CASS. CIV. - sez. III - 10 ottobre 2014, n. 21426 - L’attività di polizia svolta a tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini non integra, per sua natura, un’attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 c.c., configurandosi quale indefettibile compito imposto allo Stato in difesa degli interessi della collettività, ma essa può ricondursi alla fattispecie prevista da detta norma «per la natura dei mezzi adoperati», quali armi o altri mezzi di coazione di pari pericolosità, ove – in esito a un giudizio di merito non sindacante le scelte discrezionali della p.a. – emerga un uso imperito o imprudente di tali mezzi, ovvero il loro impiego appaia anormale e comunque sproporzionato rispetto alla situazione contingente, con l’effetto di elidere l’operatività della scriminante di cui all’art. 53 c.p.
In tema di attività di polizia svolta a tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini spetta al soggetto danneggiato, che invochi la responsabilità della p.a. per la pericolosità dei mezzi effettivamente adoperati nell’esercizio di tale attività, fornire la prova delle concrete e oggettive condizioni atte a connotare il fatto come illecito, in quanto antigiuridico, mentre spetta all’amministrazione provare di aver adottato, in ogni caso, tutte le misure idonee a prevenire il danno.