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Lavoro 28.04.2020

Note sulla Cassa integrazione in deroga al tempo del diritto emergenziale

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1.   Inquadramento delle regole contenute nel d.l. n. 18 del 2020.

All’interno del complesso quadro di misure inserite dal Governo nel d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. “Cura Italia”) per contrastare le conseguenze pregiudizievoli dell’emergenza sanitaria in atto sul territorio nazionale assumono un ruolo fondamentale gli ammortizzatori sociali e, in particolare, la Cassa integrazione guadagni. Al fianco dell’intervento ordinario “speciale”, fornito della nuova causale “Covid-19”, il provvedimento normativo in questione ha previsto, all’art. 22, anche “nuove disposizioni per la Cassa integrazione in deroga”.

In particolare, la norma attribuisce alle Regioni ed alle Province autonome la facoltà di riconoscere ai datori di lavoro del settore privato cui non si applicano le norme sui trattamenti per sospensione e riduzione dell’orario – inclusi quelli del settore agricolo, della pesca e del c.d. “terzo settore” – trattamenti di Cassa integrazione in deroga per fronteggiare le conseguenze negative derivanti dall’emergenza epidemiologica. La misura può essere concessa previo accordo sindacale da siglarsi, anche in via telematica, tra datore e organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e per la durata della sospensione del lavoro (comunque non superiore a nove settimane, a decorrere dal 23 febbraio 2020). L’accordo non è necessario, invece, per i datori di lavoro che occupino fino a cinque dipendenti.

Il trattamento, che dà diritto alla contribuzione figurativa per i lavoratori, può impegnare un complessivo capitolo di spesa pubblico di 3.293,2 milioni di euro per l’anno 2020 e può essere richiesto solo per i lavoratori che risultano essere dipendenti dell’azienda alla data di decorrenza del periodo indennizzabile, cioè al 23 febbraio 2020. Con successivo decreto interministeriale, il Ministero del Lavoro, di concerto con quello dell’Economia stabiliranno la ripartizione delle risorse per ciascuna Regione, tenendo in considerazione gli accordi-quadro siglati da quest’ultime con le parti sociali.

L’accesso alla Cassa in deroga è ammesso con decreto della Regione o della Provincia autonoma di riferimento, a seguito di apposita domanda inoltrata agli uffici competenti dagli interessati ed a seguito di istruttoria condotta in ordine rigorosamente cronologico. I decreti di accoglimento, insieme con la lista dei beneficiari individuati, sono trasmessi dall’Ente concedente all’INPS, il quale procede al controllo – anche prospettico – del rispetto del vincolo di spesa annuale individuato dal Governo. In caso di superamento della soglia massima di spesa, l’INPS può bloccare la procedura e non dare seguito all’erogazione del trattamento. L’Istituto previdenziale, inoltre, tramite il costante monitoraggio delle domande di Cassa in deroga accolte dagli enti territoriali, può decidere di sospendere la concessione di ulteriori trattamenti qualora preveda (o accerti) il superamento del monte finanziario a disposizione.

 

 

2.   Alcuni problemi interpretativi e di raccordo normativo.

 

Il testo dell'art. 22 d.l. n. 18 del 2020 fornisce poche indicazioni sui requisiti essenziali del trattamento di integrazione salariale in deroga. Ciò comporta alcuni decisivi problemi applicativi, i quali per lo più riguardano il raccordo tra la disciplina dettata all’interno del decreto emergenziale e quella risultante dalle regole che, prima di tale ultimo provvedimento, hanno disciplinato gli interventi d’integrazione salariale in deroga.

Com’è noto, il trattamento in questione è uno strumento di politica passiva che si aggiunge a quelli esistenti della Cassa ordinaria e straordinaria, introdotto a partire dagli anni 2000 per garantire un sostegno economico ai lavoratori di quelle imprese che non possono beneficiare degli ordinari interventi d’integrazione. La misura è stata più volte rinnovata – da ultimo con  il d.l. n. 4 del 2019, conv. con la l. n. 26 del 2019 – e segue regole stringenti, soprattutto per quanto attiene ai criteri di selezione dei dipendenti destinatari della misura. Tali criteri sono dettati dal Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero dell’Economia, e contenuti all’interno dell'art.d.m. 1° agosto 2014, n. 83473. In particolare, le regole per l’attribuzione della Cassa in deroga prevedono che il datore di lavoro richiedente sia inquadrabile all’interno dell'art. 2082 c.c., cioè sia un’impresa in senso civilistico (ma ulteriori deroghe si sono succedute nel tempo, come nel caso dei piccoli imprenditori e delle cooperative sociali), e che ricorrano specifiche causali, coincidenti con le ipotesi di impossibilità non imputabile (quali situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori; situazioni aziendali determinate da condizioni temporanee di mercato; crisi aziendali; ristrutturazione o riorganizzazione).

Il trattamento può essere poi concesso solo ai lavoratori inquadrati nelle categorie di operaio, impiegato o quadro e solo previo esaurimento, da parte del datore di lavoro, di tutti gli strumenti di flessibilità disponibili, quali le ferie arretrate, i congedi ordinari, la banca ore, etc. La competenza valutativa circa la concessione dell’integrazione salariale è attribuita alle Regioni ed alle Province autonome, le quali stipulano, presso le loro sedi e con tutte le parti sociali, appositi accordi che regolano l’estensione della misura, la ripartizione delle risorse e che consentono all’INPS – erogatore materiale del trattamento – di supervisionare l’allocazione delle risorse nel rispetto dei limiti di spesa complessivi. Le aziende che utilizzano la Cassa in deroga sono obbligate, infine, al versamento del contributo addizionale, che l'art. 5 d.lgs. n. 148 del 2015  introduce in una misura progressiva per il pagamento dei periodi di Cassa integrazione salariale fruiti.

Dall’esposizione delle caratteristiche essenziali della Cassa in deroga vigenti prima del d.l. n. 18 del 2020  emergono dunque chiare e rilevanti differenze con la disciplina prevista dall’art. 22 di tale decreto: quest’ultimo, ad esempio, descrive una platea di destinatari tendenzialmente più ampia di quella individuata nel d.m. del 2014, poiché perimetrata intorno ad operatori economici che, in ragione delle caratteristiche strutturali o dei settori di appartenenza, non rientrerebbero nel suo campo di applicazione. Inoltre, la norma varata in emergenza non fa esplicito riferimento a diversi rilevanti requisiti imposti nella disciplina ordinaria per accedere alla misura: l’anzianità minima dei lavoratori (12 mesi), il ricorso agli strumenti di flessibilità (su tutte, le ferie pregresse), il pagamento del contributo addizionale. Di qui un quesito essenziale per l’applicazione corretta dell’istituto in analisi: la disciplina della Cassa in deroga contemplata dal D.L. emergenziale del 2020 è una disciplina autonoma e speciale, che opera indipendentemente dalle regole previgenti in materia, o invece è interconnessa al regime giuridico in vigore prima dell’avvento dell’emergenza?

3.   Gli ammortizzatori sociali in deroga tra eccezionalità e sostenibilità.

 

La risposta al dubbio applicativo appena posto può seguire due differenti approcci ricostruttivi. Il primo, valorizzando l’esigenza di sistematicità e coerenza dell’ordinamento, potrebbe far concludere l’interprete in senso favorevole ad una correlazione tra la disciplina della CIG in deroga pre-d.ln. 18 del 2020 e quella contenuta in tale ultimo Decreto: date le scarne indicazioni delineate dal Governo, la disciplina previgente si farebbe carico, così, di completare l’impianto funzionale dell’istituto, fornendo ai destinatari indicazioni essenziali sulle modalità di godimento del trattamento. Del resto, il legislatore, quando in passato ha voluto consentire la deroga ai criteri stabiliti nel d.m. n. 83473 del 2014, lo ha fatto esplicitamente, consentendo alle Regioni ed alle Province autonome, nell’ambito degli accordi-quadro siglati con le parti sociali, di stabilire regole speciali per l’attribuzione della misura d’integrazione entro percentuali di spesa contingentate (in questo senso, si v., ad esempio, 'art. 44, commi 6 e 6-bisd.lgs. n. 148 del 2015). Peraltro, la natura eccezionale e residuale della Cassa in deroga, a prescindere dall’operatività o meno delle regole vigenti per il modello pre-emergenziale, potrebbe essere considerata perfettamente in linea con misure preliminari quali il previo esaurimento delle ferie pregresse dei lavoratori, così da garantire la sua applicazione a quei soli datori di lavoro che versino effettivamente in condizioni estreme, cioè che abbiano esaurito ogni mezzo per far fronte alla situazione straordinaria di crisi.

Ciononostante, la seconda opzione, quella che vede nella CIG in deroga contemplata all’art. 22 summenzionato uno strumento speciale ed autonomo rispetto al modello sinora utilizzato nel nostro ordinamento, appare preferibile. Sul piano tecnico-giuridico, infatti, non può sottovalutarsi il metro dispositivo utilizzato dal legislatore governativo con riferimento ad altri strumenti di ammortizzazione: sia per la CIGO che per le regole in materia di CIGS (artt. 19 e 20),  il d.l. n. 18 del 2020 fa esplicito riferimento alle norme applicabili all’istituto, delineando con precisione il perimetro di quelle cui è fatta esplicita deroga in funzione emergenziale. È in quest’ottica, ad esempio, che in tema di Cassa integrazione ordinaria la procedura di informazione e consultazione sindacale resta valida, ma con termini e modalità esecutive differenti da quelli prescritti dal d.lgs. n. 148 del 2015. Ebbene, se l'art. 22 sulla Cassa in deroga non fa alcun riferimento alla disciplina generale vigente, nemmeno alle istruzioni operative del Ministero, è ragionevole pensare che tale circostanza non sia casuale, o dovuta ad una formulazione lacunosa, bensì sia il frutto della scelta mirata di predisporre uno strumento diverso ed indipendente dalle regole sinora in funzione, caratterizzato da maglie applicative più ampie e regole meno stringenti. Del resto, se nella Cassa in deroga “classica” i criteri di assegnazione del trattamento servono principalmente a razionalizzare l’allocazione delle risorse, nell’ambito di interventi legislativi contraddistinti da mezzi economici spesso molto limitati, i capitoli di spesa del d.ln. 18 del 2020 rispondono a logiche differenti, che vanno ben oltre i vincoli finanziari imposti dalla stretta condizionalità interna ed euro-unitaria. Inoltre, non può sfuggire all’interprete la presenza, nella disciplina della Cassa in deroga “emergenziale”, del necessario accordo tra datore di lavoro richiedente e sindacati, da svolgersi, per ovvie ragioni cautelari, anche in via telematica: tale accordo – non previsto generalmente nella disciplina ordinaria, anche in ragione della presenza degli accordi-quadro di livello regionale o provinciale, siglati proprio con le parti sociali – farebbe pensare ad uno strumento di maggiore garanzia e di più stringente controllo per un trattamento speciale, autonomo e prevalente rispetto al sistema “classico” degli ammortizzatori sociali in deroga.

Le ragioni che dovrebbero far propendere per una lettura della Cassa contemplata all’art. 22 come strumento eccezionale ed autosufficiente rispetto alle altre disposizioni in materia, attengono però anche alla ratio complessiva del provvedimento: la situazione in atto nel Paese fa ritenere che la finalità perseguita dal Legislatore sia quella di prevedere uno strumento in grado di aiutare tutti quegli operatori economici che versino in condizione di difficoltà in ragione delle conseguenze pregiudizievoli dell’emergenza sanitaria in atto e che non possano accedere agli altri strumenti di sostegno. L’ammortizzatore in deroga, tradizionalmente in equilibrio tra eccezionalità e sostenibilità finanziaria della misura, sarebbe dunque utilizzato dal Legislatore dell’emergenza in maniera da preferire la prima istanza, nell’ottica di un superamento rapido, ampio, effettivo della situazione di criticità. La finalità di una ripresa economica piena mal si concilierebbe, secondo questa prospettiva, con limitazioni e contingentamenti varati dal legislatore – e dagli enti amministrativi – in regime di ordinarietà, come sono, ad esempio, i criteri dettati dal d.m. n. 83473 del 2014.

Si segnala, peraltro, che i primi accordi-quadro regionale, nonché le prime indicazioni operative dell’INPS, sembrano confortare la lettura proposta. La Regione Campania ha siglato un’intesa con i sindacati che non fa riferimento ad alcun criterio di assegnazione integrativo rispetto a quelli indicati nell’art. 22, anzi, all’art. 4, si afferma esplicitamente che non è richiesta alcuna anzianità di servizio minima per accedere alla misura. L’esclusione di alcuni dei requisiti imposti dal D.M. del 2014 è confermata anche dal primo messaggio interpretativo emanato dall’INPS a seguito dell’entrata in vigore del decreto, ossia il n. 1287 del 20 marzo 2020: nessuna anzianità minima, nessun contributo addizionale, nessuna riduzione in percentuale in caso di continuità con altro trattamento di integrazione in deroga.

 

4.   Riferimenti bibliografici.

Per un approfondimento dei temi della Cassa integrazione guadagni e degli altri ammortizzatori sociali in deroga, si v. almeno: M. BARBIERI, Ammortizzatori sociali in deroga. Riflessioni a partire dal caso della Puglia, in P. CURZIO (a cura di), Ammortizzatori sociali. Regole, deroghe, prospettive, Bari, 2009, 83 ss.; ID., Ammortizzatori in deroga e modelli di welfare negli accordi Stato-Regioni e Regioni-parti sociali, in Riv. giur. lav., 2011, I, 379 ss.; M. CINELLI, Competitività, flessibilità delle tutele, diritti fondamentali, in Riv. it. dir. lav., 2009, I, 299 ss.; A. DI STASI, Ammortizzatori sociali e solidarietà post-industriale, Torino, 2014; V. FERRANTE, Recenti evoluzioni nella disciplina degli ammortizzatori sociali: fra sostegno alla riduzione dell'orario e generalizzazione delle tutele, in Dir. rel. ind., 2009, 918 ss.; D. GAROFALO, Gli ammortizzatori sociali in deroga, Milano, 2010; ID., Welfare, promozione dell'occupazione e neoregionalismo, in Riv. dir. sic. soc., 2009, 635 ss.; F. LISO, Percorsi evolutivi ed incerte prospettive di riforma, in P. CURZIO (a cura di), Ammortizzatori sociali. Regole, deroghe, prospettive, cit., 11 ss.; M. MISCIONE, Gli ammortizzatori sociali per l'occupabilità, in AA.VV., Disciplina dei licenziamenti e mercato del lavoro. Atti delle giornate di Diritto del Lavoro (Venezia, 25-26 maggio 2007), Milano, 2008, 135 ss.; R. PESSI, Gli ammortizzatori sociali in deroga: persistenza o fine del modello assicurativo?, in Riv. dir. sic. soc., 2010, 325 ss.; F. SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, in AA.VV., Studi in onore di Tiziano Treu, III, Napoli, 2011, 1259 ss.; G. SIGILLÒ MASSARA, Ammortizzatori ed interventi di sostegno del reddito «al tempo della crisi», in Mass. Giur. lav., 2009, 350 ss.; M. TIRABOSCHI, L'evoluzione della normativa sugli ammortizzatori sociali tra emergenza e ricerca di una logica di sistema, in Dir. rel. ind., 2010, 331 ss.

 

 

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