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Lavoro 14.11.2025

Corte cost. n. 156/2025 e r.s.a.: il ritorno della vecchia, maggiore rappresentatività

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Corte cost., 30 ottobre 2025, n. 156

Sommario:

  1. 1. La contraddizione tra Corte cost. n. 244/1996 e n. 231/2013
  2. 2. Le conseguenze di Corte cost. n. 231/2013
  3. 3. Corte cost. n. 156/2025: l’equivoco, ancora, del “sindacato comparativamente più rappresentativo”
  4. 4. Le conseguenze della sentenza n. 156/2025
  5. 5. Riferimenti bibliografici
 

Il contributo ripercorre le tappe della giurisprudenza costituzionale dell’ultimo trentennio in tema di r.s.a. Osserva la contraddizione della Consulta nel 2013 rispetto al precedente del 1996. Evidenzia i limiti intrinseci alla sentenza n. 231/2013, come le incertezze conseguenti. Questa pronuncia costituisce già un frutto della rottura del patto costituzionale tra i poteri legislativo e giudiziario. L’articolo procede poi alla disamina dell’intervento più recente, che ha mutato di nuovo orientamento. Col che, nelle tre decisioni, si è passati dalla valorizzazione della firma, all’enfasi sulla partecipazione alle trattative, infine al criterio della maggiore rappresentatività comparativa a livello nazionale. Tuttavia, quest’ultimo è concepito dall’ordinamento per la selezione dei prodotti dell’autonomia collettiva abilitati a esercitare i rinvii legali. È strutturalmente inidoneo ad essere applicato alla valutazione della rappresentatività dei soggetti sindacali. In definitiva, la sentenza n. 156/2025 riesuma il criterio del sindacato maggiormente rappresentativo a livello nazionale, sebbene di categoria e non sul piano confederale. Ciò rischia di condurre a riaprire il contenzioso sugli indici di maggiore rappresentatività tout court, settore per settore, soggetto per soggetto, in assenza di dati certificati e di perimetri oggettivi su cui effettuare la misurazione. Le aporie generate da una giurisprudenza creativa potranno essere risolte dal legislatore unicamente attuando la seconda parte dell’art. 39 Cost.