Sommario:
- 1. Il patto di lavoro agile: riflessioni preliminari.
- 2. La gestione del lavoro agile: coordinare e controllare una prestazione “esterna”.
- 3. Il controllo esterno.
- 4. (Segue): la disciplina del controllo ex art. 4 l. n. 20 maggio 1970, n. 300.
- 5. (Segue): La disciplina del controllo nell'art. 21 l. n. 22 maggio 2017, n. 81.
La l. 22 maggio 2017, n. 81 introduce nell’ordinamento il cd. lavoro agile, cioè una “nuova” «modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato», che si caratterizza per essere “concordata” particolarmente con riferimento all’organizzazione del lavoro e ai poteri datoriali (artt. 16 e 18).
La peculiarità di questa fattispecie si nota immediatamente proprio per la sua incisività sul lato attivo del rapporto. Notoriamente l’imprenditore, nell’impresa, è soggetto dotato di una posizione di supremazia rispetto al prestatore, il quale deve sottostare al potere direttivo del primo (artt. 2094-2104, comma 2, c.c.). Proprio in ciò la normativa incide notevolmente, stabilendo che il patto di lavoro agile «disciplina l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’interno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo» (art. 16) e che «disciplina l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300» (art. 18).
Sembrerebbe che la l. n. 81 del 2017 incida sulla fattispecie lavoro subordinato al punto da permettere al lavoratore di condizionare pattiziamente i poteri datoriali.
Concentrandosi qui solo sul controllo, va notato come la norma, nel richiamare i limiti dell’art. 4, sembrerebbe distinguere quest’ultimo limite al controllo da quello ex art. 18; inoltre, sul piano formale, l’art. 18 fa riferimento al controllo «sulla prestazione» e non sull’«attività del lavoratore» (ex art. 4); infine, se l’art. 18 specificasse l’art. 4, allora renderebbe pattizio ciò che normalmente è espressione della supremazia dell’imprenditore.
Ciò posto, si deve verificare se l’art. 18 presenti una forma particolare di controllo “esterno”.
Guardando all’art. 15 comma 1, si può ritenere che il controllo ex art. 18 configuri un vero e proprio potere di controllo che esorbita i limiti dell’organizzazione imprenditoriale , nella parte in cui il lavoro agile non trova «precisi vincoli di orario o di luogo» se non i «limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale», entro i quali, propriamente, il controllo dell’imprenditore risulta legittimo, in quanto funzionale a garantire l’esatto adempimento della prestazione; infatti, nel lavoro agile, similmente a quanto avviene per il lavoro autonomo, la prestazione si presenta come obbligazione di risultato, nelle quali il controllo avviene tipicamente sul prestato (appunto il risultato) e non sulla prestazione.
Oltre a ciò si deve verificare se la norma sia diretta a incidere sul diritto di proprietà del lavoratore, se cioè il controllo, oltre che sugli strumenti di lavoro di cui l’imprenditore dota il collaboratore (art. 15, comma 2) possa, pattiziamente, operare sugli strumenti siano propri del lavoratore (come sembra permettere l’art. 15).
Obiettivo della presente indagine è verificare se le due ipotesi precedenti possano trovare risposta affermativa e, in tal caso, quale sarebbe il riflesso del controllo “esterno” sulla sfera privata del lavoratore, anche considerando che questa conclusione potrebbe rimettere in discussione la qualificazione del lavoro agile quale mera modalità di prestazione subordinata.