Editoriali

Arbitrato e processo civile 20.01.2025

Il decreto correttivo in materia di mediazione civile e commerciale e negoziazione assistita

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Decreto legislativo

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Con il d.lgs. n. 216/2024 il legislatore ha completato l'esercizio del potere di delega apportando correzioni ed integrazioni alla disciplina della mediazione civile e commerciale e della negoziazione assistita.

Trattasi per la verità, con riflessione estesa anche alle modifiche ed integrazioni relative alla disciplina del processo civile, di una montagna che ha partorito un topolino, dato che gli interventi correttivi in questione appaiono, se non per la mediazione, sicuramente poco rilevanti quanto alla disciplina della negoziazione assistita, e per la maggior parte si inscrivono nell'ambito della generalizzazione dell'uso di strumenti telematici per lo svolgimento sia del processo che delle udienze di mediazione e negoziazione assistita.

Rispetto alla mediazione civile e commerciale viene modificato l'art. 5, relativo alle “Condizioni di procedibilità e rapporti con il processo” ai commi 2 e 3. In particolare la formulazione del secondo comma, nella parte in cui prevede che, nei casi indicati dal comma 1, l'esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, aveva creato noti problemi interpretativi; infatti, benché la disposizione normativa intendesse riferirsi solo alla domanda introduttiva del giudizio, l'espressione generica “domanda giudiziale” aveva fatto insorgere dubbi sulla procedibilità della domanda riconvenzionale sempre nelle ipotesi disciplinate dal comma 1, ove proposta a seguito di domanda introduttiva non assoggettata alla condizione di procedibilità. Con riguardo a tale ipotesi è noto che le Sezioni Unite della Cassazione si sono espresse affermando che la condizione di procedibilità prevista dall'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 sussiste per il solo “atto introduttivo del giudizio” e non anche per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti e al giudice di esperire il tentativo di conciliazione per l'intero corso del processo e laddove possibile. La modifica della disposizione, quindi, pur essendo di mero coordinamento, serve ad uniformare il disposto dell'art. 5 alla riportata interpretazione dei giudici di legittimità che limita la condizione di procedibilità alla sola domanda giudiziale, intesa come domanda introduttiva del processo.

Viene inoltre integrato l'elenco in cui la condizione di procedibilità della domanda giudiziale prevista dal comma 1 è assolta con l'esperimento di una delle procedure alternative di risoluzione delle controversie previste dalle leggi speciali, con l'inserimento dell'ipotesi prevista dall'art. 1, comma 11, l. n. 249/1997 istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo, relativa al tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie in materia di telecomunicazioni.

Sempre quanto alla mediazione civile e commerciale sicuramente una delle modifiche più rilevanti è quella relativa alla durata del procedimento di mediazione che viene portata a sei mesi, prorogabile dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza per periodi di volta in volta non superiori a tre mesi. Rispetto, però, alla mediazione “obbligatoria” e alla mediazione delegata dal giudice, il procedimento di mediazione ha sempre la durata di sei mesi, prorogabile dopo la sua instaurazione e prima della scadenza, ma per una sola volta di ulteriori tre mesi. 

Viene pertanto effettuata, quanto alle modalità della proroga, una scissione tra la mediazione volontaria e la mediazione per dir così iussu iudicis, rispetto alla quale la proroga può essere consentita solo una volta per ulteriori tre mesi. La discrasia ha una sua logica; se, in effetti, la volontà delle parti può anche consentire proroghe successive per periodi di volta in volta non superiori a tre mesi, ciò non può essere quando il giudice rileva che la causa è improcedibile perché doveva essere esperita la mediazione, o nelle ipotesi di mediazione su istanza giudiziale, rispetto alla quale comandano sovrani i superiori principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo. 

Quanto al prolungamento del termine di durata della mediazione e, nei casi di mediazione volontaria, della possibilità di proroga anche per più volte ha un senso logico, come specifica la Relazione ministeriale, nell'esigenza di non comprimere eccessivamente i tempi della mediazione, specialmente quando essa coinvolge più parti e per le cause di maggiore complessità come le divisioni ereditarie che necessitando anche di pareri di esperti richiedono un tempo maggiore per il loro svolgimento; una durata limitata invece rischia di compromettere la fruttuosità della procedura conciliativa costringendo le parti ad adire il giudice per una controversia che si sarebbe potuta evitare ove avessero avuto a disposizione un tempo maggiore per trovare l'accordo (oltre a non poter fruire delle agevolazioni fiscali riconosciute, come noto, anche nei casi non obbligatori di mediazione).

Peraltro si ribadisce che il procedimento di mediazione non è soggetto alla sospensione feriale dei termini e si fissa la decorrenza del termine di durata riproducendo la disposizione già vigente che indica quale dies a quo la data di deposito della domanda di mediazione, mentre quando il giudice procede ai sensi dell'art. 5, comma 2, o demanda le parti in mediazione ai sensi dell'art. 5-quater, ne viene fissata la decorrenza nella data di deposito dell'ordinanza con cui il giudice adotta i relativi provvedimenti, così eliminando il refuso, presente nel testo previgente, che faceva decorrere il termine di durata della mediazione dalla “scadenza del termina assegnato dal giudice per la presentazione della domanda di mediazione”.

Vengono poi specificate le modalità con cui deve essere rilasciata la delega dalla parte che vuole farsi sostituire da un delegato all'incontro di mediazione (art. 8, comma 4-bis) prevedendo che la delega per la partecipazione all'incontro ai sensi del comma 4 è conferita con atto sottoscritto con firma non autenticata e contiene gli estremi del documento di identità del delegante, delega che poi va consegnata insieme a copia non autenticata del documento di identità del delegato per l'acquisizione agli atti del procedimento. In tal modo si pone fine al dibattito sorto nella prassi giurisprudenziale sulla questione dei requisiti di forma e contenuto che deve avere l'atto di delega per la partecipazione ad un incontro di mediazione e sulla necessità che la firma del delegante debba essere o meno autenticata. Ricordo a tal proposito che la Corte di Cassazione aveva precisato che nel procedimento di mediazione obbligatoria, pur essendo necessaria la comparizione personale delle parti, le stesse possono farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, rappresentante che può coincidere anche con il difensore che le assiste (Cass., sez. III, n. 8473/2019). Pur essendo infatti necessaria la comparizione personale delle stesse ciò non comporta che si tratti di attività non delegabile, in mancanza di disposizioni diverse al riguardo e non avendo natura di atto strettamente personale;  il principio è stato successivamente ribadito più volte dalla giurisprudenza di legittimità (si vedano ad es. Cass., sez. III, n. 20643/2023 e Cass., sez. II, n. 13029/2022). Nella prima fase applicativa l'orientamento ora ricordato dei giudici di legittimità era stato seguito da diverse prassi dei giudici di merito rispetto ai requisiti di forma della delega e delle modalità con cui la firma doveva essere eventualmente autenticata. Sicché il legislatore del correttivo ha ritenuto opportuno intervenire sul punto con l'inserimento del nuovo comma 4-bis dell'art. 8 su ricordato. La modifica è opportuna ove si consideri che in tal modo si evita di esporre le parti del procedimento di mediazione a incertezze applicative che, ove il giudice ritenga inidonea la delega per difetto di forma, potrebbe ritenere non esperito il primo incontro e, quando la mediazione è obbligatoria, non soddisfatta la condizione di procedibilità.

Ulteriore modifica al d.lgs. n. 28/2010 è quella relativa alla Mediazione in modalità telematica avvenuta con la sostituzione del testo dell'art. 8-bis introdotto in sede di riforma. Questa previsione aveva causato diversi problemi applicativi. In particolare, non risultava chiara nella originaria formulazione la distinzione – e non coincidenza – tra mediazione “telematica” in cui i relativi atti sono tutti interamente digitalizzati, e la possibilità di partecipare agli incontri di mediazione – sia che essa fosse interamente digitalizzata, sia che si svolgesse in modalità analogiche – avvalendosi di sistemi di videoconferenza da remoto. Con la conseguenza che nella prassi ci si interrogava sulla applicabilità degli incontri da remoto alla sola mediazione telematica o in via generale. Peraltro risultava troppo specifica anche la disposizione che richiedeva che ciascun atto del procedimento dovesse essere formato e sottoscritto nel rispetto del CAD (art. 8-bis, comma 1) perché in virtù del principio di deformalizzazione della mediazione, stabilito dall'art. 8, comma 3, e in virtù della prassi consolidata degli organismi, non tutti gli atti della mediazione, per essere regolarmente formati, devono avere la necessaria sottoscrizione di tutti i partecipanti.

Peraltro nella pratica applicativa la disposizione in parola aveva comportato numerosi inconvenienti per le parti e per gli organismi che si sono avvalsi della modalità telematica, perché la sottoscrizione di ogni atto del procedimento rende necessario che ogni parte disponga della propria firma digitale o comunque che tale firma sia messa a disposizione dall'organismo di mediazione che ne anticipa le spese, senza contare il dispendio in termini di tempo per l'apposizione da parte di tutti della firma digitale e per la restituzione dell'atto al mediatore per la firma e il deposito. 

Altro problema applicativo era dato dalla previsione dell'art. 8-bis, comma 3, secondo cui a conclusione del procedimento doveva essere formato un “unico documento informatico, in formato nativo digitale”, disposizione che aveva creato numerosi problemi nella prassi ogni volta che il documento conclusivo era composto non solo dal verbale nativo “digitale” ma anche da numerosi allegati, come l'accordo e gli eventuali documenti, non necessariamente nativi digitali ma facilmente digitalizzabili.

In funzione della correzione di tali discrasie e criticità nella originaria formulazione dell'art. 8-bis del decreto, si è corretta la norma con il dichiarato fine di distinguere chiaramente la mediazione “telematica” in cui gli atti sono completamente digitalizzati, e la disciplina di partecipazione agli incontri con collegamento da remoto, modalità di partecipazione che le parti possono scegliere sia quando abbiano optato per la mediazione interamente telematica, sia quando abbiano inteso procedere in modalità analogica.

A tal fine il legislatore ha voluto sdoppiare la disciplina dedicando l'art. 8-bis alla sola mediazione telematica e introducendo l'art. 8-ter dedicato alla disciplina degli incontri da remoto. Sicché il nuovo testo dell'art. 8-bis del decreto riproduce in sostanza i precedenti commi 1, 3, 4 e 5 del testo originario mentre il comma 2 viene trasferito nell'art. 8-ter in quanto dedicato alla partecipazione da remoto agli incontri di mediazione.

Ne deriva che nella nuova formulazione l'art. 8-bis prevede, al comma 1, che quando la mediazione, con il consenso delle parti, si svolge in modalità telematica, gli atti del procedimento sono formati dal mediatore e sottoscritti in conformità al presente decreto nelle rispetto delle disposizioni del CAD di cui al d.lgs. n. 82/2005; al comma 2, che a conclusione del procedimento il mediatore forma un documento informatico contenente il verbale e l'eventuale accordo per l'apposizione della firma da parte dei soggetti che vi sono tenuti. Il documento è immediatamente restituito al mediatore. Al comma 3 si prevede che il mediatore, ricevuto il documento in questione, verificata l'apposizione, la validità e l'integrità delle firme, appone la propria firma e ne cura il deposito presso la segreteria dell'organismo, che lo invia alle parti e ai loro avvocati se nominati. Infine il comma 4 prevede che la conservazione e l'esibizione dei documenti del procedimento di mediazione svolto in forma telematica avvengono a cura dell'organismo di mediazione, in conformità all'art. 43 del d.lgs. n. 82/2005.

A sua volta il nuovo art. 8-ter, diretto a disciplinare gli incontri di mediazione in videoconferenza da remoto, prevede che ciascuna parte possa sempre chiedere al responsabile dell'organismo di mediazione di partecipare agli incontri con collegamento audiovisivo da remoto (comma 1); che i sistemi di collegamento audiovisivo utilizzati per gli incontri di cui al comma 1 assicurano la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate (comma 2); che al di fuori dei casi di mediazione “telematica” di cui all'art. 8-bis quando il mediatore è tenuto ad acquisire le firme dei partecipanti per gli atti formati durante un incontro al quale una o più parti partecipano in collegamento da remoto, con il consenso di tutte le parti, le firme sono apposte nel rispetto delle disposizioni del CAD e nel rispetto dell'art. 8-bis, commi 2 e 3, salva l'ipotesi di cui al comma 4 secondo cui se non vi è tale consenso, le firme di tutti i partecipanti sono apposte in modalità analogica davanti al mediatore (comma 4). Infine, si prevede che le parti debbano cooperare in buona fede e lealmente affinché gli atti formati durante un incontro cui una o più parti partecipano da remoto siano firmati senza indugio (comma 5).

Vengono poi effettuati alcuni interventi di coordinamento e di aggiornamento anche nell'ottica della digitalizzazione di ogni fase della procedura e viene riscritto l'intero capo II-bis del d.lgs. n. 28/2010 relativo al patrocinio a spese dello Stato nella mediazione civile e commerciale, sia per eliminare alcuni refusi sia per allineare il regime di tale patrocinio nella mediazione alle corrispondenti disposizioni del D.P.R. n. 115/2002.

Venendo invece alla negoziazione assistita vanno segnalate le poche modifiche apportate alla disciplina e, precisamente, la sostituzione dell'art. 2-bis del d.l. n. 132/2014 sulla Negoziazione assistita in modalità telematica. La ratio dell'intervento normativo è speculare a quella che sorregge l'introduzione del nuovo art. 8-bis del d.lgs. n. 28/2010, essendo identiche le ragioni che sorreggono la modifica. L'intento è quindi di giungere ad una disciplina per quanto possibile armonica delle procedure di risoluzione alternativa delle controversie con riferimento alla modalità telematica di svolgimento e alla possibilità della partecipazione agli incontri da remoto.

Nello specifico la norma prevede, al comma 1, che quando la negoziazione si svolge in modalità telematica, gli atti del procedimento, ivi compreso l'accordo conclusivo, sono formati e sottoscritti nel rispetto delle disposizioni del codice dell'amministrazione digitale, di cui al d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82. La disposizione è di contenuto speculare al nuovo testo dell'art. 8-bis del d.lgs. n. 28/2010.

La norma stabilisce, al comma 2, che il documento informatico contenente l'accordo conclusivo sottoscritto ai sensi del comma 1 è trasmesso in conformità all'art. 11, comma 1, norma che è stata a sua volta modificata dal d.lgs. n. 216/2024. Questo comma nella nuova formulazione ha lo scopo di istituire un chiaro collegamento con l'art. 11 del d.l. n. 132/2014 che pone in capo agli avvocati in caso di conclusione di un accordo in sede di negoziazione assistita, di darne comunicazione, tramite il CNF al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati competente.

Il comma 3 prevede che ciascuna parte possa sempre chiedere di partecipare agli incontri con collegamento audiovisivo da remoto. La disposizione è diretta a chiarire, anche per diversificare la partecipazione a un incontro con sistemi di videoconferenza dal diverso concetto di negoziazione assistita in modalità telematica, che ciascuna parte può sempre chiedere di partecipare a un incontro avvalendosi dei sistemi di collegamento da remoto.

Il comma 4 riproduce il comma 2 del testo prima vigente, individuando gli standards qualitativi che i sistemi di collegamento da remoto devono assicurare perché l'incontro si svolga in termini di effettiva partecipazione, prevedendo che i sistemi di collegamento audiovisivo utilizzati per gli incontri assicurano la contestuale, effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate.

Il comma 5 della disposizione esclude (ora come nella precedente versione, prima prevista al comma 3) espressamente l'acquisizione per via telematica delle dichiarazioni dei terzi previste dall'art. 4-bis del d.l. n. 132/2014  che devono, pertanto, essere rese in modalità necessariamente analogica e alla presenza delle parti e degli informatori. Ciò al fine di assicurare la verifica della genuinità di siffatte dichiarazioni e assicurare altresì al terzo che le rende la possibilità di verificare appieno le modalità in cui tali dichiarazioni vengono acquisite. Il divieto espressamente posto dalla disposizione per le dichiarazioni dei terzi di cui all'art. 4-bis non opera rispetto alle dichiarazioni confessorie previste dall'art. 4-ter del d.l. n. 132/2014 che possono essere acquisite sia su documento informatico che in modalità analogica. 

Infine l'ultimo comma della novellata disposizione stabilisce che quando l'accordo di negoziazione è contenuto in un documento sottoscritto dalle parti con modalità analogica, tale sottoscrizione è certificata dalle parti con firma digitale, o altro tipo di firma elettronica qualificata o avanzata, nel rispetto delle regole tecniche di cui all'art. 20, comma 1-bis, del d.lgs. n. 82/2005.

Viene altresì modificato l'art. 2 relativo alla Convenzione di negoziazione assistita da avvocati in particolare sostituendo, al comma 5, la locuzione “uno o più avvocati” con la più chiara “almeno un avvocato per ciascuna parte” al fine di chiarire senza possibilità di dubbio che non soltanto nelle controversie laburistiche, ma in ogni procedura di negoziazione, ciascuna parte è assistita dal proprio avvocato. Il dubbio sorgeva perché a fronte dell'equivoco disposto dell'art. 2, comma 5 del d.l. n. 132/2014 faceva, invece, da pendant il disposto del secondo periodo dell'art. 2-ter dello stesso decreto che, rispetto alla negoziazione assistita nelle controversie di lavoro, prevedeva che “ciascuna parte è assistita da almeno un avvocato”.

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