Sommario:
- 1. Premessa.
- 2. La “acausalità” del contratto a termine.
- 3. Il raccordo tra la disciplina del contratto a termine e del contratto di somministrazione.
- 4. I limiti percentuali. - 4.1. Il difficile rapporto tra la legge e contrattazione collettiva. - 4.2. Il criterio di computo. - 4.3. Le sanzioni.
- 5. Le proroghe.
- 6. I rinnovi.
- 7. Il diritto di precedenza.
- 8. La compatibilità con le fonti comunitarie.
Il d.l. n. 34 del 2014 conv. in l. n. 78 del 2014, ha radicalmente innovato le fondamenta della disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. L’elemento caratterizzante la riforma è certamente l’abbandono del principio della necessaria giustificazione dell’apposizione del termine mediante ragioni oggettive, come originariamente prescritto dal primo comma dall’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001: è oggi pertanto legittimato, in via generale, il ricorso al contratto c.d. “acausale” per qualunque tipo di rapporto a termine e per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, pur se nel rispetto di specifici vincoli in ordine alla quota di lavoratori flessibili utilizzabili, al numero di proroghe ed alla durata massima dei rapporti, e fermi restando i tradizionali divieti previsti dalla vecchia disciplina.