Sommario:
- 1. Inquadramento ed evoluzione del fenomeno
- 2. Il modello SPAC: un distributore automatico particolare
- 3. Vantaggi e svantaggi del modello SPAC: un'arma a doppio taglio
- 4. Il diritto di recesso degli investitori
- 5. La liquidazione automatica del veicolo
- 6. Considerazioni conclusive: retrospettive e prospettive
Come è noto, le Special Purpose Acquisition Companies, meglio note con l'acronimo “SPACs”, sono società prive di hard assets, il cui scopo è quello di raccogliere capitale a mezzo di un Initial Pubic Offering (anche solo “IPO”), per realizzare una business combination con una target company operativa, la quale acquisisce – per l'effetto – lo status di quotata su un mercato azionario. Le SPACs sono nate negli Stati Uniti degli anni Novanta, a seguito dell'adesione volontaria – da parte di tali veicoli di scopo – alla Rule 419, adottata dalla Securities Exchange Commission (anche solo “SEC”) per mettere un freno alle attività fraudolente poste in essere dalle blank check companies. Sono poi sbarcate nel nostro Paese nel 2011, ivi assumendo la forma giuridica delle società per azioni.
L'applicabilità alle SPACs delle norme di diritto societario prevista per le società per azioni solleva alcune problematiche. In primo luogo, ai soci della SPAC – secondo il modello americano – è dato recedere dalla società-veicolo in caso di dissenso, manifestato in sede assembleare, circa la business combination proposta dagli amministratori. Ci si è dunque interrogati su come sussumere tale diritto di recesso in quelli spettanti al socio di una società per azioni ex art. 2437 c.c. Altra questione di rilievo è quella della configurazione della liquidazione automatica della SPAC – che deve avvenire in 24-36 mesi dalla costituzione della medesima, qualora in tale lasso temporale non si sia addivenuti ad una business combination – di talché sia conforme con le ipotesi di liquidazione previste per le società per azioni.