] – si renda avvertita della consapevolezza che mai come oggi l'io dipende dal noi ed il tutto dipende da ciascuno (come Persona, non come individuo). Senza che alcuna distanza [97] (pure imposta nella fisicità dalle odierne contingenze) potrà impedire di apprendere la necessità di una rinnovata consapevolezza di un'ambizione al futuro (che solo ci attende, perché già esiste), di una proficua riscoperta per e dell'essenziale con una sovveniente «memoria del limite» [98], rinviando a quella ‘circolarità esistenziale' che non può più attendere di essere collocata tra i Valori fondativi della comunità mondiale (e primariamente dell'Europa [99]), nella generale chiamata alla responsabilità virtuosa e militante, fondativa di una rigeneratrice “Costituzione della Terra” [100].
Si conseguirebbe, per tale via, l'Immunitas (che, letteralmente, è assenza di vincoli) nella coltivazione della Communitas [101](che, letteralmente, è condivisione di oneri).
Riferimenti bibliografici:
[1] Probabilmente senza trarre profitto sia dall'invito di G. ZAGREBELSKY, Giusti i divieti se tutelano il diritto alla vita. Non vedo prove di dittatura, dalle colonne de La Repubblica, 21 marzo 2020, che mette in guardia da quelle «pesti psicologiche» che le parole sono idonee a diffondere, sia di U. BRECCIA, Tempi e luoghi del diritto dei contratti, in Contr., 2018, 13, il quale ammonisce di come «le ‘parole' [anche] dei giuristi vanno trattate con massima cautela»)
[2] Così l'incipit di A. BONOMI, La vita nuda rivela di quale comunità abbiamo bisogno, in Il Manifesto, 4 aprile 2020, 1 e 15
[3] Sarebbe qui sufficiente rammentare la tremenda epidemia da “Spagnola” diffusasi dapprima in Europa, poi in tutto il mondo a cavallo del triennio 1918/1920 per evocare i medesimi scenari di “guerra”.
[4] Ce lo rammenta autorevolmente M. DRAGHI il 25 marzo 2020 dalle colonne autorevoli del Financial Times con il suo intervento: We face a war against coronavirus and must mobilise accordingly. Nel linguaggio formatosi successivamente all'anno mille, il termine di etimologia germanica wërra si è sempre più diffuso in luogo di quello latino bellum (che, spesso, finiva per confondersi con il bello, bellezza di origine romanza): i linguisti, pur sufficientemente d'accordo sul riferirsi dei significanti al medesimo significato, li distinguono nella misura in cui il primo evoca un contrasto, una battaglia combattuta da una moltitudine disordinata, là dove il secondo rimanda ad uno scontro tra opposti schieramenti ordinati secondo le puntuali regole di combattimento dell'esercito romano
[5] Tra i quali occorre rammentare anche quello di cui all'art. 6 d.l. 17 marzo 2020, n. 18 il cui primo comma prescrive che «il Capo del Dipartimento della protezione civile può disporre, nel limite delle risorse disponibili di cui al comma 10, anche su richiesta del Commissario straordinario di cui all'articolo 122, con proprio decreto, la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, nonché di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare la predetta emergenza sanitaria, anche per assicurare la fornitura delle strutture e degli equipaggiamenti alle aziende sanitarie o ospedaliere ubicate sul territorio nazionale, nonché per implementare il numero di posti letto specializzati nei reparti di ricovero dei pazienti affetti da detta patologia»
[6] M. VOLPI, Gli effetti del coronavirus e lo stato di emergenza, in libertaegiustizia.it, del 24 marzo 2020
[7] G. ZAGREBELSKY, Costituzione. Attenzione all'uso dei soldati, in La Stampa, 25 marzo 2020, e anche in www.libertaegiustizia.it, 31 marzo 2020
[8] Senza che tale mancata previsione possa condurre l'interprete all'impossibilità logico-giuridica di una sua impossibile adozione, se non fattuale, nel nostro sistema costituzionale, come parrebbe intendere A.M. BENEDETTI, Il «rapporto» obbligatorio al tempo dell'isolamento: una causa (transitoria) di giustificazione)?, in www.giustiziacivile.com, 3 aprile 2020, 1 ss. E tuttavia lo stato di emergenza, nel nostro Paese, è stato formalmente dichiarato nella riunione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, con il che, come conferma G. AZZARITI, I pieni e solitari poteri del capo del governo extraordinem, in Il Manifesto, 19 marzo 2020, lo “stato di necessità”, di per se stesso, non … necessita di una legge autorizzatoria, giustificandosi in ragione della stessa necessità, costitutiva e fondativa del relativo stato extraordinem
[9] Si tratta, dopo qualche prima vivace controversia medico-politica, di una pan-demia o epi-demia, senza ulteriori sofismi di differenziazione. Di chiara derivazione greca, con i suffissi pan- ed epi- evocanti il tutto, essa impone una riflessione che lasci da parte ogni residuo settorialismo o particolarismo e schiuda, al contrario, ad una visione della totalità, sia concettuale, sia territoriale: per un verso, evocando quella logica totale dell'inclusività edella sostenibilità (melius: la somma idealità che esse veicola) dalla quale ogni ragionamento che si dovesse svolgere non dovrà (melius: non potrà) prescindere; per l'altro, evidenziando che lo stesso ragionamento non potrà confinarsi nelle sicure (e talvolta tranquillizzanti) coordinate territoriali di uno Stato o di una unione di Stati per accedere a quel senso di spaesamento, ben noto al Poeta (G. Leopardi) ed al Filosofo (M. Heiddeger), e così caricarsi della fatica della sterminatezza dalla quale muove e alla quale deve tendere
[10] Ovvero del suo Presidente del Consiglio con ripetuti d.P.C.M. che si sottraggono finanche al controllo della collegialità del consiglio del ministri
[11] Lo si era già rilevato in R. FRANCO, Decreto legge 25 marzo 2020, 19: una possibile chiave di lettura (d'emergenza) per le ‘attività professionali', in Notarnews, 4, 2020, 19 ss.
[12] La gravità della questione è stata ora posta con toni accesi e vigorosi da U. MATTEI-A. LUCARELLI, Salute bene comune e democrazia diretta, in Il Manifesto, 4 aprile 2020, 14, nel più ampio rapporto del Comitato Rodotà; con toni più pacati, ma parimenti perentori, S. CASSESE, Il corpo (malato) dello Stato, in Il Sole 24Ore, supplemento La Domenica, 22 settembre 2019, 28; G. ZAGREBELSKY, Costituzione. Attenzione all'uso dei soldati, cit.
[13] S. ROMANO, Sui decreti legge e lo stato di assedio in occasione del terremoto di Messina e di Reggio-Calabria, in Riv. dir. pubb., 1909, 251 ss., spec., 260 ss.: lo stato di eccezione è, «nel diritto italiano, un provvedimento contrario alla legge, diciamo pure illegale, ma nello stesso tempo conforme al diritto positivo non scritto, e perciò giuridico e costituzionale»
[14] S. ROMANO, Sui decreti legge e lo stato di assedio, cit., 260 s.
[15] G. AGAMBEN, Stato di eccezione, Torino, 2003, 51
[16] Alla ‘prova' (alla quale tutti siamo chiamati) s'appella anche l'accorato invito di F. DI MARZIO, Comunità. Affrontiamo la nostra prova, Editoriale del 12 marzo 2020, in giustiziacivile.com, 1 ss.
[17] Nella sua interezza: da quello costituzionale a tutela delle minime libertà personali e delle prerogative massime della salute a quello penale, con disposizioni sanzionatorie per coloro che, volontariamente o meno, si rendessero responsabili della diffusione dell'epidemia; dal diritto del lavoro (con le imminenti gravissime problematiche) al diritto privato, nella sua infinita vastità
[18] Contro la quale si scaglia la pagina virulenta di G. AGAMBEN, Contagio, in www.quodlibet.it, 11 marzo 2020, e ID., Lo stato d'eccezione provocato da un'emergenza immotivata, sulle colonne de Il Manifesto, 26 febbraio 2020
[19] J. ESSER, Precomprensione e scelta del metodo nel processo di individuazione del diritto. Fondamenti di razionalità nella prassi decisionale del giudice, trad. it. a cura S. PATTI-G. ZACCARIA, Napoli, 1983, passim, spec., 136.
[20] J. MARITAIN, On the Use of Philosophy, Princeton, 1961, 32 ss.
[21] Ricoeur, Interpretazione e/o argomentazione, in Ars interpretandi, 1996, 77 ss.
[22] C. PERELMAN-L. OLBRECHTS-TYTECA, Trattato dell'argomentazione. La nuova retorica, trad. it., Torino, 1996, 28 ss.
[23] Che è il messaggio ultimo del pensoso e denso, recente, volume di A. CARRINO, La Costituzione come decisione. Contro i giusmoralisti. Milano, 2019, passim.
[24] La cui traduzione in provvedimenti concreti per la gestione dell'emergenza sanitaria (principalmente in materia di programmazione di aiuti economici ai singoli Stati partecipanti) assai gravi tensioni sta generando nell'ambito dell'Unione europea, sostanzialmente dividendosi al suo interno tra coloro i quali, nell'eccezionalità della situazione, immaginano misure altrettanto eccezionali, proponendo una socializzazione diffusa del debito complessivo (generato dai molteplici e ripetuti interventi a sostegno della crisi) tra tutti i paesi partecipanti all'Unione (nonostante tale misura non sia stata disciplinata nell'ambito dell'organizzazione europea) e coloro che intendono programmare tali interventi economici con strumenti già presenti nell'ambito dell'Ordinamento europeo (anche di più recente formazione: ad es. Mes), con un peso che finirebbe per gravare, sia pure in forme attenuate, sui singoli Paesi che a tali aiuti faranno ricorso.
[25] U. MATTEI, Covid: male comune con benefici privati, in Il Fatto Quotidiano, 2 aprile 2020, 13
[26] M. MAGGIOLO, Una autentica solidarietà sociale come eredità del coronavirus: per una diversa destinazione dei risarcimenti del danno alla salute, in Giustiziacivile.com, l2 aprile 2020, 1 ss.
[27] Alla quale hanno dato risalto alcuni quotidiani.
[28] Per tutti la Costituzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che, approvata nel 1946 ed entrata in vigore nel 1948, nel suo Preambolo così proclama: «Gli Stati partecipanti alla presente costituzione dichiarano, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, che alla base della felicità dei popoli, delle loro relazioni armoniose e della loro sicurezza, stanno i principi seguenti:
La sanità è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste solo in un'assenza di malattia o d'infermità.
Il possesso del migliore stato di sanità possibile costituisce un diritto fondamentale di ogni essere umano, senza distinzione di razza, di religione, d'opinioni politiche, di condizione economica o sociale.
La sanità di tutti i popoli è una condizione fondamentale della pace del mondo e della sicurezza; essa dipende dalla più stretta cooperazione possibile tra i singoli e tra gli Stati.
I risultati raggiunti da ogni Stato nel miglioramento e nella protezione della sanità sono preziosi per tutti.
La disparità nei diversi paesi per quanto concerne il miglioramento della sanità e la lotta contro le malattie, in particolare contro le malattie trasmissibili, costituisce un pericolo per tutti. …
I governi sono responsabili della sanità dei loro popoli; essi possono fare fronte a questa responsabilità, unicamente prendendo le misure sanitarie e sociali adeguate».
S'interroga, assai preoccupato, sull'improvvido frazionamento regionale della gestione politica della salute operato dal riformatore costituzionale (mercé la modifica federalista del 2001, con zelo messa in pratica da alcuni Governatori) in luogo dell'impostazione adottata originariamente dai Padri costituenti che individuava nella salute pubblica un fondamentale interesse nazionale, M. Villone, La supremazia ha bisogno di finanziamenti, in Il Manifesto, del 4 aprile 2020, 1 e 15, con un articolo denso e di gravissima accusa verso l'improducente politica nazionale, ricorrendo, senza mezzi termini, ad espressi riferimenti a partiti e persone; Id., Ricostruire la sanità pubblica, in La Repubblica, inserto Napoli, 20 marzo 2020; M. Volpi, Gli effetti del coronavirus e lo stato di emergenza, cit.; N. Urbinati, Non arrendiamoci a “tacere e obbedire”, in libertaegiustizia.it., del 19 marzo 2020
[29] Riserve in margine all'effettiva utilità euristica della formula esprime N. IRTI, Introduzione allo studio del diritto privato, Padova, 1990, 49 s.; formula, qui intesa, come relazione tra situazioni giuridiche soggettive complesse e non tra soggetti: PERLINGIERI-P. FEMIA, Nozioni introduttive e principi fondamentali del diritto civile2, Napoli, 2004, 114.
[30] L'avverbio è adoperato in termini qualitativi, non già quantitativi, in riferimento all'ordinamento giuridico costituzionale pre-costituito.
[31] Non soltanto privatistica e per quanto parziale e sottoposta ad eventuali, possibili, ulteriori rimodulazioni.
[32] Se non ci s'inganna sul punto conviene anche A.M. BENEDETTI, Il «rapporto» obbligatorio al tempo dell'isolamento: una causa (transitoria) di giustificazione)?, cit., 5.
[33] Salvo, evidentemente, per quelle persone affette drammaticamente dal coronavirus.
[34] Oltre che la chiusura della prevalenza delle attività commerciali e di buona parte delle realtà industriali.
[35] Per la quale sarebbe invano provare a rinvenire prima dell'ordinamento o nell'ordinamento una definizione compiuta, immodificabile e di rigore logico. Cfr., sul punto, PERLINGIERI, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento. Art. 1230-1259, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1975, 440 s. Essa è, al contrario, nozione intrinsecamente mutevole, in ciò individuandosi la sua resilienza concettuale e funzionale alla risoluzione dei conflitti di interessi – non solo omogenei, stante il coinvolgimento anche di interessi personalistici dei soggetti del vincolo obbligatorio – alla cui risoluzione dovrà contribuire nella valutazione della complessità del caso concreto.
[36] Art. 91 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, come in seguito meglio si preciserà.
[37] Ovvero, come si direbbe nel rigore del linguaggio dogmatico, tra fattispecie ed effetti.
[38] Come emerge evidente dalla lettura del predetto art. 91.
[39] Almeno fino a quando il medesimo non potrà dirsi definitivamente debellato.
[40] È rimasta isolata quell'autorevole e suggestiva prospettiva (M. ALLARA, Le fattispecie estintive del rapporto obbligatorio, Torino, 1952, 50 ss.) che ricacciava nell'inutilità euristica la nozione di impossibilità della prestazione, in quanto essa, incidente (originariamente o successivamente) su di un presupposto fondativo dell'obbligazione, la stessa sarebbe venuta meno giustappunto in ragione di ciò, senza la necessità logica di immaginare la sovveniente necessità di elaborare la categoria dell'impossibilità
[41] Per quanto le cronache si siano già incaricate di dimostrarne la trasformazione da potenza in atto
[42] Introdotti con il d.P.C.M. 8 marzo 2020 in riferimento al territorio regionale lombardo ed a quello di altre province italiane (Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell'Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia), immediatamente estesi a tutto il territorio nazionale con il d.P.C.M.11 marzo 2020, successivamente prorogati con i d.P.C.M.22 marzo 2020 e 1° aprile 2020 e, quindi, ad oggi, con efficacia, almeno e salvo proroghe, fino al 13 aprile 2020.
[43] Sostanzialmente tutti diretti – e salvo, evidentemente, l'esclusione di tutte quelle persone che svolgono attività e/o professioni ritenute, alla stregua dei medesimi provvedimenti, essenziali agli interessi nazionali – a vietare l'allontanamento dalle proprie abitazioni se non per giustificate esigenze lavorative (e dunque, daccapo, per quelle attività per quali non è stata disposta la chiusura), motivi di urgenza, ragioni di salute.
[44] Così A. DI MAJO, Debito e patrimonio nell'obbligazione, in G. GRISI (a cura di), Le obbligazioni e i contratti nel tempo della crisi economica. Italia e Spagna a confronto, Napoli, 2014, 23 ss., spec. 32, richiamandosi alla dottrina nord-europea.
[45] Sia pure dovendosi valutare, con riferimento alla sfera del debitore, la diversità dell'oggetto della prestazione, e la mutevole declinazione dell'interesse creditorio a riceverla in riferimento alla situazione concreta (operando, peraltro, una ragionevole comparazione tra l'interesse creditorio al momento in cui la prestazione avrebbe dovuto essere eseguita e quello al momento in cui la prestazione potrebbe (in ipotesi) ritornare ad essere eseguibile, ben potendo emergere un sopravvenuto disinteresse alla prestazione da parte del creditore medesimo).
[46] Là dove, di là da ogni dogmatismo, la definitività e temporaneità, concetti evocanti (sia pure da approcci diversi) il trascorrere del tempo, andranno verificate, nelle rispettive discipline che le evocano, soltanto in concreto in ragione dei diversi interessi di creditore e debitore sì come conformati dal (e dedotti nel) vincolo obbligatorio.
[47] S'interroga sull'interferenza in merito all'accertamento dell'impossibilità generata dal factum principis, della possibile imputabilità (alla parte contrattuale che l'invoca) della condotta di mancata previsione, alla stregua della comune diligenza, della verificabilità del factum principis al momento dell'assunzione del vincolo obbligatorio, F. GIGLIOTTI, Considerazioni in tema di impossibilità sopravvenuta, per emergenza epidemiologica, di prestazioni dello spettacolo e assimilate, in giustiziacivile.com, 1 ss., spec. nt. 9 e 16, sia pure, condivisibilmente, giungendo alla conclusione dell'irrilevanza della ragionevole prevedibilità sulla prefigurazione del factum principis e sulle conseguenze che da esso discendono sulla realizzazione del rapporto giuridico in termini di responsabilità del debitore.
[48] Le prime pronunce che hanno recepito la formula sono Cass. civ., 24 luglio 2007, n. 16315, in Giur. it., 2008, 857 ss.; Cass. civ., 14 agosto 2007, n. 26598, in Dejure; Cass. civ., 2 ottobre 2014, n. 20811, in De Jure; più di recente, conferme in Cass., 10 luglio 2018, n. 18047, in Plurisonline; riprendendo gli spunti contenuti in C.M. BIANCA, Diritto Civile, 4, L'obbligazione, Milano, 1990, 543 ss.; ID., Diritto civile, 5, La responsabilità, rist. agg., Milano, 2019, 413 s.
[49] Se il ricevimento di una prestazione in denaro potrà avvenire dal creditore comodamente mediante il sistema di home-banking, al pari di quella che avesse ad oggetto beni mobili per esigenze personali, ricevibile, altrettanto comodamente, a casa propria mediante la capillare diffusione territoriale di corrieri e rider, la faccenda si complica qualora la prestazione avesse ad oggetto ad es. una fornitura di mattoni (proveniente dall'estero ovvero da imprese italiane non sottoposte a restrizioni lavorative) da riceversi presso il capannone nel quale si svolge la relativa attività, tuttavia chiuso per le imposte restrizioni nazionali; ovvero, ancora, avesse ad oggetto la tipica prestazione alberghiera (gli hotel e tutte le strutture di ospitalità sono aperte, sia pure scatenandosi qualche polemica interpretativa in seguito all'Ordinanza della Lombardia n. 514 del 21 marzo 2020 alla quale ha fatto seguito il d.P.C.M. 22 marzo e l'immediata successiva Ordinanza Lombardia n. 515 del 22 marzo 2020) che risulterà irricevibile per il creditore-cliente il quale, (ancora una volta) per i richiamati provvedimenti di restrizione alla circolazione delle persone, non potrà recarsi presso quella struttura ricettiva (a ricevere la prestazione).
[50] Così lasciando pienamente possibile l'adempimento di un'obbligazione pecuniaria, ma senz'altro impossibile quella avente per oggetto l'ospitalità alberghiera, l'effettuazione di un soggiorno presso un agriturismo, ecc.
In forza di una diversa ‘misura di contenimento', per medici, infermieri, operatori sanitari e tutti coloro la cui specializzazione professionale è strettamente funzionale all'attività di contrasto alla diffusione del virus sul territorio nazionale si è disposta l'inaccessibilità temporanea (e per tutta la durata prevista dagli intervenuti provvedimenti normativi) a ferie, congedi parentali e non, permessi giornalieri, ecc., si da potersi ritenere per essi prefigurato, nei relativi rapporti giuridici e con valutazione da compiersi in concreto, il fondamento giustificativo dell'inutilizzabilità o irricevibilità della prestazione (per il creditore), con esclusione, per l'effetto, della responsabilità che, in mancanza di quel fondamento (id est: formale adozione della misura di contenimento), integrerebbe un'ipotesi di mora credendi (e salvo sempre il caso in cui la prestazione non sia eseguibile al domicilio del creditore).
[51] E che, per la verità, almeno limitatamente alle attività indicate nell'art. 88, integrano, in seguito all'adozione dei provvedimenti che hanno disposto la chiusura di musei, cinema, arene, teatri, ecc. (art., 2, comma 1, lett. b) e d), d.P.C.M., 8 marzo 2020), l'impossibilità sopravvenuta anche della prestazione del debitore (non così per quelle indicate nell'art. 28 per le quali non si prescrive alcun provvedimento di chiusura).
[52] Rileva, esattamente, che la formula legislativa adottate dall'art. 28 d.l. n. 9 del 2020 «ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1463 del codice civile» non è del tutto perspicua, in ragione delle differenti modalità delle conseguenze derivanti dall'exit dal rapporto contrattuale dall'art. 28 rispetto a quelle generali valenti per la risoluzione per impossibilità sopravvenuta, F. GIGLIOTTI, Considerazioni in tema di impossibilità sopravvenuta, per emergenza epidemiologica, di prestazioni dello spettacolo e assimilate, cit., 6 s.
[53] Concetto, quello riferito nel testo, che potrebbe (insieme a quello dell'inesigibilità della prestazione da parte del locatore) coadiuvare l'analisi funzionale diretta ad accertare, caso per caso, l'incidenza dell'emergenza sanitaria nei contratti di godimento di immobili destinati alle attività commerciali, in riferimento alle quali, in forza dei divisati provvedimenti di restrizione (sia soggettivi, sia oggettivi), il conduttore potrebbe rilevare sia la soggettiva impossibilità di allontanarsi dalla propria abitazione, sia la disposta chiusura delle medesime al fine di sollecitare una rinegoziazione dei termini contrattuali, non dimenticando, evidentemente, un corretto bilanciamento con l'agevolazione statale disposta a favore di tutti gli esercenti un'attività commerciale ed avente ad oggetto un credito di imposta pari al 60% dei canoni corrisposti nel periodo di emergenza in corso (misura, quest'ultima, che si crede, non sia idonea, almeno in termini astrati, ad escludere, di per sé, il ricorso sia all'inesigibilità sia all'inutilizzabilità della prestazione).
[54] Per l'impossibilità di circolazione dovuta all'adozione delle predette misure, rendendo, quindi, irraggiungibile sia il domicilio del creditore, sia il luogo in cui il debitore avrebbe potuto adempiere la sua prestazione.
[55] Giacché, in ragione della chiusura di innumerevoli attività industriali-commerciali, il debitore potrebbe, con elevata probabilità, sia non aver ricevuto (dai suoi ulteriori debitori o per la chiusura della sua propria attività) le provviste necessarie all'adempimento ovvero non essere riuscito a recarsi presso quei luoghi (propri o di terzi) presso i quali avrebbe potuto porre in essere tutte quelle attività strumentali all'adempimento.
[56] La figura è debitrice della rielaborazione dogmatica della dottrina tedesca che, ricavandolo, in via interpretativa, dal §242 del BGB ora lo rinviene codificato (dopo il 2001) nel §275 BGB, co. 3, fortemente conformato dall'esigenza dei valori personalistici del debitore.
[57] Che, per un verso, deve rimanere distinta dalla mera difficultas praestandi, per l'altro, non dovrà, assolutamente, servire a giustificare o avallare comportamenti opportunistici di inqualificabili debitori che, letteralmente approfittando dell'emergenza, vorrebbero da essa trarre spregevoli vantaggi, condanno espressamente, in una rinnovata visione weberiana del capitalismo, coloro che si producessero in siffatte condotte oltremodo nocive e perniciose (un virtuoso appello è stato lanciato dall'imprenditore bresciano Alfredo Rabaiotti ed accolto, nelle immediatezze, da Giuseppe Pasini, presidente dellʼAssociazione industriale bresciana, e circolante in rete con #iopagoifornitori e #impreseresponsabili, in Il Sole24Ore, 8 aprile 2020, 27)
[58] Qui, evidentemente, non sarebbe il caso di intrattenersi – tra le innumerevoli questioni inerenti all'inesigibilità – neppure su quelle principali inerenti al suo fondamento giuridico – codicistico della buona fede (o, meglio, al criterio omogeneo della diligenza funzionale alla valutazione del comportamento: G. ROMANO, Interessi del debitore e adempimento, Napoli, 1995, 116, ed ivi la lunga nt. 83) o costituzionale della solidarietà – ovvero al suo ambito di applicazione limitato o meno alle sopravvenienze non-patrimoniali incidenti sul rapporto obbligatorio.
[59] G. ROMANO, Equilibrio e meritevolezza nel rapporto obbligatorio. (A proposito della inesigibilità della prestazione), in AA.VV., I rapporti civilistici nell'interpretazione della Corte costituzionale. Iniziativa economica e impresa, III, Napoli, 2007, 35: «il concetto di inesigibilità è destinato ad operare come limite di un potere ovvero come causa di esclusione della doverosità della condotta o, infine, come criterio di giustificazione dell'inadempimento (in quest'ultimo caso, disegnando l'elemento di cesura tra le [norme] contenute negli artt. 1176 e 1218 c.c.)»; nonché, in termini densi e problematici, in G. Romano, Interessi del debitore e adempimento, cit., 70 ss.
[60] La situazione d'emergenza è stata positivamente prevista nella richiamata deliberazione del CDM 31 gennaio 2020, e successivamente è stata formalmente qualificata, per mezzo del suo Direttore generale, nella conferenza stampa del 11 marzo 2020, dall'OMS, come “pandemia”, dopo che la medesima Organizzazione aveva dichiarato, il 30 gennaio 2020, che si trattava di un'«emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale».
[61] Lo rileva anche A.M. BENEDETTI, Il «rapporto» obbligatorio al tempo dell'isolamento: una causa (transitoria) di giustificazione)?, cit., 8.
[62] Così, a titolo esemplificativo, rinviando alle relative disposizioni normative l'elencazione esaustiva, per le ipotesi di contratti aventi ad oggetto i c.d. “pacchetti turistici”, di contratti di viaggio con qualsivoglia vettore, ecc.
[63] Art. 28 d.l. 2 marzo 2020, n. 9, e art. 88 d.l. 17 marzo 2020, n. 18.
[64] R. SACCO-G. DE NOVA, Il contratto, Torino, 2016, 1702 ss., 1708 ss.; V. ROPPO, Il contratto, in Tratt. dir. priv., diretto da G. IUDICA-P. ZATTI, Milano, 2011, 963 ss.; R. TOMMASINI, Revisione del rapporto (diritto privato), in Enc. dir., XL, Milano, 1988, 104 ss.; E. GABRIELLI, Dottrine e rimedi nella sopravvenienza contrattuale, in www.juscivile.it, 1 ss.
[65] Si pensi a quella relativa ai difetti di conformità della vendita di cui all'art. 130 ss. cod. cons.
[66] Invero – per quanto l'art. 88, comma 4, espressamente lo preveda – la divisata logica manutentiva parrebbe essere direttamente collegata all'emergenza in corso nel nostro Paese (almeno per quanto sembra emergere dalla lettura dei disposti normativi che la introducono), sì da probabilmente collegarne le sorti giuridiche agli stessi tempi di durata della pandemia.
[67] Ma altresì a tutela di tutte le imprese che in esse operano.
[68] E così, accogliendo l'invito, F. GIGLIOTTI, Considerazioni in tema di impossibilità sopravvenuta, per emergenza epidemiologica, di prestazioni dello spettacolo e assimilate, cit., 8 s., che pure opta per il secondo ramo dell'alternativa proposta nel testo.
[69] Sia pure fortemente conformata, non solo dal principio generale di conservazione degli atti giuridici, bensì anche alla stregua di un più consapevole ricorso ai valori costituzionali ed alle clausole generali che su quell'astratta binarietà hanno inciso in funzione applicativa alle specificità assiologiche emergenti dal caso concreto.
[70] Peraltro, la facoltà alternativa di esecuzione della prestazione restitutoria concessa al debitore, consentendogli di «procede[re] al rimborso del corrispettivo versato (…) ovvero all'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno», è prevista unicamente dall'art. 28, là dove l'art. 88 prevede esclusivamente la modalità dell'emissione del voucher: in entrambi i casi segnandosi quella significativa distinzione rispetto alle modalità indicate dall'art. 1463 alla cui stregua parrebbe ragionevole ipotizzarsi la formale ricezione di mutamento nell'approccio alla dimensione rimediale da parte dello stesso legislatore che, come indicato nel testo, dalla purezza della risoluzione codicistica giunge alla flessibilità sottesa alla logica manutentiva del rapporto .
[71] Funzionale e non strutturale come autorevolmente precisa A. DI MAJO, Debito e patrimonio nell'obbligazione, cit., 23 ss.
[72] Sulla distinzione tra debito e responsabilità, almeno, M. GIORGIANNI, L'obbligazione, Milano, 1968, 176 ss.; e, nella trattatistica, C.M. BIANCA, Diritto civile, 4, L'obbligazione, Milano, 2000, 26; nonché V. ROPPO, Responsabilità patrimoniale, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1043 ss.
[73] Per la verità l'art. 91 fa espresso riferimento alle sole «misure di contenimento di cui al presente decreto» e non anche a tutte quelle che, nel rapido susseguirsi dei provvedimenti normativi (non solo altri Decreti-legge, bensì anche d.P.C.M. e Ordinanze regionali) e per il persistente periodo di crisi, le competenti autorità stanno via via adottato. È ragionevole, nondimeno, ipotizzare che alla disciplina in esso individuata possa ricondursi una valenza generale, sì che anche altre ulteriori e diverse misure «di contenimento» che fossero state adottate o saranno adottate, in altri contesti normativi, per far fronte alla crisi sanitaria, potranno verosimilmente essere ritenute del pari incidenti sulla relazione debito/responsabilità.
[74] C. CASTRONOVO, La relazione come categoria essenziale dell'obbligazione e della responsabilità contrattuale, in Eu. dir. priv., 2011, 70 ss.
[75] Qui la diligenza è evocata (in termini “impropri”) quale predicazione, qualificazione del comportamento del debitore (non già per configurare il comportamento medesimo), si da escludere ogni perplessità sovveniente dalla sua ricollocazione euristica nella sfera di analisi soggettiva inerente al profilo della responsabilità
[76] Pur sempre individuato e calibrato alla stregua delle coordinate concrete provenienti dagli interessi che nel rapporto giuridico hanno ricevuto composizione
[77] M. GIORGIANNI, L'inadempimento. Corso di diritto civile, 1959, Milano, III ed. riv., 1975, 228 ss.
[78] L. MENGONI, Responsabilità contrattuale, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 1089 ss.; A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1988, 64 ss.
[79] A. DI MAJO, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, 79-80; già, nello scritto ormai classico, L. MENGONI, Obbligazioni di «risultato» e obbligazioni «di mezzi», in Riv. dir. comm., 1954, I, 185 ss., 280 ss., 366 ss.; nonché ID., L'oggetto della obbligazione, in Jus, 1952, 156 ss.; ID., La parte generale delle obbligazioni, ora in ID., Scritti; II, Obbligazioni e negozio, Milano, 2011, 294 ss.; una pregevole trattazione in G. ROMANO, Equilibrio e meritevolezza nel rapporto obbligatorio, cit., 23 ss.
[80] A. DI MAJO, Le tutele contrattuali, cit., 80 richiamandosi espressamente a L. MENGONI, Responsabilità precontrattuale, cit., 1091, il quale discute pure di «limite di sacrificio»; nonché Id., Le obbligazioni nel pensiero di Luigi Mengoni, in Eu. dir. priv., 2012, 119 ss.
[81] In accordo a tutto l'orientamento ormai definitivamente consolidato in dottrina e in giurisprudenza, sì da destinarsi alla storia quella vigorosissima disputa (talvolta più costruita che effettivamente verificata nelle linee ricostruttive dei rispettivi autori e, principalmente,) tra G. Osti e L. Mengoni (sulla quale almeno C. CASTRONOVO, La responsabilità per inadempimento da Osti a Mengoni, in Eu. dir. priv., 2008, 1 ss.; più di recente, G. D'AMICO, La responsabilità contrattuale: attualità del pensiero di Giuseppe Osti, in Riv. dir. civ., 2019, 1 ss.), poi successivamente rinnovatasi, sull'individuazione della natura dell'impossibilità di cui all'art. 1218 c.c, tra oggettività assoluta e soggettività relativizzante
[82] Concetto ben noto e magistralmente rappresentato già da N. COVIELLO, Del caso fortuito in rapporto all'estinzione delle obbligazioni, Lanciano, 1895, 93 ss., il quale, a sua volta, subiva, evidente, l'influenza della dottrina germanica del di fine ottocento e inizio novecento del secolo scorso
[83] Mutuando qui quanto perspicace dottrina ha ritenuto di poter configurare con riferimento alla crisi economica e finanziaria del 2008: G. Grisi, L'inadempimento di necessità, in Le obbligazioni e i contratti nel tempo della crisi economica, cit., 281 ss., a sua volta influenzata dallo “stato di necessità” prefigurato da N. COVIELLO, La responsabilità senza colpa, in Riv. it., sc. giur., XXIII, 1897, 209.
[84] Ma cfr., le diverse impostazioni di L. MENGONI, Responsabilità contrattuale, cit., 1077, e A. DI MAJO, Debito e patrimonio nell'obbligazione, cit., 31 ed ivi nt. 7.
[85] Alla cui stregua dovrà determinarsi in concreto il contenuto della condotta necessaria, nel caso specifico, al fine della soddisfazione dell'interesse del creditore. La buona fede, pertanto, opererà sul piano della condotta incidendo sul profilo dell'esigibilità o inesigibilità della prestazione (id est: del comportamento del debitore). E rimarrà definitivamente distinta dalla diligenza alla quale si ricorrerà allorquando sarà oggetto di valutazione il comportamento del debitore ai fini della determinazione dell'esonero dalla eventuale responsabilità.
Senza che qui sia utile approfondire la assai complessa e dibattuta controversia in merito alla questione, alla quale sottende una differente impostazione culturale, se la buona fede sia essa stessa fonte originaria per la rilevanza degli interessi personalistici del debitore che sovvengono, nella fase di attuazione del rapporto obbligatorio, a determinare il contenuto concreto della prestazione ovvero se essa sia soltanto una clausola generale di apertura del sistema codicistico al modello della legalità costituzionale, filtrando, nel momento interpretativo-assiologico, i preminenti principi costituzionali di natura personalistica; questione che, come si sarà intuito, evocherebbe, altresì, quella dell'applicazione diretta dei principio costituzionali nei rapporti privatistici.
[86] Lo sottolinea, da tempo, con vigore P. PERLINGIERI, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall'adempimento, cit., 454, ove si evidenzia come l'innesto nella disciplina dell'obbligazione (preminentemente declinata alla stregua di valori patrimonialistici) dei principi costituzionali sia «la via da seguire per umanizzare e socializzare l'attuazione della disciplina dell'impossibilità della prestazione attribuendole contenuti che si ispirano anziché alla fredda logica della produttività, alla logica del rispetto della dignità e della personalità dei soggetti».
[87] Inteso qui come criterio alla cui stregua scriminare la responsabilità del debitore e, quindi, operante sul diverso piano di valutazione rispetto a quello riservato alla clausola generale di buona fede.
[88] La formulazione della disposizione nel riferirsi all'avverbio sempre in relazione con l'attività di valutazione dell'autorità giudiziaria potrebbe far sorgere qualche perplessità sull'ambito operativo della medesima. Se cioè essa incida sul piano sostanziale dell'obbligazione, come si è cercato di rappresentare nel testo, ovvero se la medesima abbia una più estesa portata di natura processuale, per indicare una eccezionale estensione dei poteri istruttori del giudice. Il quale – di là dalla deduzione in giudizio della vicenda dell'emergenza sanitaria ad opera delle parti e dalla domanda di valutare la relazione tra le adottate misure di contenimento e l'eventuale esonero da responsabilità per inadempimento – sarebbe dalla medesima disposizione autorizzato (se non addirittura tenuto), in deroga al principio della domanda, a rilevare ex officio la possibile divisata relazione, ai fini della decisione del conflitto di interessi sottoposto al suo vaglio.
[89] Come per vero in ogni rapporto obbligatorio di fonte contrattuale.
[90] A. DI MAJO, Obbligazioni e tutele, Torino, 2019, 100 ss.
[91] M. MAGGIOLO, Una autentica solidarietà sociale come eredità del coronavirus: per una diversa destinazione dei risarcimenti del danno alla salute, cit., 5.
[92] A.M. BENEDETTI, Il «rapporto» obbligatorio al tempo dell'isolamento: una causa (transitoria) di giustificazione)?, cit., 8.
[93] F. Macario, Per un diritto dei contratti più solidale in epoca di “coronavirus”, in Giustiziacivile.com, 17 marzo 2020, 1 ss., spec. 7-8, anche per il successivo virgolettato.
[94] Sul punto illuminante la lettura di M. JORI, Del diritto inesistente. Saggio di metagirisprudenza descrittiva, Pisa, 2010, passim.
[95] L. RAISER, Il compito e la responsabilità del giurista nella società, in Id., Il compito del diritto privato, Milano, 1990, 195 ss.
[96] A. BONOMI, La vita nuda rivela di quale comunità abbiamo bisogno, cit., 15.
[97] Unendoci così all'accorato appello di M. PACIONI, La scelta di vivere o sopravvivere in tempo di pandemia, in Il Manifesto, 8 aprile 2020, 11.
[98] Come suggestivamente di ricorda L. MANICARDI, Memoria del limite. La condizione umana nella società postmortale, Milano, 2011, passim.
[99] Estremamente allarmanti le riflessioni che al riguardo sollecita la lettura dell'appassionata pagina di M. CACCIARI, De produndis Europa, in www.libertaegiustizia.it, 2 aprile 2020; M. VOLPI, Gli effetti del coronavirus e lo stato di emergenza, cit.
[100] Evidente il riferimento al contributo «Perché la storia continui». Appello per una Costituzione della Terra, a firma di R. LA VALLE-L. FARRAJOLI-V. ONIDA-R. NOGARO-MADDALENA-M. GUGLIELMI-R. PETRELLA e altri, in Il Manifesto, 27 dicembre 2019.
[101] Le espressioni sono prese in prestito da A. BONOMI, La vita nuda rivela di quale comunità abbiamo bisogno, cit., 15.