TRIBUNALE DI PRATO - 6 maggio 2014 (ord.), est. dott.ssa Consani - Come noto, la legge Fornero ha profondamente inciso sul previgente assetto normativo in materia lavoristica, apportando una vasta gamma d’innovazioni al momento sottoposte al vaglio applicativo della giurisprudenza di merito.
Tra i molteplici elementi di novità imputabili alla novella legislativa, un ruolo di primaria importanza deve senza dubbio attribuirsi alla complessiva riscrittura dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, norma storicamente intesa a disciplinare il sistema rimediale che l’ordinamento giuridico appresta nei confronti dei licenziamenti illegittimi.
Invero, il legislatore del 2012 ha rimodulato l’articolazione dell’apparato sanzionatorio di cui alla ricordata disposizione statutaria, diversificando il regime di tutela applicabile in ragione della natura e dell’intensità della violazione normativa posta in essere dal datore di lavoro e accertata dal giudice con il provvedimento dichiarativo dell’illegittimità del licenziamento.
Segnatamente, il novellato art. 18 dello Statuto dei lavoratori individua quattro livelli di tutela, configurando, per così dire, un “climax sanzionatorio” decrescente: a) reintegrazione “piena”; b) reintegrazione “attenuata”; c) tutela indennitaria “forte”; c) tutela indennitaria “debole”.
In questa rinnovata cornice rimediale, con riferimento ai primi due livelli di tutela, degna di nota è l’espressa previsione della detraibilità dall’ammontare del risarcimento del danno di quanto il lavoratore ha percepito, durante il periodo di illegittima estromissione dalla struttura aziendale, per lo svolgimento di una o più attività lavorative (c.d. aliunde perceptum).
Esplicitando la deducibilità dell’aliunde perceptum, il legislatore della riforma ha tipizzato sul piano normativo una soluzione già da tempo applicata in via interpretativa dalla giurisprudenza, favorendo così la trasformazione di un principio di diritto vivente in regola di diritto vigente.
Tale previsione, peraltro, è suscettibile di potenziali ricadute sul versante processualistico: invero, l’inserimento nel testo di legge di una formula imperativa che impone lo scomputo dall’ammontare del risarcimento del danno dei redditi aliunde conseguiti dal lavoratore potrebbe indurre a sostenere l’esistenza in capo al giudice di un vero e proprio obbligo in tal senso, pur in assenza di una specifica eccezione di parte.
Orbene, l’ordinanza commentata, emessa dal Tribunale di Prato in una fattispecie di licenziamento disciplinare, affronta indirettamente tale ultima questione, offrendo una soluzione interpretativa quantomeno “atipica”.