Da qualche settimana il nostro Paese è risucchiato nel vortice di un'emergenza di immani proporzioni rispetto alla quale misure urgenti sono state adottate per arrestare l'invasione di un nemico infinitamente piccolo eppure potentissimo, privo di sembianze umane, che si serve di umani per proliferare. Si tratta di un'emergenza sui generis che scardina il paradigma schmittiano dell'amico-nemico per il quale un fronte compatto di amici noti e riconoscibili si mobilita contro un nemico esterno, conosciuto e individuabile. Qui il nemico è potenzialmente l'amico, il collega, il familiare, il conoscente, lo sconosciuto che sia pure distrattamente incrociamo. Ci si scopre di colpo vulnerabili e soli, – la quarantena individuale ce lo sta dimostrando – e facili prede di un attacco neppure percepito quando è sferrato dal contagio ad opera di un'entità che ha il beneficio dell'invisibilità. Il timore dell'altro la fa hobbesianamente da padrone.
Un paradigma di incredibile irrealtà accompagna i nostri giorni che scorrono al ritmo più lento delle lancette delle dimore domestiche nelle quali milioni di italiani, rannicchiati nella sola dimensione intima e privata, sentono rinvigorita la percezione della bellezza e della vitalità dello spazio pubblico della condivisione sociale. Quando il sipario della vita relazionale e sociale viene letteralmente e brutalmente strappato di scena, lasciandoci in mano soltanto il tessuto sia pure prezioso delle relazioni private, per contrastare questa battaglia che si consuma tra la vita e la morte sono più che mai necessari i richiami al senso di responsabilità e solidarietà.
La nostra è una battaglia per la quale non si richiede al comune cittadino lo sforzo eroico di combattere in prima linea, ma quello molto più mite, eppure non trascurabile, di attuare da un lato comportamenti responsabili confacenti alle indicazioni del governo, che da giorni richiama ad una drastica limitazione dei contatti col mondo esterno e, dall'altro lato, comportamenti solidali che possono consistere in donazioni di somme di denaro finalizzate a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus. Ciò è quanto è previsto dall'art. 99d.l.17 marzo 2020, n. 18. A tal fine, il Governo autorizza il Dipartimento della protezione civile ad aprire uno o più conti correnti bancari per la raccolta delle somme di denaro.
Di questa raccolta può avvalersi a norma dell'art. 122 del Decreto, il Commissario straordinario per l'emergenza il quale attua e sovrintende «a ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza sanitaria, organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l'emergenza stessa, o comunque necessario in relazione alle misure adottate per contrastarla, nonché programmando e organizzando ogni attività connessa, individuando e indirizzando il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie, individuando i fabbisogni, e procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale».
Il Commissario è legittimato a porre in essere ogni intervento utile per preservare e potenziare le filiere produttive dei beni necessari per il contrasto e il contenimento dell'emergenza e per la medesima necessità, sempre a norma dell'art. 122, «può provvedere alla costruzione di nuovi stabilimenti e alla riconversione di quelli esistenti per la produzione di detti beni tramite il commissariamento di rami d'azienda, anche organizzando la raccolta di fondi occorrenti e definendo le modalità di acquisizione e di utilizzazione dei fondi privati destinati all'emergenza, organizzandone la raccolta e controllandone l'impiego secondo quanto previsto dall'art. 99».
Se il virus sta recidendo il legame sociale, strappando tanti cari ad affetti ed amici, silenziando piazze, parchi, lungomari, ristoranti, pub, bar, e altri luoghi di ritrovo, la donazione di una somma di denaro può contribuire a riparare le drammatiche brecce che dal Nord al Sud della penisola ci tengono blindati dietro le nostre porte di casa e, in caso di contagio asintomatico, addirittura dietro la porta di una stanza solitaria.
Più vicini che mai, possiamo tuttavia sentirci combattendo da casa in una forma invisibile eppure dotata di gran valore sociale, perché le donazioni di denaro sono destinate a proteggere chi lotta in prima linea sul fronte sanitario, a procurare alle migliaia di malati tutto quanto possa essere vitale per la loro salvezza e a sostenere il settore produttivo sottoposto ad una durissima prova di resistenza.
Come mai prima d'ora dal 1945 ad oggi, il nostro Paese si raccoglie in un sentimento di unità nazionale nella consapevolezza che sfide di questo genere si contrastano e si vincono con la forza dell'unione. La solidarietà, come ricordava Stefano Rodotà in uno dei suoi ultimi lavori, è quel principio volto a «scardinare barriere, a congiungere, a esigere il riconoscimento reciproco e così a permettere la costruzioni di legami fraterni».
L'inno nazionale così tanto evocato in questi giorni ci richiama appunto alla fraternità e dunque alla solidarietà. In un tempo difficile come il nostro, il riferimento a questo “fondamentale” principio costituzionale ci consente di sottrarci alla nuda logica del realismo della malattia che divide e separa. Un tessuto solidale che è ricucito e rafforzato sia pure a distanza con le donazioni personali può contribuire ad innescare una rivoluzione sociale di cui il nostro Paese ha bisogno. «Che cosa devo fare?» è la domanda morale per eccellenza – ci ricorda Kant – che in tempi di emergenza assume toni non meno perentori.
A fronte di un darwinismo sociale ispirato alla “cultura dello scarto” che accetta la perdita dei più deboli e pare al momento imperante in altri Stati, l'ispirazione sociale dello Stato italiano è volta a massimizzare gli sforzi di tutti affinché nessuno sia abbandonato o lasciato solo a sé stesso, soprattutto se debole e fragile. Ma questi sforzi hanno bisogno di una cittadinanza sociale attiva, che voglia svolgere la propria anche piccola parte in questa vicenda che segnerà sicuramente il corso della storia nazionale e certamente anche mondiale.
In tutto ciò è in gioco, sebbene sia percepibile solo a distanza, anche la tenuta del sistema democratico perché come ricorda Gustavo Zagrebelsky, «la democrazia è la forma di vista comune di essere umani solidali tra loro. Ciò è espressione dell'idea di virtù repubblicana di Montesquieu, di quell'amore per la cosa pubblica che presuppone disponibilità a mettere in comune qualcosa di sé, anzi il meglio di sé: tempo, capacità, risorse materiali. Tutto ciò costituisce un patrimonio di tutti, res publica per l'appunto, senza il quale non vi potrebbe essere né repubblica, né quella forma di repubblica che è democrazia».
La solidarietà democratica è il principio che per eccellenza, mirando a rafforzare l'interdipendenza sociale, ha “cura dell'altro”. Si ha bisogno pertanto di un “diritto fraterno” nel quale si riuniscano gli sforzi degli italiani per liberare dal timore del contatto e del contagio. La solitaria lotta alla sopravvivenza non è mai stata politicamente vincente, ce lo ha insegnato Hobbes; per prosperare uno Stato ha bisogno però di essere libero dalla paura e per questo il principio di solidarietà cura un paese non soltanto materialmente, ma anche emotivamente e psicologicamente.
Potremmo così assistere alla rivincita della società contro le forze virulente che ci stanno costringendo in quella Caverna di Saramago in cui l'isolamento e la virtualità dell'esperienza prendono il posto della relazione sociale, soffocano l'alito della libertà attraverso un “processo di sottrazione” al prossimo, alla natura, al mondo.
Sarà bello poter pensare, a tempesta scampata, di aver contribuito con una donazione, a lenire dell'Italia sia pure una delle tante ferite che adesso la piagano. Richiamando in conclusione una bellissima pagina de La Caverna si legge che «a volte bisogna cercare ciò di cui si ha bisogno in quello che pensavamo non servisse più». Ripensando alla solidarietà, ci auguriamo di poter dire che «[c]iò che sembrava unico era plurale, ciò che è plurale lo sarà ancora di più».
Riferimenti bibliografici.
G. ALPA, Solidarietà, in Nuova giurisprudenza civile commentata, II, 1994, 373 ss.; M-C. BLAIS, La solidarité. Histoire d'une idée, Paris, 2007; M. BORGETTO, Fraternité, in Dictionnaire de la culture juridique, Paris, 2003, 753 ss.; F.D. BUSNELLI, Solidarietà: aspetti di diritto privato, in Iustitia, 4, 1999, 435 ss.; P. COSTA, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa. 3. La civiltà liberale, Roma-Bari, 2001; L. FERRAJOLI, Dei diritti e delle garanzie. Conversazione con Mauro Barberis, Bologna, 2013; T. HOBBES, Elementorum philosophie sectio tertia. De cive [1642], nella versione italiana De cive. Elementi filosofici sul cittadino, Roma, 2005; ID., Leviathan or The Matter, Forme and Power of a Common Wealth Ecclesiastical and Civil [1651], nella versione italiana, Il leviatano, o la materia, la forma e il potere di uno stato ecclestiatico e civile, Milano, 2011; E. RESTA, Il diritto fraterno, Roma-Bari, 2005; S. RODOTÀ, Solidarietà. Un'utopia necessaria, Roma-Bari, 2014; J. SARAMAGO, A Caverna,Caminho, Lisboa, 2000, ed. it.,La caverna, Torino, 2000; C. SCHMITT, Der Begriff des Politischen, [1932], nella versione italiana si v. insieme alla raccolta di altri saggi Schmittiani Le categorie del ‘politico', Bologna, 2014; G. ZAGREBELSKY, Imparare democrazia, Torino, 2007.