Approfondimenti

Famiglia e successioni 04.05.2020

Diritto alla bigenitorialità, diritto di visita e frequentazione e coronavirus: un mosaico in composizione?

Visualizzazione ZEN
< > x

1.   Premesse.

Da quasi un mese a livello nazionale sono in vigore le misure restrittive della circolazione volte a contrastare la diffusione del c.d. coronavirus. E da quasi un mese settimane gli operatori della giustizia nel settore delle relazioni familiari cercano di trovare una linea comune al fine di correttamente indirizzare i cittadini. Senza esito.

Il dialogo tra Governo e sistema centrale di produzione normativa, da un lato, e operatori che debbono disciplinare il caso singolo (avvocati e giudici) e produzione normativa decentrata (regioni e altri enti locali), dall'altro lato, sembra essere in corto circuito. La produzione normativa è notevole; ed inizia ad essere cospicua anche la produzione di provvedimenti (a conoscenza di chi scrive: 10 dall'11 marzo 2020 al 7 aprile 2020) che si occupano ex professo della questione del diritto di visita durante l'emergenza del contrasto al coronavirus, dando ciascuna una diversa soluzione fondata non tanto sul caso concreto, quanto sulla diversa interpretazione delle disposizioni normative.

Bisogna fare ordine.

E bisogna fare ordine per consegnare ai cittadini dei criteri per orientarsi, anche aiutati dagli operatori professionali. Pena il rischio di creare danni e fratture che saranno visibili solo fra anni, quando ormai non saranno più recuperabili.

Per chi si occupa di diritto, l'ordine non può che prendere le mosse anzitutto dalla gerarchia delle fonti e dai criteri per sciogliere le antinomie, seguendo un percorso rigidamente logico per individuare le linee che poi debbono essere seguite nel caso concreto.

Il tutto sotto la necessaria egida anzitutto dell'art.Cost., che impone non solo di non trattare in modo diverso situazioni uguali nel concreto, ma anche di non trattare in modo uguale situazioni che sono concretamente diverse; degli artt.CEDU e 7 della Carta di Nizza, che impongono la proporzionalità e la necessaria ferrea motivazione dell'intervento pubblico nella vita privata e relazionale di ciascun individuo, da funzionalizzare comunque alla tutela della stessa vita privata e relazionale dell'individuo destinatario dei singoli provvedimenti; e infine, del criterio del best interest of the child, da considerare preminente in ogni decisione (legislativa, amministrativa, giudiziaria, genitoriale) che riguardi una persone minore d'età.

Ciò premesso, mi sembra utile anzitutto riverificare cosa sia il diritto alla bigenitorialità, a cosa serva, e a che “livello” si collochi in un ipotetico “catalogo dei diritti”.

 

2.   Il diritto alla bigenitorialità e diritto alla visita e frequentazione del genitore con il quale la prole minorenne prevalentemente non convive sono diritti fondamentali della persona d'età minore, funzionali alla sua salute e al suo benessere psicofisico.

Ciascuna persona d'età minore ha, anzitutto, diritto a crescere nella propria famiglia d'origine (art.315-bisc.c.; art.1l.n. 184 del 1983), a meno che ciò non sia contrario al suo preminente interesse o non gli crei danno (artt.2 e 8l.n. 184 del 1983).

Ciascun figlio minore d'età, all'interno della propria famiglia d'origine, ha diritto ad avere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori (art.315-bisc.c.). Entrambi i genitori, a loro volta, sono titolari di diritti-doveri (exart.30Cost. e 316 c.c.) tra cui certamente il diritto-dovere non solo di vedere il figlio, quale espressione della loro responsabilità genitoriale; ma anche di non ostacolare il c.d. accesso dell'altro genitore al figlio: il che è sempre espressione del corretto esercizio della responsabilità genitoriale di ognuno e, al tempo stesso, manifestazione della rappresentanza generale ex lege del figlio minorenne nell'esercizio dei suoi diritti.

Questo coacervo di diritti (per la persona d'età minore) e di diritti-doveri (per i genitori) è considerato fondante per l'individuo e rientra nel novero dei c.d. diritti fondamentali -secondo il lessico delle convenzioni internazionali- e dei diritti inviolabili che la nostra Repubblica riconosce e garantisce ad ogni individuo -secondo il vocabolario proprio dell'art. 2 della nostra Carta Costituzionale-. Esso non può essere né inciso né limitato dallo Stato, se non quando, nel caso concreto, i genitori adottano comportamenti disfunzionali e lesivi del diritto del figlio minorenne a crescere in modo sano ed equilibrato (e cioè, a ben vedere: quando questo diritto non è esercitato e tutelato in concreto dai genitori, ma è o pretermesso, o abusato).

Esso è anche parte del diritto alla salute della persona d'età minore, cui è anche funzionale. Diritto alla salute che, a sua volta, è un diritto fondamentale ed inviolabile, che spetta alla Repubblica tutelare (art.32Cost.) e rientra nel diritto alla salute del minorenne, che è dovere dei genitori tutelare. Diritto alla salute che, a sua volta, è considerato diritto fondamentale.

Il diritto alla bigenitorialità -nei casi di coppie genitoriali separate- si concretizza nel diritto di visita e frequentazione della prole minorenne con il genitore con il quale prevalentemente non convive. Diritto che è disciplinato dal giudice, ove le Parti non trovino un diverso accordo tra loro. E diritto che, a sua volta, ha la stessa sostanza e natura del diritto alla bigenitorialità e del diritto alla salute e al benessere psicofisico. Si tratta insomma di un diritto fondamentale di rilevanza costituzionale, come peraltro posto in evidenza dalla Corte costituzionale con plurime pronunce [1].

Così (correttamente) categorizzato in termini statici, lo stesso diritto deve essere esaminato anche in termini dinamici. Si è sopra richiamato l'art. 2 Cost., che strutturalmente si fonda sull'evolversi delle relazioni interpersonali; l'art. 30 Cost., che nell'individuare il concetto di responsabilità attraverso l'indicazione del diritto dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare la prole, rinvia alla radice respondere che si fonda su un'azione reciproca e continua, da adattare da parte dei genitori al figlio che si trovano di fronte; l'art. 6 CEDU e l'art. 7 Carta di Nizza, che proteggono la vita privata e familiare intesa come relazione. In altre parole: questo diritto, identificabile in modo statico come assoluto, inviolabile e fondamentale, per sua stessa natura in termini dinamici si fonda su un compromesso e sull'equilibrio personale e relazionale del suo titolare. Sembra quasi un'ovvietà, ma vale la pena di ripeterla per gli sviluppi successivi del presente scritto: quando si parla di rapporto con i genitori e di benessere psicofisico della persona di età minore, non esiste una regola concreta e dettagliata che si può applicare in modo identico a tutti i genitori e a tutti i figli. Esistono delle metaregole (conoscenza dei diritti del figlio, suo ascolto e comprensione delle sue esigenze; finalità dell'educazione e strumenti educativi; e così via) che individuano degli strumenti volti a tutelare il più possibile, nel caso concreto, i diritti fondamentali, assoluti e inviolabili della persona d'età minore.

Il che significa che, pur nelle loro assolutezza, inviolabilità e fondamentalità, tutti questi diritti -e, quindi, anche il diritto alla bigenitorialità e il conseguente diritto di visita e frequentazione- si riempiono di contenuto effettivo a seguito di un ragionato e ponderato esame di tutte le circostanze (giuridiche e di fatto) presenti nel caso concreto; e si applicano solo dopo il (ed in conseguenza del) bilanciamento di tutti gli interessi in gioco, tra i quali importanza preminente spetta all'interesse del minore -anzitutto quale espresso dal Legislatore, interno ed internazionale, ché altrimenti il discorso rischia di peccare di circolarità-.

Concetto già utilizzato dalla nostra Corte Costituzionale [2] e fatto proprio anche dall'ONU nel Commento Generale alla CRC n. 14 [3] del 2013: «Il superiore interesse del minorenne è un concetto dinamico che comprende varie questioni in continua evoluzione», da determinare caso per caso senza «prescrivere ciò che è meglio per il minorenni in ogni situazione e in qualsiasi momento» [4]. È un concetto «flessibile e adattabile», che «dovrebbe essere regolato e definito su base individuale, secondo la situazione specifica del minorenne o dei minorenni coinvolti, tenendo in considerazione il contesto personale, la situazione e le necessità. Nelle decisioni individuali, il superiore interesse del minorenne deve essere valutato e determinato alla luce delle circostanze specifiche del singolo minorenne. Per le decisioni collettive, come quelle da parte del legislatore, il superiore interesse dei minorenni in generale deve essere valutato e determinato alla luce delle circostanze del particolare gruppo e del o dei minorenni in generale. In entrambi i casi, la valutazione e la determinazione dovrebbero essere effettuate nel pieno rispetto dei diritti contenuti nella Convenzione e nei suoi Protocolli opzionali» [5].

Concludendo sul punto: è nella natura e nella struttura stessa dei diritti delle persone di età minore che si trova la negazione di una regola identica per tutti, e la necessità di adattare tali diritti alle peculiarità del caso concreto [6].

Il c.d. diritto alla bigenitorialità ed il conseguente diritto di visita e frequentazione con il genitore con il quale il figlio d'età minore non convive prevalentemente, non fa alcuna eccezione: si tratta di un diritto assoluto del minorenne, inviolabile, fondamentale, che per essere esercitato e non pretermesso né abusato deve adattarsi alle esigenze del figlio e alle sue caratteristiche; alle capacità e alla situazione concreta di ciascun genitore; e infine alle peculiarità del contesto all'interno del quale esso si svolge.

 

3.   La normativa d'emergenza per il contenimento del contagio da c.d. Coronavirus.

3.1. Funzione, natura e limiti della produzione normativa d'emergenza.

Dal 31 gennaio 2020 [7] il Governo italiano [8], consapevole del dilagare del c.d. Covid-19, ha iniziato ad imporre misure via via più restrittive di quelli che sono per i cittadini italiani diritti e libertà fondamentali ed inviolabili, come in primis il potere di ogni cittadino di «circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale» (art. 16, comma 1, Cost.). In modo conseguente, e se ed in quanto connessi alla restrizione dei poteri e libertà di circolazione, sono stati compressi il diritto di riunione (art. 17), il potere di agire in giudizio (art. 24 Cost.), l'attività economica privata (e pubblica) (art. 41 Cost.) e il diritto al lavoro (art. 4, comma 1, Cost.). Le restrizioni sono imposte in forza di «motivi di sanità o di sicurezza» che, in forza sempre dell'art. 16, comma 1, Cost., sono gli unici idonei a comprimere (temporaneamente) il diritto di libera circolazione interna; e che danno significato, nel caso di specie, alla «utilità sociale» e alla «sicurezza umana» in contrasto con le quali non può svolgersi l'attività economica privata (art. 41, comma 2, Cost.). Il tutto nel contesto dell'art. 117, comma 3, Cost., che chiarisce che la «tutela della salute» e la «protezione civile» sono materia di legislazione concorrente Stato-Regioni, in cui il primo deve limitarsi a fissare i princìpi e le seconde devono individuare i principi attuativi; ma con il limite formale dell'art. 16, comma 1, che richiede che la liberà di circolazione sia limitata solo da legge dello Stato (pena altrimenti la violazione dell'art. 5 Cost.).

Il Governo centrale ha agito prima a livello locale; poi a livello nazionale, ma differenziando a seconda delle diverse zone; e infine a livello nazionale tout court. E tutto con atti che si sono succeduti in un limitatissimo arco temporale. Dall'11 marzo 2020 in poi le misure già assunte sono state risistemate o potenziate.

 Nella lettura di queste disposizioni, non si possono pretermettere due considerazioni.

Anzitutto, quella che ne è la natura intrinseca. In quanto disposizioni volte a contrastare con urgenza una situazione di straordinaria emergenza, tramite la compressione e del o sospensione di alcuni diritti e liberà fondamentali, esse hanno natura di disposizioni eccezionali. Vale quindi l'art. 14 disp. prel. c.c.: le disposizioni si applicano solo ai casi espressamente contemplati, con divieto di applicazione analogica (e i fortissimi dubbi che da sempre si nutrono sui limiti dell'interpretazione estensiva).

In secondo luogo, si deve sempre verificare la funzione immediata, il limite strutturale e lo scopo ultimo della legislazione d'emergenza: la limitazione della libertà di circolazione e il distanziamento sociale (con conseguente compressione e sospensione del diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi), a fini di sanità pubblica e per il contenimento del contagio. E vanno verificati i diritti che ne sono toccati, distinguendo attentamente tra diritti e libertà fondamentali e diritti e libertà “semplici”.

Per i diritti e le libertà semplici: essi sono sospesi o, meglio, non possono essere esercitati, se l'esercizio comporta circolazione sul territorio o riunione con altri soggetti. Chi li volesse far valere in giudizio, si vedrebbe con ogni probabilità rispondere dal giudice (ammesso che il giudice tratti in questo periodo la causa: cfr. art. 2 d.l. n. 11 del 2020, e art. 83 d.l. n. 18 del 2020) che l'esercizio non è possibile, in quanto sospeso dalla legislazione d'emergenza.

Nel caso dei diritti e delle libertà fondamentali previsti nella nostra Carta costituzionale, nella CEDU e nella Carta di Nizza, la questione appare invece più complessa. La loro compressione e del o sospensione deve essere espressamente prevista dalla legge o dall'atto avente forza di legge (così è accaduto, ad esempio, per l'esercizio dell'attività economica privata), e per i motivi previsti dalle disposizioni che le stabiliscono. Se la sospensione e la compressione non è prevista, è difficilmente sostenibile che essi siano compressi ex se e in assoluto; se ne può eventualmente prevedere la sospensione o la “riduzione” caso per caso, bilanciando equamente gli interessi, verificando se in quel caso concreto l'esercizio di quel diritto fondamentale da parte delle persone che intendono esercitarlo vada a ledere, per le modalità di esecuzione, un altro diritto fondamentale (e nella specie: il diritto alla salute) di una delle parti; e verificando se non esistano altre modalità per esercitare comunque quel diritto. Ma la compressione o la sospensione non possono essere motivati esclusivamente sulla base della legge emergenziale che non preveda espressamente la sospensione di quel diritto fondamentale.

 

3.2. Esame puntuale dei testi normativi.

La prima limitazione alla libertà di circolazione a fini di contrasto della diffusione del CoViD-19 è contenuta nell'art. 1 d.l. n. 6 del 2020 (G.U. 45 del 23 febbraio 2020), conv., con modif., con l. n. 1 del 5 marzo 2020 (G.U. 61 del 9 marzo 2020). Il testo della disposizione impone alle autorità competenti di «adottare ogni misura di contenimento e gestione adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione epidemiologica», tra cui anche «a) divieto di allontanamento dal comune o dall'area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell'area» e «b) divieto di accesso al comune o all'area interessata».

In attuazione di tale disposizione, 3 Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri hanno individuato i limiti all'interno dei quali le persone sane (e cioè: non contagiate né in sospetto di contagio) possono o non possono circolare, in situazione epidemica:

-                     l'art. 1, comma 1, lett. a), d.P.C.M. 8 marzo 2020 (G.U. 59 dell'8 marzo2020) impone di «evitare ogni spostamento delle persone fisiche in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza». La disposizione, inizialmente prevista per alcuni territori specifici, viene estesa all'intero territorio nazionale con d.P.C.M. 9 marzo 2020 (G.U. 62 del 9 marzo 2020), con testo invariato.

-                     l'art. 1, comma 1, d.P.C.M. 22 marzo 2020 (in GU 76 del 22 marzo 2020), alla lett. b), interviene sull'assetto precedente modificandolo: «è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; conseguentemente all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 le parole «. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza» sono soppresse».

Il terzo d.P.C.M. (del 22 marzo 2020) incide sull'assetto posto dai primi due perché ha l'espressa funzione di limitare gli spostamenti tra diversi territori comunali. Si può ritenere, quindi, che

-                     gli spostamenti interni allo stesso territorio comunale possono essere «motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero spostamenti per motivi di salute»;

-                     gli spostamenti tra diversi territori comunali possono essere motivati solo da «comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute».

Ferme le “comprovate esigenze lavorative” e i “motivi di salute”, la differenza tra i due testi è quindi nella discontinuità tra le “situazioni di necessità” (che legittimano gli spostamenti intracomunali) e le “esigenze di assoluta urgenza” (che sembrano un rafforzativo delle “situazioni di necessità” e che legittimano gli spostamenti intercomunali).

Il d.l. n. 19 del 2020, del 25 marzo 2020 (in G.U. 79 del 25 marzo 2020) interviene nuovamente sull'assetto, sostituendo ed abrogando il d.l. n. 6 del 2020 e permettendo l'adozione, da parte delle autorità competenti, di una o più delle misure previste dall'art. 1, comma 2, «secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso». Tra tali misure,

«a)     limitazione della circolazione delle persone, anche prevedendo limitazioni alla possibilità di  allontanarsi dalla  propria residenza, domicilio o dimora se non per spostamenti individuali limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni; […]

c)       limitazioni o divieto di allontanamento e di ingresso in territori comunali, provinciali o regionali, nonché rispetto al territorio nazionale»

L'abrogazione del d.l. n. 6 del 2020 non sembrerebbe aver travolto anche le misure specifiche che sono state emesse in sua attuazione: rimangono in vigore i d.P.C.M. 8-9 marzo 2020 per ciò che concerne gli spostamenti interni allo stesso Comune; e il d.P.C.M.22 marzo 2020 per ciò che riguarda gli spostamenti tra diversi Comuni. Tuttavia le ragioni giustificatrici dello spostamento contenute nei D.P.C.M. debbono essere lette in coerenza con le disposizioni del d.l. n. 19 del 2020, che è di rango superiore e di promulgazione successiva. E quindi si debbono ritenere integrate le giustificazioni degli spostamenti

-                     sia in senso oggettivo, se lo spostamento è «limitato nel tempo e nello spazio»:

-                     sia in senso teleologico, se lo spostamento è motivato da

  • «esigenze lavorative»
  • «situazioni di necessità o urgenza»
  • «motivi di salute»
  • «altre specifiche ragioni» che spetta al cittadino di illustrare, ove richiestone dall'Autorità di Pubblica Sicurezza preposta all'accertamento del rispetto delle disposizioni.

 

3.3. Assenza di una diposizione espressa di limitazione o compressione del diritto alla bigenitorialità e del diritto di visita del genitore non prevalentemente convivente.

 

Nessuna delle disposizioni sopra citate ha limitato o ha compresso ex professo il diritto ad un corretto sviluppo psico-fisico delle persone minori d'età, o il loro diritto ad avere un rapporto ed equilibrato con entrambi i genitori, ancorché separati.

Come ricordato, si tratta di diritti fondamentali; e di diritti che, in questo periodo di emergenza, trovano comunque un canale preferenziale di trattazione pur nella generale sospensione dell'attività giurisdizionale, al pari delle misure cautelari a tutela dei diritti fondamentali della persona (art. 2, lett. g, d.l. n. 11 del 2020; art. 83, comma 3, lett. a, d.l. n. 18 del 2020).

E, quindi: una loro generale compressione dovrebbe richiedere un espresso intervento del Legislatore (si confronti, al riguardo, la compressione del libero esercizio dell'attività economica privata e del diritto al lavoro). In assenza di espresso intervento, e considerata la natura eccezionale delle disposizioni emergenziali, si deve ritenere che quest'ultime non abbiano compresso direttamente tale diritto.

Diversamente opinando, si arriverebbe alla conclusione aberrante che il Legislatore, con una norma eccezionale, possa comprimere qualsivoglia diritto fondamentale, garantito a livello costituzionale o di convenzioni internazionali di rango subcostituzionale, anche senza dichiararlo espressamente.

Ne consegue che l'esercizio di tali diritti deve essere attentamente valutato in concreto, per verificare, caso per caso, se esso entri in conflitto con altri diritti fondamentali della persona e della collettività, o se esso incontri limiti interni al suo esercizio nel caso concreto. Il tutto con attenta e adeguata motivazione, in particolare del giudice che li disciplina con provvedimento eventualmente limitativo.

4.   Le pronunce sul diritto alla bigenitorialità e alla frequentazione nel periodo di contrasto al Covid-19.

Insomma: anche le limitazioni emergenziali del diritto alla bigenitorialità e alla frequentazione con il genitore non prevalentemente convivente (che sono diritti fondamentali) hanno le stesse caratteristiche: in assenza di una disposizione espressa, volta a comprimere esattamente il diritto alla bigenitorialità – diritto fondamentale – in conseguenza delle restrizioni alla libertà di circolazione, le limitazioni non possono essere desunte dal testo di legge.

E, se il giudice investito della vicenda (e ritenutosi competente a decidere pur nella sospensione disposta da ultimo dal d.l. n. 18 del 2020, e quindi in quanto investito di questioni di affidamento o di istanze cautelari riguardanti diritti fondamentali della persona) intende decidere sulla sospensione o sulla compressione, non può richiamare sic et simpliciter il testo di legge, ma deve adeguatamente motivare considerando tutte le peculiarità del caso concreto.

Ad oggi ho contezza di 10 provvedimenti che affrontano ex professo il tema [9].

Mi sembra che questi provvedimenti possano essere valutati sotto due diversi profili: uno relativo all'esito della pronuncia; e uno relativo allo stile della pronuncia e, cioè, all'iter argomentativo utilizzato per giungere alla decisione.

 

4.1. Valutazione delle pronunce relativamente agli esiti.

 

Il numero dei provvedimenti è ancora esiguo e gli stessi scontano troppo le peculiarità del caso concreto, per cercare di raggrupparli in termini statistici ed individuare una tendenza. Il che già di per sé è un dato: non sembra esistere, allo stato, una corrente giurisprudenziale dominante.

In ogni caso, non sospendono i diritti di visita n. 3 provvedimenti, resi tutti in situazioni di affidamento condiviso e di genitori residenti nello stesso Comune. Si tratta del provvedimento del Trib. Milano, 11 marzo 2020; il provvedimento del Trib. Salerno, 13 marzo 2020; il provvedimento del Trib. Vallo della Lucania, 26 marzo 2020.

Modificano i diritti di visita, sospendendolo, n. 6 provvedimenti. Deve però essere fatta una distinzione tra le diverse situazioni:

-                     In tre casi, era già intervenuta restrizione del diritto di visita e frequentazione del genitore non prevalentemente convivente (Trib. Matera, 12 marzo 2020; App. Lecce, 20 marzo 2020; Trib. Terni, 30 marzo 2020);

-                     In tre casi, la prole minorenne è affidata in modo condiviso e i genitori vivono nello stesso comune (App. Bari, 26 marzo 2020; Trib. Napoli, 26 marzo 2020; Tribunale di Bari del 27 marzo 2020).

Menzione a sé per il provvedimento del Trib. min. Roma, 26 marzo 2020, che rigetta un'istanza di sospensione delle visite proposta dal tutore, sostenendo che la sospensione deriverebbe direttamente dalla legge e che quindi non sia necessaria una pronuncia sul punto.

 

4.2. Valutazione delle pronunce relativamente al loro iter argomentativo.

 

Gli esiti di questi provvedimenti sono diversi e scontano le peculiarità del caso concreto. Come chiarito sopra, riterrei che non sia possibile predicare una generale sospensione e del o compressione del diritto di visita e di frequentazione del figlio minorenne con il genitore non convivente, ma che le decisioni debbano in ogni caso adeguatamente motivate non sulla scorta dell'astratta previsione normativa, ma con la verifica dei diritti ed interessi coinvolti e con il loro bilanciamento.

A questo proposito, si individuano diversi indirizzi, caratterizzati da diversi stili.

 

4.2.a. Le decisioni che si fondano esclusivamente sul dato normativo e non operano un bilanciamento degli interessi.

 

Il primo provvedimento noto è il decreto del Trib. Milano 11 marzo 2020, reso in una situazione di affidamento condiviso. Il Tribunale ha ragionato sulla base del d.P.C.M. 8 marzo 2020, le cui previsioni sono poi state estese all'intero territorio nazionale, rilevando come le disposizioni ivi contenute «non siano preclusive dell'attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori», ma limitando la portata dell'affermazione ad un argomento testuale: «laddove consentono gli spostamenti finalizzati a rientri presso la “residenza o il domicilio”, sicché alcuna “chiusura” di ambiti regionali può giustificare violazioni, in questo senso, di provvedimenti di separazione o divorzio vigenti». Il giudice milanese trova ulteriore spunto argomentativo in uno strumento di soft law: le FAQ del Governo che, all'epoca come oggi, espressamente prevedono la possibilità di spostamento per ottemperare a obblighi di affidamento. Il provvedimento, condivisibile quanto agli esiti finali, non convince del tutto però quanto al percorso argomentativo: la giustificazione della mancata compressione di un diritto fondamentale viene argomentata sulla base di testi normativi di ragno secondario (e, in particolare, sulla base di un D.P.C.M. che è soggetto a modificazioni su mero impulso dell'Esecutivo, senza neanche controllo parlamentare) e di uno strumento di soft-law quale è un elenco di domande e risposte pubblicate sul sito del Governo.

Allo stesso modo il Tribunale di Napoli che, con stringatissima motivazione resa in un provvedimento del 26 marzo 2020, ha disposto che «allo stato, in attesa di ulteriori provvedimenti di disciplina degli spostamenti con riferimento alla emergenza sanitaria¸ la disciplina delle visite non preveda più lo spostamento dei minori, attesa la inopportunità di tale spostamento ed i divieti in atto nel delicato momento in essere, anche in relazione ad incontri per l'esposizione al rischio». Il testo del decreto non fa menzione di limitazioni all'esercizio o alla titolarità della responsabilità genitoriale, e si deve quindi ritenere che la prole fosse in affidamento condiviso; né fa menzione di spostamenti intercomunali o interregionali, e quindi si deve ritenere che i genitori abitino entrambi nello stesso Comune.

Insomma: ad entrambi i casi si applica la stessa disposizione (art. 1, comma 1, d.P.C.M. 8 marzo 2020, poi esteso a tutto il territorio nazionale con d.P.C.M.9 marzo 2020), in una situazione identica sul piano giuridico-formale delle relazioni tra genitori e con la prole. Varia solo il contesto di fatto in cui le decisioni vengono rese: in Lombardia l'11 marzo 2020 si contavano 5.763 persone positive [10], ma il diritto del figlio minorenne non viene compresso. In Campania il 26 marzo 2020 se ne contavano 1.169 [11], ma il diritto del figlio minorenne viene compresso.

Ed è quindi importante segnalare che questo indirizzo interpretativo (fondato esclusivamente sulla lettura testuale) porta a due risultati opposti, in situazioni analoghe dal punto di vista giuridico-formale; e ad esiti contraddittori, considerando il dato fattuale. Delle due decisioni, inoltre, appare più condivisibile quella milanese, in quanto argomentabile anche in altro modo; quella partenopea suscita invece più perplessità, perché non argomentabile se non sulla base di una lettura estensiva se non addirittura analogica delle disposizioni (non di legge, ma) di una fonte subordinata in funzione compressiva di diritti fondamentali.

Ancora meno condivisibile il provvedimento del Tribunale per i Minorenni di Roma del 26 marzo 2020. In quel caso i figli sono in casa-famiglia, e sono state da poco ampliate le visite della madre, che vive in Comune diverso da quello dove si trova la casa-famiglia, permettendo ai figli di stare con la madre presso di lei per il fine-settimana. Dopo il d.P.C.M. 9 marzo 2020 la casa-famiglia impedisce la frequentazione madre-figli; la madre protesta, e il tutore delegato propone istanza di sospensione degli incontri. Il Tribunale per i Minorenni rigetta l'istanza chiarendo non essere necessaria nessuna decisione «atteso che per legge sono vietati gli spostamenti da Comune e comunque le uscite dalle abitazioni e strutture». La decisione è un'estremizzazione dei percorsi argomentativi delle precedenti: pretermessa ogni considerazione sulla natura dei diritti dei minorenni che sono compressi, il provvedimento si fonda esclusivamente su una lettura delle disposizioni dei d.P.C.M., peraltro parziale (giacché gli stessi d.P.C.M. prevedono la possibilità di movimento per motivi di salute e ora, dopo il d.l. n. 19 del 20, anche per «altre specifiche ragioni»).

Infine: forse in questo filone stilistico può essere inserito il provvedimento della Corte d'Appello di Lecce del 20 marzo 2020. Il dubitativo è d'obbligo in ragione dell'estrema stringatezza della motivazione, da cui si riesce comunque a comprendere che il provvedimento è stato reso in una situazione di già intervenuta compressione della responsabilità genitoriale di uno dei genitori.

 

4.2.b. Le decisioni che tentano un bilanciamento degli interessi in gioco.

 

Questo indirizzo giurisprudenziale è, a mio sommesso avviso, quello più aderente a natura e struttura del diritto alla bigenitorialità e a quanto indicato dall'ONU nel suo Commento Generale n. 14 alla CRC. Si ricorda che l'ONU chiarisce che (i giudici de)gli Stati contraenti della Convenzione hanno «l'obbligo di garantire che tutte le decisioni giudiziarie e amministrative, nonché le politiche e la legislazione riguardanti i minorenni dimostrino che il superiore interesse del minorenne sia stato tenuto in primaria considerazione. Ciò include la descrizione delle modalità in base a cui il superiore interesse sia stato esaminato e valutato e che peso gli sia stato attribuito nella decisione» [12]; e che «i tribunali devono far sì che il superiore interesse del minorenne sia tenuto in considerazione in tutte queste situazioni e decisioni, sia di natura procedurale o sostanziale, e devono dimostrare di averlo effettivamente fatto» [13].

Il provvedimento più risalente di questo tipo di indirizzo sembra essere quello del Tribunale civile di Matera del 12 marzo 2020, reso nell'ambito della regolamentazione dell'affidamento di un bimbo di tenera età figlio di una coppia particolarmente litigiosa, rispetto alla quale il Giudice ha ritenuto di sospendere gli incontri protetti padre-figlio già regolamentati, fino al 4.04.2020 (data di fine della vigenza delle prime misure anti Covid-19). La sospensione deriva anche -sembra intuirsi- dal fatto che le strutture dove si svolgono gli incontri non erano disponibili in ragione della loro chiusura (conseguente in via diretta alle norme anti-contagio). La situazione presa in considerazione è quindi profondamente diversa da quella decisa dal Tribunale di Milano. Il Tribunale di Matera fa esercizio di bilanciamento: premesso che l'attuale situazione di conflittualità non permette incontri liberi padre-figlio, e che quindi -in modo funzionale proprio al diritto alla bigenitorialità e all'equilibrio psico-fisico del minore- la frequentazione era stata già compressa, «nell'ottica del bilanciamento tra l'interesse del minore a mantenere un rapporto significativo con il padre e quello a restare in casa per evitare il rischio del contagio Covid-19, debba prevalere quest'ultimo funzionale alla tutela del superiore interesse della salute, anche in considerazione del limitato periodo temporale di sacrificio del rapporto padre-figlio».

Un secondo provvedimento, reso dal Tribunale di Salerno il 13 marzo 2020, rende ancora più chiaro il percorso argomentativo (con esiti peraltro identici a quelli del Tribunale di Milano dell'11 marzo 2020): per il Tribunale di Salerno i decreti ministeriali dell'8-9 marzo 2020 «non hanno sospeso i provvedimenti in punto regolamentazione dei tempi di permanenza dei figli presso ciascuno dei genitori» e, quindi, «l'emergenza sanitaria in corso non può costituire ex se motivo per procedere alla modifica del regime di affidamento dei minori», ricadendo invece nell'esclusiva responsabilità dei genitori attuare ogni cautela per la tutela della salute della prole minorenne. Questo provvedimento appare pregevole, in punto argomentativo, perché prende anzitutto atto che i d.P.C.M. non possono comprimere diritti fondamentali della persona minore d'età, e che spetta anzitutto ai genitori trovare un equilibrio tra i diversi interessi in gioco.

Infine, il Tribunale di Terni, con provvedimento del 30 marzo 2020, prende in considerazione tutte le circostanze del caso concreto a fini di bilanciamento. Opportuno riportare le parti salienti dell'argomentazione:

«rilevato che le misure restrittive della circolazione delle persone, con imposizione di misure di distanziamento sociale […] impongono di bilanciare l'interesse primario dei figli minori e del genitore a veder garantito il pieno diritto alla bigenitorialità, con l'interesse alla tutela della salute pubblica individuale (dei minori e dei genitori) e collettiva (adottando precauzioni che non aumentino il rischio di contagio;

valutato che rispetto alle ordinarie frequentazioni tra il genitore non coabitante e i figli per le quali in assenza di specifici elementi di rischio –rappresentai, per esempio, dall'attività lavorativa svolta dal genitore non coabitante ovvero dalla provenienza dello stesso da zone a specifico rischio di contagio- gli incontri in spazio neutro, prevedendo la necessaria presenza di operatori, e dovendo svolgersi in strutture pubbliche, esposte all'accesso di numerosi utenti, aumentano considerevolmente il rischio di contagio per i minori e per i genitori;

considerato, inoltre, che l'accesso in locali pubblici potrebbe comportare la necessità di sanificazione dei luoghi con distrazioni di mezzi e risorse delle strutture sanitarie destinate alla cura dei malati;

valutato pertanto che, nel bilanciamento degli interessi di pari rango costituzionale, quello alla bigenitorialità (fondato sull'art. 30 Cost. e sull'art. 8 CEDU) e quello alla tutela della salute (fondato sull'art. 32 Cost.) occorre individuare una modalità di frequentazione padre figli che pur assicurando il costante contatto, non metta a rischio la salute psico-fisica dei minori) […]».

Il bilanciamento degli interessi è quindi espresso, motivato, e tiene conto di tutte le circostanze del caso concreto sia in termini particolari (la situazione specifica dei minori, che già vedono il genitore in ambito protetto) sia in termini generali (rischio di contagio, impossibilità materiale di accedere agli spazi neutri di frequentazione, non condivisibilità per ragioni di salute individuale e di sanità pubblica di ordinare lo storno di risorse all'uso degli spazi neutri, laddove debbono essere utilizzate per la gestione di situazioni emergenziali). Inoltre, il Tribunale conclude con l'ordine di garantire comunque la frequentazione genitore-figli con gli strumenti di comunicazione più comuni, al fine di non comprimere eccessivamente la relazione. Si tratta di un iter argomentativo non solo giuridicamente corretto (a mio sommesso avviso), ma anche condivisibile e comprensibile per cittadini e persone d'età minore che, in questo modo, possono più facilmente comprendere le ragioni per le quali le loro difficoltà relazionali trovano un ulteriore e profondo ostacolo.

 

4.2.c. Le decisioni che degradano il diritto di visita e frequentazione e, quindi, rendono impossibile un bilanciamento.

 

La Corte d'Appello di Bari, con decreto inaudita altera parte del 26 marzo 2020, ha invece preso un'ulteriore direzione: ha degradato il diritto alla bigenitorialità del figlio minorenne e alla frequentazione con il genitore con cui non convive prevalentemente da diritto fondamentale, consustanziale al diritto alla salute, a diritto-dovere dei soli genitori. In un simile contesto, non si può operare un bilanciamento di interessi e diritti in gioco (che presuppone invece una tendenziale equiparabilità delle posizioni da bilanciare): «ritenuto che il diritto-dovere dei genitori e dei figli minori di incontrarsi, nell'attuale momento emergenziale, è recessivo rispetto alle limitazioni alla circolazione delle persone, legalmente stabilite per ragioni sanitarie, a mente dell'art. 16 della Costituzione, ed al diritto alla salute, sancito dall'art. 32 Cost.».

Allo stesso modo il decreto del Tribunale di Bari del 27 marzo 2020, che però adotta uno stile argomentativo molto ampio. Per il Tribunale «il diritto paterno ad incontrare i figli, in presenza della pericolosissima espansione della epidemia in corso […] deve considerarsi quindi recessivo rispetto al primario interesse dei minori a non esporsi al rischio di contagio, nel quale potrebbero poi essere veicolo essi stessi». Di conseguenza il diritto di visita viene sospeso, ma viene comunque imposta la relazione con altri mezzi di comunicazione a distanza.

Le decisioni non tengono in considerazione natura e sostanza del diritto del figlio ad incontrare il genitore con il quale prevalentemente convive, pretermettendo tutta l'elaborazione giurisprudenziale interna e della Corte EDU degli ultimi anni [14].

 

4.2.d.. La decisione del Tribunale civile del Vallo della Lucania del 26 marzo 2020: le «specifiche ragioni» ex d.l. 19 del 2020.

 

Infine l'unica decisione che sembra richiamare il d.l. n. 19 del 2020 che, tra le ragioni che giustificano la circolazione (e che, quindi, limitano la compressione della libertà di circolazione) indica «altre specifiche ragioni». Questa disposizione (che, si ribadisce, è successiva e di rango superiore rispetto ai d.P.C.M. e, quindi prevale) ricomprende, per il Tribunale, l'«accudimento dei propri figli minori», che ritiene quindi «si possa dunque affermare che il diritto di visita è consentito rientrando nelle “situazioni di necessità”».

Ritengo che questa decisione meriti specifico rilievo per la valorizzazione dell'ultimo decreto-legge e della clausola di apertura che esso individua. La clausola (le «specifiche ragioni», per l'appunto) sembra essere pleonastica, nei limiti in cui essa riguarda diritti fondamentali che -come sopra precisato- non possono ritenersi compressi ma debbono essere valutati caso per caso. Ma ha l'indubbio pregio di richiamare l'attenzione sulla necessità di bilanciare gli interessi in gioco. La “specifica ragione”, infatti, richiede che il giudice individui la ragione, la valuti, la consideri nel più ampio contesto in cui essa si colloca e, quindi, valuti se essa prevalga o non sulle necessità di sanità pubblica che limitano la libertà di circolazione.

Insomma: la stessa clausola, lasciando aperte le possibilità concrete, impone quel bilanciamento di interessi che ritengo sia consustanziale in caso di conflitto tra diritti fondamentali.

5.   Conclusioni. I diritti fondamentali non vanno in quarantena, e neanche il metodo per applicarli.

Al momento, insomma, sembra che la giurisprudenza non stia seguendo un filo conduttore univoco. Le pronunce attraverso iter argomentativi diversi giungono a risultati a volte contraddittori, anche deprimendo i risultati raggiunti in tema di qualificazione del diritto alla bigenitorialità e alla frequentazione dalla giurisprudenza interna e della Corte EDU.

D'altronde la ricerca di una regola unica ed univoca, applicabile in modo identico a situazioni anche completamente diverse, sia esercizio inutile ed erroneo nel metodo.

Più corretto e utile, a mio sommesso avviso, ritornare alle regole applicabili in via ordinaria, anche se in tempi eccezionali, ricorrendo quindi all'esercizio che da sempre viene fatto nella determinazione del diritto di visita e frequentazione del figlio minore con il genitore non prevalentemente convivente: un bilanciamento di interessi e diritti, da attuare caso per caso, con particolare attenzione a tutti gli elementi della concreta vicenda relazionale genitore-figlio di età minore, ivi compreso il contesto sociale e epidemiologico in cui la decisione viene resa, coerentemente con la persistente lettura della Corte Costituzionale e delle norme sovranazionali, nonché delle raccomandazioni ONU nell'applicazione della CRC. Il tutto facendo eventualmente leva anche sul dato testuale posto dal d.l. n. 19 del 2020, che permette la circolazione in presenza di «specifiche ragioni»: riferimento forse pleonastico per ciò che attiene i diritti fondamentali, ma comunque presente e quindi utilizzabile; e con decisioni che siano attentamente e compiutamente motivate, in ragione del fatto che gestiscono un diritto fondamentale di soggetti che, in questa particolare fase, sono particolarmente 

Riferimenti bibliografici:

[1] La Corte Costituzionale da tempo usa il concetto di interesse preminente del minore quale parametro di costituzionalità per verificare la legittimità di disposizioni di legge che incidono sulla posizione delle persone d'età minore. Ai fini di questo scritto, cfr. ad esempio Corte cost. n.  239 del 2012; Corte cost. n.  7 del 2013; Corte cost. n.  31 del 2012; Corte cost. n.  17 del 2017 e Corte cost. n.  76 del 2017; Corte cost. n.  272 del 17; Corte cost. n.  187 del 2019.

[2] Le sopracitate pronunce espressamente fanno riferimento alla dinamicità dell'interesse preminente del minore, e alla necessità di bilanciamento con altri interessi di rango costituzionale ritenuti fondamentali. A questo proposito, si leggano Corte cost. n.  17 del 2017 e Corte cost. n.  76 del 2017, che si occupano del bilanciamento tra interesse del minore a crescere all'interno della propria famiglia d'origine e a mantenere rapporti con entrambi i genitori, da una parte, e interesse pubblico e sociale all'esecuzione delle sanzioni penali restrittive della libertà personale. Le due decisioni ricordano che «questa Corte ha già avuto modo di porre in evidenza (sentenze n. 239 del 2014, n. 7 del 2013 e n. 31 del 2012) la speciale rilevanza dell'interesse del figlio minore a vivere e a crescere nell'ambito della propria famiglia, mantenendo un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, dai quali ha diritto di ricevere cura, educazione e istruzione, ed ha riconosciuto che tale interesse è complesso ed articolato in diverse situazioni giuridiche. Queste ultime trovano riconoscimento e tutela sia nell'ordinamento costituzionale interno – che demanda alla Repubblica di proteggere l'infanzia, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (art. 31, secondo comma, Cost.) – sia nell'ordinamento internazionale, ove vengono in particolare considerazione le previsioni dell'art. 3, comma 1, della già citata Convenzione sui diritti del fanciullo e dell'art. 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo», precisando che tale interesse «non lo sottrae in assoluto ad un possibile bilanciamento con interessi contrapposti, pure di rilievo costituzionale, quali sono certamente quelli di difesa sociale».

[3] Il commento, in traduzione italiana, è in www.unicef.it, Allegati del Commento_Generale_CRC_14.pdf.

[4] Commento Generale n. 14, cit., §1,8.

[5] Commento Generale n. 14, cit., § 32, 19.

[6] Che è poi, a ben vedere, ciò che dice la Corte EDU e il motivo per cui il nostro paese spesso viene condannato per violazione degli artt. 6 e 8 CEDU: i provvedimenti c.d. stampone, identici per tutte le situazioni, sono la negazione del diritto che essi pretendono di tutelare.

[7] Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, assunta ai sensi degli artt. 7, lett. c), e 24, comma 1, d. lgs. 1 del 2018, che dichiara lo stato di emergenza autorizzando all'adozione dei provvedimenti di cui agli artt. 24 e ss. d. lgs. 1 del 2018. Il d.P.C.M. è stato pubblicato in G.U. dell'1° febbraio 2020. La delibera fu assunta in conseguenza della dichiarazione dell'OMS del 30.01.2020.

[8] Non è questa la sede per discutere degli strumenti utilizzati (e cioè: decreti-legge e d.P.C.M. e d.m. delegati). Mi sembra che, ferma la necessità di dialogo politico e istituzionale, la legislazione d'urgenza sia stata utilizzata nei limiti in cui essa fu inizialmente prevista dall'art. 77, comma 2, Cost., senza ulteriori estensioni (cui abbiamo invece spesso assistito negli ultimi anni). Rimane in ogni caso necessaria la conversione del Parlamento. La dottrina ha peraltro già espresso perplessità sul punto. Cfr. a titolo d'esempio le perplessità a vario titolo declinate da B. Caravita, L'Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione Italiana, in Federalismi.it, 18 marzo 2020; A. GUSMAI, Lo «stato d'emergenza» ai tempi del Covid-19: una possibile fonte di risarcimento del danno?, in www.dirittifondamentali.it, 25 marzo 2020; G. STEGHER, In considerazione dell'emergenza sanitaria: Governo e Parlamento al banco di prova del CoViD-19, in Nomos 1-2020; M. CAVINO, Covid-19. Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, in Federalismi.it, 18 marzo 2020.

[9] Mentre il presente scritto è in corso di redazione, è stato pubblicato su GiustiziaInsieme l'articolo di M. Di Bari, Covid-19: misure di contenimento ed effetti collaterali sulla crisi familiare, in  www.giustiziainsieme.it. Nello contributo si dà notizia di ulteriori due provvedimenti (esaminati in prospettiva diversa rispetto al presente scritto), di cui non rinvengo il testo on-line: Tribunale civile di Bologna, ordinanza del 23 marzo 2020; e Tribunale di Palermo, ordinanza del 27 marzo 2020, resa all'esito di un procedimento ex art. 709-ter c.p.c., che ammonisce il genitore ad adottare ogni cautela nei movimenti, a fini di prevenzione anti-contagio,

[10] Fonte: https: del  del github.com del pcm-dpc del COVID-19 del blob del master del dati-regioni del dpc-covid19-ita-regioni-20200311.csv.

[11] Fonte: https: del  del github.com del pcm-dpc del COVID-19 del blob del master del dati-regioni del dpc-covid19-ita-regioni-20200326.csv.

[12] Commento Generale n. 14, cit., § 14, 10, lett. b.

[13] Commento Generale n. 14, cit., § 29, 16 s.

[14] Da sottolineare che il Tribunale di Bari del 27 marzo 2020 chiarisce che le FAQ del Governo, che interpretano i d.P.C.M., non sono una fonte del diritto. Nel condividere in via di massima l'impostazione, non posso però fare a meno di sottolineare che le FAQ assurgono quantomeno a strumento interpretativo qualificato. Altro strumento di soft law che assume una specifica rilevanza è il modello di autocertificazione predisposto dal Governo e messo a disposizione dei cittadini, che individua anche le ragioni connesse all'affidamento dei minori tra i motivi che legittimano lo spostamento altrimenti vietato.

Non considerare questi dati rischia di generare il caos nella comprensione delle disposizioni e nel comportamento dei cittadini, che potrebbero non essere più in grado di comprendere quale comportamento sia corretto, e quale non.

GRATIS PER 10 GIORNI

RESTA AGGIORNATO SUI
CONTENUTI DI GIUSTIZIACIVILE.COM

NEWSLETTER