Sommario:
1. Premessa.
Nel quadro dell'emergenza sanitaria e socioeconomica in atto, lo smart working (rectius, il lavoro agile)ha, come noto, assunto i contorni della «modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa», nella Pubblica Amministrazione, ma anche nelle imprese private, la cui attività può, almeno in parte, essere svolta da remoto, nonostante la generalizzata sospensione del sistema produttivo e commerciale (d.P.C.M. 22 marzo 2020).
Attraverso il presente contributo non si intende richiamare la disciplina sul punto dettata dai vari D.P.C.M. tempo per tempo intervenuti [in specie art. 2, comma 1, lett. r), d.P.C.M. 8 marzo 2020 e art. 1, n. 7), lett. a), d.P.C.M. 11 marzo 2020] e, almeno in parte, dal d.l. 17 marzo 2020, n. 18; né si ambisce a fornire una trattazione esaustiva in punto di salute e sicurezza sul lavoro svolto con modalità agili.
In questa sede, si vuole piuttosto proporre alcuni spunti di riflessione e delle mirate considerazioni operative, attorno ai profili di prevenzione e gestione dei rischi psicosociali intrinsecamente connessi allo smart working, praticato in un contesto “fragile”, ad elevata criticità diffusa, qual è quello di una pandemia, che costringe al distanziamento sociale.
Il ragionamento prende le mosse dalla presa di coscienza circa l'utilità (se non la necessità) di riferimenti e linee-guida, che accompagnino il datore di lavoro (ma anche il lavoratore) nell'efficace attuazione di modalità di lavoro agili, attivate per far fronte all'emergenza da COVID-19. Ebbene, proprio in tale peculiare contesto pandemico, interessanti spunti di riflessione paiono offerti dalla documentazione prodotta dall'Istituto Nazionale Spagnolo per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro, disponibile in open access sul sito www.insst.es, intitolata: “Prevención de riesgos psicosociales en situación de trabajo a distancia debida al covid-19. Recomendaciones para el empleador”. Attraverso l'apertura di un piccolo scorcio sull'esperienza spagnola, possono essere invero colti utili elementi di ispirazione – per così dire “traslabili” anche nell'ordinamento italiano – che possano auspicabilmente orientare il datore di lavoro nell'implementazione di un modello di smart working emergenziale, efficace e sostenibile.
2. Le linee-guida offerte dal modello spagnolo.
Nel quadro della dilagante pandemia da coronavirus, l'Istituto Nazionale Spagnolo per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro (INSST) ha stilato un insieme di puntuali raccomandazioni rivolte ai datori di lavoro, tese a prevenire e gestire i rischi psicosociali connessi alla situazione emergenziale di lavoro a distanza, dovuta al COVID-19.
L'Istituto presenta, anzitutto, un elenco di comportamenti di base, che dovrebbero costantemente ispirare il datore di lavoro nel suo rapportarsi ai propri dipendenti “distanti”: sviluppare una certa consapevolezza e conoscenza del fenomeno; essere gentili ed empatici nei confronti dei lavoratori, cercando di “proteggerli” (per quanto possibile) “dalla paura e dall'incertezza del lavoro”, mantenendo un costante canale di comunicazione con loro, informandoli in modo preciso e aggiornato, senza “stigmatizzare” e colpevolizzare i lavoratori eventualmente contagiati.
Condotte queste molto elementari che, prima facie, possono financo apparire pleonastiche o non degne di nota, ma che, in un contesto emergenziale di distanziamento fisico, paiono invece non scontate e meritevoli di considerazione, nell'ottica della virtuosa gestione dello smart working.
Con riferimento, poi, alla dimensione propriamente organizzativa del lavoro, l'INSST procede ad individuare una serie di circostanze fattuali proprie della specificità del momento, che risultano idonee a limitare il concreto svolgimento della prestazione di lavoro a distanza. Si pensi, invero, alla “novità” dell'ambiente di lavoro, alle criticità derivanti dall'isolamento e dal distanziamento sociale, dal timore delle incertezze lavorative socioeconomiche, nonché a quelle connesse alla condivisione degli spazi e delle risorse tecnologiche tra più persone, con esigenze e bisogni, in parte, sovrapponibili e, in altra parte, fortemente discordanti (si pensi al caso di famiglie con figli minori o con persone anziane a carico).
Ebbene, tutti questi elementi – che, di per sé, potrebbero financo essere considerati secondari – nel loro insieme e nel contesto emergenziale di specie, sono evidenziati dall'Istituto, in funzione del particolare sforzo datoriale che richiedono, in termini di comprensione, flessibilitàe informazione ai lavoratori.
E invero, proprio l'instaurazione e l'alimentazione di un efficace canale di comunicazione con i lavoratori rappresenta una priorità assoluta per i datori di lavoro, chiamati a condividere con i propri dipendenti a distanza, i cambiamenti generali in atto, la pianificazione degli “incontri” e la calendarizzazione delle call, le modifiche organizzative e le procedure interne mutate per effetto dell'emergenza, l'evoluzione della specifica posizione contrattuale del singolo lavoratore.
In altri termini, l'Istituto Nazionale Spagnolo per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro suggerisce ai datori di mantenere un approccio inclusivo e interattivo nei confronti dei lavoratori, informandoli, sebbene senza eccessi, dosando il flusso di notizie, sollecitando anche l'espressione di opinioni e punti di vista, nonché rispondendo con chiarezza e trasparenza ad eventuali dubbi posti dai lavoratori.
Affianco al “pilastro” della comunicazione e dell'informazione, l'Istituto fornisce, poi, un decalogo di azioni strategiche, sotto il profilo prettamente organizzativo del lavoro: il datore di lavoro è, invero, chiamato a provvedere alla dotazione degli strumenti tecnologici necessari al lavoro a distanza, a razionalizzare i carichi di lavoro (stabilendo anche termini e scadenze ragionevoli), selezionando e assegnando – specificamente e tempestivamente – le attività da svolgere, ordinandole in base ad un criterio di essenzialità (rinviando ciò che non lo è). E ancora: vengono considerate azioni essenziali – tra le altre – la facilitazione delle comunicazioni tra i lavoratori (individuali e/o di gruppo, anche per il tramite di social network), la fissazione di un orario di disponibilità nel quale poter essere raggiunto dai lavoratori, ai quali è auspicabile che sia riconosciuta la possibilità di organizzare il proprio lavoro e il proprio tempo, in modo da conciliare le proprie necessità.
Un dato significativo che traspare sul punto è quello della motivazione e dell'empatia: l'Istituto suggerisce espressamente ai datori di lavoro di fare in modo che i lavoratori non si sentano soli, anche e soprattutto attraverso un marcato orientamento al problem solving, il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro svolto (con feedback accurati), nonché attraverso l'attivo coinvolgimento delle figure dirigenziali che, in concreto, provvedono a specificare la prestazione di lavoro.
Può, dunque, ben dirsi che, in un simile momento di criticità, il datore di lavoro è chiamato a “prendersi cura” dei propri lavoratori. Tale profilo si coglie, del resto, anche nella previsione di un'ulteriore sollecitazione: quella ad “occuparsi” della salute psicosociale dei lavoratori, fornendo loro raccomandazioni e norme comportamentali di carattere sanitario (provenienti da fonti sicure, ufficiali e istituzionali), promuovendo la consapevolezza degli smart workers circa l'impatto emotivo e il benessere emotivo della situazione, favorendo la “sopportazione” del confinamento, la conoscenza e la gestione dello stress, nonché la pianificazione di una routine con una pianificazione oraria di massima. Ulteriore aspetto nevralgico, valorizzato nella documentazione dell'Istituto Spagnolo risiede nella promozione di una corretta ergonomia, sia nell'allestimento che nell'organizzazione della postazione di lavoro: si pensi all'illuminazione e alla postura, nonché all'esercizio fisico da svolgere, al rilassamento (anche mediante il ricorso a tecniche di respirazione e meditazione), alla corretta alimentazione, alle misure di prevenzione dello stress in generale, etc.
L'Istituto sollecita, quindi, i datori di lavoro a somministrare informazioni, istruzioni, raccomandazioni sanitarie, al fine di alimentare quella comunicazione sopra accennata e, soprattutto, al fine di conseguire lo sviluppo, da parte dei prestatori di lavoro, di un fondamentale senso di consapevolezza nella gestione di questo delicatissimo passaggio della vita, personale e professionale.
In un certo qual modo, attraverso le azioni, gli accorgimenti e i comportamenti sin qui considerati, si auspica che – almeno nel rapporto lavoristico a distanza – il datore di lavoro e il lavoratore possano colmare o, quantomeno, accorciare quel distanziamento sociale, riducendolo ad un solo distanziamento fisico. La componente relazionale e sociale, che passa anzitutto da un'informazione consapevole e corretta, riemerge dall'isolamento che caratterizza questa fase “sospesa” dell'esistenza, attraverso un insieme di azioni pro-attive: l'attivo coinvolgimento del datore di lavoro nell'accompagnare il lavoratore nel lavoro a distanza, facilitando lo sviluppo di consapevolezza circa i rischi connessi alla specifica modalità e allo specifico contesto di riferimento, la trasmissione ai lavoratori dell'importanza di essere positivi, di sostenersi gli uni con gli altri, di compiere piccoli gesti di solidarietà, di rimanere attivi (focalizzandosi su ciò che può essere fatto), di riconoscere e accettare le emozioni (senza, però, risultare sopraffatti dalle stesse), e, ove possibile, assicurando anche forme di supporto psicologico.
3. Riflessioni conclusive.
Molteplici sono gli spunti di riflessione che scaturiscono dal sintetico esame delle linee-guida offerte dall'Istituto Nazionale Spagnolo per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro: come detto in apertura, esse paiono integralmente traslabili, senza neppure bisogno di particolari adattamenti, al contesto italiano, con riferimento al quale – ad avviso di chi scrive – si registra un “gap informativo” di non trascurabile rilievo.
E invero, come disposto dall'art. 2, comma 1, lett. r), d.P.C.M. 8 marzo 2020, in materia di sicurezza del lavoro agile, «gli obblighi di informativa di cui all'art. 22 della legge 22 maggio 2017, n. 81, sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell'Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro».
A ben vedere, però, le indicazioni fornite in tale documentazione INAIL (www.inail.it) presentano ampi margini di integrabilità, in ragione di ciò, che, se si presta attenzione alla struttura e ai contenuti dell'informativa sulla salute e sicurezza nel lavoro agile fornita dall'Istituto Italiano, non può che registrarsi la sostanziale assenza di considerazione per quelli che sono i rischi psicosociali derivanti dal ricorso alle modalità agili di svolgimento della prestazione.
Richiamati a tratto generale alcuni principi sistematici del sistema della sicurezza sul lavoro ex d.lgs. n. 81 del 2008, l'informativa si focalizza piuttosto sui «comportamenti di prevenzione generale richiesti allo smart worker», su alcune raccomandazioni generali per i locali, l'illuminazione, l'aerazione, il rischio incendi, l'impianto elettrico e l'utilizzo delle attrezzature di lavoro (in specie, notebook e smartphone).
Tale gap pare meritevole di integrazione, in specie, a fronte della molteplicità di fattori stressogeni che scaturiscono dall'eccezionale contesto di emergenza, nel quale il lavoro agile viene ad essere reso, nell'isolamento domiciliare imposto dall'esigenza di contenimento della diffusione del virus.
E invero, se è vero, come è vero, che l'impianto generale del sistema di salute e sicurezza sul lavoro di cui al d.lgs. n. 81 del 2008 necessita di essere calato nello specifico contesto del lavoro agile (cfr. art. 22, l. n. 81 del 2017 e, in generale per i “lavoratori a distanza”, v. art. 3, comma 10, d.lgs. n. 81 del 2008), è altrettanto vero che un'ulteriore opera di adattamento pare necessaria, con riferimento alla fattispecie emergenziale del lavoro agile da COVID-19.
Pare, cioè, necessario adeguare l'informativa sulla sicurezza all'emergenza, considerando anzitutto i rischi psicosociali connaturati allo svolgimento in casa della prestazione di lavoro, con i vari profili di criticità e “fragilità” derivanti: si pensi, a mero titolo d'esempio, al totale isolamento o, per contro, alla coabitazione forzata con persone, pur appartenenti al medesimo nucleo familiare, portatrici di interessi ed esigenze tra loro anche molto distinte; alle complessità derivanti dalla chiusura delle scuole di ordine e grado, che comporta a cascata esigenze di cura dei figli minori, da conciliare con l'attività lavorativa; alla fisiologica apprensione derivante dalle notizie circa la diffusione della pandemia; all'impatto emotivo prodotto dall'assenza di relazioni sociali; alle possibili problematiche derivanti dalla sperimentazione di nuove modalità di svolgimento della prestazione lavorativa; etc.
Ebbene, considerare tali elementi di criticità, specifici del quadro emergenziale in atto, integrando l'informativa ex art. 22 l. n. 81 del 2017, parrebbe molto significativo, nell'ottica di supportare i datori di lavoro e fornire ai lavoratori un'informazione più esaustiva, funzionale a far fronte all'eccezionalità del momento storico; e ciò nel fermo convincimento che solamente la consapevolezza e, auspicabilmente, la resilienza potranno far sì che il lavoro agile dell'emergenza non si tramuti in un lavoro (fr-)agile.
4. Riferimenti bibliografici.
Al fine di non appesantire il presente contributo, per sua natura snello e auspicabilmente di agevole fruizione, si preferisce circoscrivere i richiami bibliografici, entro il perimetro dei seguenti brevi cenni: S. BINI, Lo smart working al tempo del coronavirus. Brevi osservazioni, in stato di emergenza, in Giustiziacivile.com, 17 marzo 2020; R. DOMINICI, Valutazione e prevenzione dello stress lavoro-correlato, Milano, 2011; M. MARAZZA-F. SCARPELLI-P. SORDI, I giuslavoristi di fronte all'Emergenza COVID-19, in Giustiziacivile.com, 17 marzo 2020; P. PASCUCCI, Sistema di prevenzione aziendale, emergenza coronavirus ed effettività, in Giustiziacivile.com, 17 marzo 2020; A. ROTA, Tutela della salute e sicurezza dei lavoratori digitali. Persona e pervasività delle tecnologie, in P. TULLINI (a cura di), Web e lavoro. Profili evolutivi e di tutela, Giappichelli, 2017, 165 ss.; I. Senatori, Attivazione del lavoro agile e poteri datoriali nella decretazione emergenziale, in Giustiziacivile.com, 24 marzo 2020; M. VITALETTI, Equilibrio tra attività lavorativa e vita familiare nell'emergenza Coronavirus, in Giustiziacivile.com, 19 marzo 2020.