Editoriali

13.07.2022

In ricordo di Paolo Grossi

Visualizzazione ZEN
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1. Immaginate un’aula universitaria degli anni Ottanta. Due studenti siedono sui banchi affacciandosi per la prima volta al mondo del diritto. La porta si apre e incede, sprigionando eleganza e autorevolezza, un professore vestito di grigio. Sale sulla cattedra e, in piedi, parla. Sì, parla, e nell’aula cala immediatamente un profondo silenzio. Il timbro di voce sonoro e sicuro; la fluenza dell’eloquio; l’assoluta padronanza nel seguire la scaletta, senza l’ausilio di nessuna nota, conquistano immediatamente i due giovani. Non è l’inizio di una lezione: è un’epifania di carisma allo stato puro. L’uditorio è rapito dal racconto che si snoda lungo i secoli con il ritmo e l’imponenza di una sinfonia. No, non è giurisprudenza, quella un po' arida della didattica dominante in quegli anni: è arte.

I due giovani si ritrovano sugli stessi banchi l’anno successivo, un appuntamento assolutamente da non perdere. Dopo il grandioso affresco sul medioevo, segue infatti l’età moderna e contemporanea, dipinta con la mano sicura di un Caravaggio. Le frasi si incidono nella memoria come colpi di scalpello sul marmo. La seduzione è massima, nessun altro docente reggendo il confronto.

Viene infine il momento della laurea. I percorsi dei due dottori si divaricano, ma solo apparentemente. Perché se uno sceglie di proseguire la carriera nella ricerca storica sotto l’ala del Maestro, l’altro, che sposa la strada notarile, continua con passione a coltivare tanto lo studio che la frequentazione di un Professore troppo seducente per non lasciare il segno.

Che era intellettuale e umano allo stesso tempo. Chi meglio di lui sapeva coniugare la parola scientifica con l’incoraggiamento personale? Chi la citazione dotta con la battuta di un’ironia antica, tutta fiorentina? No match, come si direbbe oggi in una lingua inglese che al Maestro non piaceva molto prediligendo il francese che dominava con la disinvoltura di un grande accademico ottocentesco. Sì, perché leggere e parlare con Paolo Grossi era come varcare le soglie del tempo, per avventurarsi in un mondo che un suo prediletto scrittore chiamava: il mondo di ieri.

2. Ma si diceva che i due dottori intraprendono strade diverse. Il primo parte per un gran tour accademico che lo porterà a Parigi, Oxford, Berkeley. Perché il gran tour, in tutta la pregnanza del suo battesimo settecentesco, piaceva al Mentore che lo incoraggiava, sapendo bene che la scienza è senza confini, trascendendo di gran lunga tanto confini statuali che barriere linguistiche. Confrontarsi era per Paolo Grossi non un’opportunità, ma piuttosto un dovere, senza perdere però di vista la matrice originalissima dell’idea forza coltivata. Perché se vi era un tratto sicuro del Suo magistero questo si coglieva sia nel rifiuto di qualsivoglia provincialismo o campanilismo intellettuale, quanto nel rispetto rigoroso di quello che Egli soleva chiamare il “colore” di ciascun allievo. Poiché una scuola, per Paolo Grossi, non era una setta, ma un luogo nel quale promuovere l’intuizione, la parola magica che sussurrava ai discepoli: “Seguite la traccia dell’intuizione, non cercate mai di imitare gli altri e meno che mai me stesso”. La frase incorniciata sopra la sua testa, accanto a una rappresentazione di San Girolamo, non doveva prestarsi a fraintendimenti: servate ordinem et ordo servabit vos. Non significava omologazione ma solo profondo rispetto per il lavoro scientifico interpretato come missione più che professione. Il che non significa affatto che il mondo del diritto di Grossi fosse astratto dalla realtà. Tutt’altro! Perché alla realtà egli guardava con un’attenzione costante e preziosa. Le cose parlano, vivono: bisogna porsi al loro ascolto, come i grandi giuristi medievali che dalle cose ricavavano la norma. E il mondo di ieri per Paolo non era nostalgia ma un tesoro di sapere e di metodo cui attingere per scoprire i segreti di quello di oggi.

3. Ed è qui che la biografia del giovane notaio si intreccia con quella del suo coetaneo professore. Perché sotto l’egida del Maestro la storia parla non agli eruditi, ma ai giuristi. La storia come sguardo teoretico sulle grandi tendenze di sviluppo della cultura e della società. E il giurista a tutto tondo è uomo del presente perché sa di avere possenti radici nel passato. Ed ecco quindi che entra in scena il notariato, uno dei terreni di elezione dove toccare con mano il congiungersi tra storia, teoria e prassi creativa. Del resto, l’itinerario di ricerca di Paolo Grossi, il suo programma metodologico è sempre stato ispirato da questa bussola orientativa: non prescindere mai dalla vitalità dei fatti e, anzi, riservare una costante attenzione verso la fattualità dove il diritto ha la sua genesi; però, mantenere coscienza vivissima dei rischi di dispersione e disorientamento, che il giurista ordinatore consegue se non si corrobora con adeguate risorse teoriche. Notaio, professore universitario e giudice appaiono seduti ad una stessa mensa, dalla quale ciascuno può trarre un sicuro profitto.

4. Le lunghe conversazioni, costanti e affettuose, degli anni Ottanta/Novanta del Novecento e dei primi anni del nuovo secolo, assai arricchenti per l’allievo notaio, si spostano dallo Studio del Professore a Villa Ruspoli o dalla Sua casa fiorentina vicino al Suo liceo Dante o, ancora, dal suo ritiro nelle colline del Chianti, a Roma.

Negli stessi anni nei quali il Maestro viene nominato giudice della Corte costituzionale e poi Presidente, il suo allievo fiorentino assume la guida della Fondazione italiana del notariato, un organismo che ha per scopo primario quello di offrire ai notai italiani maggiori fondamenti culturali. Tale coincidenza di eventi consente di trasferire il colloquio, prima del tutto privato, su un piano di maggiore ampiezza. Ed è per questo che, grazie a Lui, si è avuto e si ha un dialogo fitto e fertile tra istituti universitari e officine notarili.

Numerosi convegni organizzati dal notariato hanno visto protagonista il Prof. Grossi, che sempre ha portato un profittevole contributo, definendo il notaio non come «mero documentatore» bensì come un «testimone/interprete del suo tempo». La novità del punto di vista genera metodi diversi e risultati inattesi, suscita altre domande, esige altre risposte. Paolo Grossi aveva la capacità di determinare un nuovo modo di essere giurista, di costruire un nuovo e diverso rapporto con l’universo giuridico.

5. Che non si fraintenda questo ricordo. Questa pagina non ha altro scopo che dar conto di una familiarità durata quasi quaranta anni, Altri, più avanti, saranno chiamati a onorare il provvedutissimo scienziato e lo straordinario didatta, ma questa prima testimonianza sul personaggio Paolo Grossi — l’uomo e l’intellettuale — abbiamo sentito il dovere di esprimerla. Non abbiamo abbozzato una versione molto inadeguata delle “storie parallele” per la quale non saremmo minimamente qualificati. Bensì abbiamo con umiltà ricapitolato il senso di un’esistenza, quella di Paolo Grossi, così intensa e profonda da lasciare un segno indelebile in itinerari personali snodatisi lungo tanti anni, solo apparentemente obbedienti a logiche e teloi altri tra loro.

In noi, che abbiamo avuto la buona sorte di conoscerlo e di goderne l’amicizia, resterà nell’animo l’amabilità del suo tratto, il suo gusto dell’ironia e della auto-ironia (salvataggio prezioso di pochi intellettuali), il suo elegante umorismo, il suo stile pacato e sempre misuratissimo, il suo eloquio forbito ed essenziale, la sua disponibilità all’ascolto.

La grandezza di Paolo Grossi è attestata dalla diffusione del suo pensiero, dalla fecondità degli studi promossi, dal fascino inesauribile che il Maestro esercitava su noi scolari, fascino che ancora si dispiega sulla sensibilità e intelligenza dei giovani.

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