Sommario:
- 1. Il fatto.
- 2. La prolungata inottemperanza del datore di lavoro all'ordine di reintegra quale ipotesi di danno non patrimoniale.
- 3. Il demansionamento e il mobbing successivi alla reintegrazione.
Nella liquidazione del danno non patrimoniale derivante dalla tardiva reintegrazione del dipendente, è risarcibile, oltre al danno alla salute psicofisica, una componente di danno definibile come “morale” per la situazione di ulteriore mortificazione e compromissione della dignità della persona della lavoratrice così privata, nonostante l'ordine giudiziale, della possibilità di reinserirsi prontamente nel mondo lavorativo, con l'evidente rischio anche di un logoramento della professionalità acquisita (La Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva escluso, per difetto di allegazioni e prove, la sussistenza del danno esistenziale e del danno da mobbing, procedendo alla liquidazione del danno biologico utilizzando le tabelle del Tribunale di Milano ed applicando, ai fini del computo del danno morale, un aumento equitativo della quantificazione del danno biologico, in termini di cd. personalizzazione, attraverso i meccanismi tabellari).