Va rimessa alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la questione volta a verificare se la nozione di consumatore accolta dalla direttiva 93/13/CEE osti alla qualificazione come consumatore di un soggetto, quale il condominio nell'ordinamento italiano, che non sia riconducibile alla nozione di “persona fisica” e di “persona giuridica”, allorquando tale soggetto concluda un contratto per scopi estranei all'attività professionale e versi in una situazione di inferiorità nei confronti della controparte professionista.
IL CASO - L'ordinanza in commento trae origine dall'opposizione proposta da un condominio avverso un atto di precetto con il quale gli veniva intimato, da una società, il pagamento di una somma dovuta a titolo di interessi di mora calcolati sul capitale scaduto, sulla base di un verbale di mediazione sottoscritto dalle parti in causa.
In sede stragiudiziale, infatti, il condominio si era obbligato a versare mensilmente una determinata somma fino alla definitiva estinzione del proprio debito, quantificato sia in relazione al capitale dovuto che agli interessi. Dando seguito a tale accordo, veniva quindi adempiuta integralmente l'obbligazione di pagamento del capitale, ma residuavano da corrispondere alcuni importi a titolo di interessi.
Nondimeno, a fronte del mancato pagamento di una rata, il creditore dichiarava di avvalersi della decadenza dal beneficio del termine e richiedeva la totale corresponsione degli interessi moratori, calcolati al tasso del 9,25% dal momento della scadenza del termine di pagamento al saldo, come previsto nel contratto originariamente stipulato dalle parti ed espressamente richiamato nel verbale di mediazione.
A tale richiesta si opponeva il condominio, limitandosi a contestare la debenza degli interessi di mora per il periodo successivo alla formazione del titolo esecutivo, rappresentato dal verbale di mediazione, in virtù del quale era stato notificato il precetto.
Il giudice, dal canto suo, tenendo conto dell'orientamento prevalente della Suprema Corte, rilevava d'ufficio la possibilità di applicare al condominio la disciplina consumeristica in merito al giudizio di abusività della clausola con cui era stata determinata la misura dell'interesse moratorio.
L'opponente prendeva conseguente posizione sul punto affermando il proprio status di consumatore e chiedeva al giudice di vagliare la vessatorietà della clausola in discorso.
LE QUESTIONI GIURIDICHE E LA SOLUZIONE - La quaestio iuris che si pone all'attenzione del giudice di prime cure riguarda, dunque, la possibilità di qualificare il condominio come consumatore, al fine di applicare ai contratti da questo conclusi, ed estranei all'attività professionale, la più favorevole disciplina prevista dal Codice del Consumo.
Nel caso di specie, una risposta affermativa a tale quesito potrebbe comportare la nullità ex art. 36 cod. cons. della clausola sugli interessi moratori, in quanto, secondo il Tribunale, emergerebbe da diversi profili la natura vessatoria della stessa, ai sensi dell'art. 33, comma 2, cod. cons.
Tuttavia, nonostante il costante indirizzo della Corte di Cassazione favorevole all'estensione della disciplina consumeristica al condominio (cui sopra si è fatto riferimento), il giudice del rinvio evidenzia una serie di difficoltà derivanti dalla nozione di consumatore accolta dalla normativa nazionale di matrice europea.
Viene richiamato, in questo senso, l'art. 2, lett. b), della direttiva 93/13/CEE, il quale definisce come consumatore «qualsiasi persona fisica che […] agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale». Sul punto, inoltre, il giudice osserva come la medesima nozione sia stata sostanzialmente riprodotta dal legislatore italiano in sede di recepimento della direttiva, e menziona in proposito l'art. 3, comma 1, d.lgs. n. 206 del 2005, dal quale sembra emergere la precisa scelta di circoscrivere la normativa di favore alla sola persona fisica che agisce per soddisfare esigenze prettamente personali. Ad ulteriore conferma, vengono richiamate anche la direttiva 2008/13/CE in materia di credito ai consumatori e la direttiva n. 1999/44/CE relativa alla vendita di beni di consumo, le quali fanno espresso riferimento alla sola “persona fisica”.
Tenuto conto di tale quadro normativo e in considerazione dell'orientamento fortemente restrittivo adottato dalla giurisprudenza europea in relazione alla nozione di consumatore, il giudice di merito è indotto ad escludere la possibilità di estendere la disciplina consumeristica al condominio.
Ciononostante, lo stesso giudice evidenzia altresì il rischio che la dicotomia tra persona fisica e persona giuridica possa non ricomprendere situazioni come quella del condominio, al centro della vicenda, esistenti soltanto in alcuni ordinamenti degli Stati membri, che sfuggono a tale rigida distinzione. Eppure, nulla esclude che soggetti come il condominio stesso, difficilmente riconducibili sic et simpliciter alle categorie sopra indicate, possano trovarsi in condizioni di inferiorità rispetto al professionista, sotto molteplici profili. In circostanze di questo tipo, per il Tribunale di Milano, potrebbero concretamente sussistere dei margini per applicare anche a siffatti soggetti la normativa del Codice del Consumo, e ciò al fine di porre rimedio all'asimmetria informativa tra le parti e ristabilire l'effettivo equilibrio del contratto.
A fronte di tali considerazioni, l'organo giudicante ha investito della questione la Corte di Giustizia dell'Unione Europea e pronunciato con ordinanza la sospensione del procedimento.
OSSERVAZIONI - La problematica in discorso, ancor oggi al centro di un acceso dibattito, si innesta, da un lato, sulla più generale questione relativa al profilo soggettivo di applicazione del Codice del Consumo, e presuppone, dall'altro, l'esatta individuazione della natura giuridica del condominio.
Da un punto di vista puramente descrittivo, si afferma che il condominio viene in essere laddove coesistano in un edificio proprietà esclusive e parti comuni indivise, quest'ultime strutturalmente e funzionalmente collegate alle prime.
Non è però chiaro quale sia l'essenza ontologica di tale istituto e nemmeno il Codice Civile risulta d'aiuto in tal senso, tenuto conto che ne detta la disciplina ma non ne fornisce in alcun modo la definizione.
L'occasione per dare una qualificazione giuridica del condominio si è presentata nel contesto del recente progetto di riforma dell'istituto, culminato nella l. n. 220 del 2002. In quella sede, tuttavia, il legislatore si è limitato ad integrare chirurgicamente alcune parti della disciplina, lasciando praticamente inalterata l'impostazione originaria nonché la collocazione entro il Libro Terzo del Codice, nel titolo dedicato alla comunione.
Allo stato, pertanto, occorre fare riferimento alle diverse teorie elaborate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, oltretutto assai numerose data la complessità della fattispecie in esame.
Per quanto riguarda i principali orientamenti emersi in dottrina, deve in primo luogo ricordarsi quello c.d. collettivista, secondo cui il condominio sarebbe un ente collettivo dotato di personalità giuridica, proprietario delle cose ed opere comuni dell'edificio. A questa impostazione si contrappone la tesi c.d. individualista, che nega la possibilità di qualificare in termini di “ente” il soggetto in parola e dà rilevanza, piuttosto, ai proprietari delle singole unità immobiliari.
Da diversa prospettiva, è stato invece sottolineato come le suddette ricostruzioni, operando una rigida scissione tra parti private e comuni, non colgano la vera ratio dell'istituto, la quale risiederebbe proprio nel rapporto di coesistenza – e non di semplice accessorietà – tra proprietà esclusiva e proprietà comune. Tale concezione “mista” evidenzia le peculiarità della figura del condominio, nella quale si rinvengono, da una parte, gli organi tipici delle formazioni collettivistiche e, dall'altra, i principi organizzativi propri dei gruppi individualistici. Secondo questa tesi, nell'istituto in discorso, il ruolo attribuito all'amministratore e all'assemblea non inciderebbe sui diritti dei singoli condòmini, i quali deriverebbero direttamente dalla legge, dagli atti di acquisto o dalle convenzioni.
Volgendo lo sguardo alla giurisprudenza, risultano maggioritarie le pronunce che configurano il condominio quale “ente di gestione” sfornito di personalità giuridica e privo di autonomia patrimoniale: esso, in particolare, opererebbe in rappresentanza e nell'interesse comune dei partecipanti, e limitatamente all'amministrazione ed al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino. Da ciò la configurazione del rapporto tra l'amministratore e i partecipanti del condominio nei termini di mandato con rappresentanza e la conseguente attribuzione ai singoli condòmini di tutti gli atti o i contratti posti in essere dal mandatario.
Tale tesi, peraltro, parrebbe confermata dalla riforma del 2012, la quale, nel regolare il legame tra l'amministratore e i condòmini, ha previsto, all'art. 1129 c.c., l'applicazione in via residuale delle disposizioni dello stesso Codice civile in tema di mandato.
Proprio l'impostazione appena tratteggiata permetterebbe di applicare la disciplina consumeristica al condominio, senza il filtro della persona giuridica. La qualità di consumatore, che spetterebbe ai singoli condòmini, in quanto persone fisiche che agiscono per scopi estranei all'attività esercitata, si estenderebbe, difatti, automaticamente, anche all'ente di gestione.
Si è obiettato, al riguardo, che il condominio non sarebbe esposto ai rischi della contrattazione normalmente incombenti sul consumatore, posto che l'amministratore sarebbe il più delle volte dotato di tutti i crismi della professionalità, nonché di un rilevante potere negoziale. La figura del mandatario, in altre parole, sarebbe in grado di colmare quei deficit di conoscenza e competenza del mandante.
Anche su tale fronte sono state cercate conferme nell'ultimo intervento del legislatore in materia di condominio, rinvenendo indicazioni in tal senso nell'art. 71-bis delle Disposizioni di attuazione del Codice Civile, che subordina l'attribuzione dell'incarico di amministratore alla sussistenza di precisi requisiti di formazione e onorabilità. Ad ulteriore riprova, è stato osservato come, soprattutto nel caso di supercondomini particolarmente complessi, l'amministrazione condominiale venga sempre più spesso affidata a società operanti nel settore, delle cui competenze professionali non sembra potersi dubitare.
Tali critiche, però, non hanno trovato accoglimento nella giurisprudenza prevalente, essendo ormai pacifico che la valutazione circa la natura di consumatore o professionista debba essere svolta con esclusivo riferimento alla posizione soggettiva del committente, indipendentemente dal fatto che lo stesso agisca da solo o coadiuvato da incaricati di sua fiducia. Peraltro, una diversa soluzione produrrebbe un'ingiustificata discriminazione a svantaggio dei condòmini che, ai sensi dell'art. 1129 c.c., sono obbligati alla nomina dell'amministratore rispetto a quelli a cui è consentito di agire singolarmente.
Deve, infine, per contro, segnalarsi la posizione assunta in talune occasioni dai giudici di legittimità, secondo cui le novità introdotte dalla riforma del 2012 manifesterebbero la tendenza verso una «progressiva configurabilità in capo al condominio di una sia pure attenuata personalità giuridica, e comunque, sicuramente in atto, di una soggettività giuridica autonoma».
Va da sé, infatti, che un eventuale riconoscimento al condominio della personalità giuridica comporterebbe l'inapplicabilità allo stesso della tutela prevista in favore del consumatore e spazzerebbe via qualsiasi ulteriore argomentazione.
Ad ogni modo, anche aderendo alla “tradizionale” teoria dell'“ente di gestione” – i cui contorni, invero, non sembrano del tutto chiari – non possono non evidenziarsi alcuni aspetti critici scarsamente presi in considerazione dalla giurisprudenza. Ci si riferisce, in particolare, all'ipotesi in cui siano presenti nella compagine condominiale società o persone fisiche che utilizzano l'immobile per scopi professionali. Difatti, la circostanza che un atto possa essere compiuto da più persone, alle quali dovrebbe collegarsi un trattamento giuridico differenziato, non è stata presa in considerazione né dal legislatore comunitario né da quello italiano, e la stessa dottrina non pare riuscire a superare efficacemente la critica.
Al riguardo, muovendo dall'impossibilità di applicare al medesimo atto giuridico due discipline differenti (e contrastanti), è stata sostenuta in letteratura tanto l'applicazione esclusiva del diritto comune dei contratti quanto l'estensione del Codice del Consumo ai soggetti non qualificabili come consumatori. Un'altra parte della dottrina, invece, ha evidenziato l'arbitrarietà delle soluzioni appena tratteggiate, le quali, non tenendo conto degli scopi per cui agiscono i singoli consumatori, risulterebbero in contrasto con il prevalente indirizzo giurisprudenziale che nega la configurabilità del condominio come soggetto unitario distinto dagli individui che lo compongono.
I giudici di merito, dal canto loro, sembrano lontani dall'approdare ad una soluzione univoca, invocando in alcuni casi un criterio di “prevalenza” riferito ai millesimi occupati da consumatori o professionisti, e sostenendo altre volte l'applicazione de plano della disciplina consumeristica, sul presupposto che l'atto concluso sarebbe “sempre” estraneo all'attività professionale, in quanto finalizzato alla sola gestione delle parti comuni.
In conclusione, alla luce del complesso quadro che si è tentato di delineare, non può che apprezzarsi l'ordinanza del Tribunale di Milano che ha ritenuto necessario un chiarimento sulla questione da parte della Corte di Giustizia, auspicandosi una risposta chiara e che sgomberi il terreno dai numerosi dubbi in materia, dei quali, pur in sintesi, in questa sede si è cercato di dar conto.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E GIURISPRUDENZIALI - Come si è rilevato, l'applicabilità della disciplina consumeristica al condominio è stata affermata in diverse pronunce pertanto le indicazioni che seguono hanno carattere meramente esemplificativo. Nella giurisprudenza di legittimità si segnalano Cass. civ., 23 luglio 2019, n. 19832, in Dir. e giust., 2019; Cass. civ., 4 agosto 2016, n. 16321, in Dejure; Cass. civ., 22 maggio 2015, n. 10679, in Giust. civ. Mass., 2015; Cass. civ., 12 gennaio 2005, n. 452, in Ilcivilista.com, 2009, 3, 72; Cass. civ., 24 luglio 2001, n. 10086, in Corr. giur., 2001, 1436. Tra le decisioni più significative dei giudici di merito, si richiamano Trib. Arezzo, 17 febbraio 2012, n. 125, in Contr., 2012, 283; Trib. Bari, 23 aprile 2010, n. 1421, in Lex24; Trib. Milano, 8 settembre 2008, n. 10854, in Arch. loc e cond., 2009, 4, 382; Trib. Genova, 19 aprile 2007, in Obbl. e contr., 2007, 842; Trib. Modena, 20 ottobre 2004, in Giur. Mer., 2005, 178; Trib. Bologna, 3 ottobre 2000, n. 2539, in Corr. giur., 2001, 525.
Per ulteriori riferimenti in dottrina, si vedano: P.P. BOSSO, I contratti del condominio e il condominio come consumatore. Introduzione e principi generali,in Arch. loc. e. cond., 2017, 1, 4;M. RABITTI, La qualità di “consumatore-cliente” nella giurisprudenza e nelle decisioni dell'arbitro bancario finanziario, in Contr. impr., 2014, 1, 201; G. TERZAGO, Condominio e tutela del consumatore, in Riv. giur. edil., 2001, 5, 866.
Più in generale, sulla definizione di consumatore: G. CHINÈ, sub art. 3, in V. CUFFARO (a cura di), Codice del consumo, Milano, 2018, 20; L. ROSSI CARLEO, I soggetti, in L. ROSSI CARLEO (a cura di), Diritto dei consumi. Soggetti, atto, attività, enforcement, Torino, 2015, 33; E. BATTELLI,Consumatore: nozione, clausole abusive e foro competente, inCorr. mer., 2006, 1, 5; F. MACARIO, Dalla tutela del contraente debole alla nozione giuridica di consumatore nella giurisprudenza comune, europea e costituzionale, in Obbl. e contr., 2006, 872; G. ALPA, Ancora sulla definizione di consumatore, in Cont., 2001, 205.
Inoltre, sul particolare rapporto che intercorre tra Codice Civile e Codice del Consumo cfr. A. GENTILI, Contratti del consumatore e diritto comune dei contratti, in Riv. dir. civ., 2016, 6, 1481; E. BATTELLI, Codice del Consumo, Codice Civile e codici di settore: un rapporto non meramente di specialità, in Eu. e dir. priv., 2016, 425.
Per un approfondimento sullo strumento della nullità di protezione, per tutti: A. Gentili, La “nullità di protezione”, in Eu. e dir. priv., 2011, 77.
Per le diverse posizioni sulla natura giuridica del condominio, si vedano: G. BRANCA, Comunione, condominio negli edifici, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1982, 358; C.M. BIANCA, Nozione di condominio, in C.M. BIANCA (a cura di), Il condominio, Torino, 2007, 1; L. Salis, Il condominio negli edifici, nel Trattato Vassalli, Torino, 1956, 220; R. CORONA, I lineamenti generali della riforma e alcune importanti novità, in A. GAMBARO-U. MORELLO (diretto da), Condominio negli edifici e comunione, in Trattato dei diritti reali Gambaro-Morello, Milano, 2012, 11.
Sul concetto di “ente di gestione”, si segnalano: A. CELESTE, La Personalità giuridica del condominio cacciata dalla porta rientra dalla finestra?: alle Sezioni Unite (si spera) l'ardua sentenza, in Immobili & proprietà, 2018, 2, 92; A. GALLUCCI, La natura giuridica del condominio, in Arch. loc e cond., 2009, 1, 29. Al riguardo, in giurisprudenza: Cass. civ., 24 luglio 2012, n. 12911, in Giust. civ. Mass.,2012, 7-8, 953; Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2002, n. 5035, in Giust. civ., 2003, 1, 767; Cass. civ., 14 dicembre 1993, n. 12304, in Giust. civ., 1994, 1, 2563; Cass. civ., 9 giugno 2000, n. 7891, in Giust. civ. Mass., 2000, 1261.
Sul particolare rapporto tra amministratore e condominio, ex multis, v. A. LUMINOSO, Il rapporto di amministrazione condominiale, in Riv. giur. edil., 2017, 4, 221; V. CUFFARO, L'amministratore fra rappresentanza e gestione, in Rass. loc. cond., 2004, 2, 232.
Infine, sull'applicazione del Codice del Consumo ai condomìni a composizione mista, si segnala G. CERDONIO CHIAROMONTE, Tutela consumeristica e parte soggettivamente complessa, in Riv. dir. civ., 2019, 1, 25. Per la giurisprudenza sul tema: Trib. Ravenna, 27 settembre 2017, n. 711, in ilprocessocivile.it, 2017; Trib. Massa, 26 giugno 2017, in condominioelocazione.it, 2018; Trib. Bologna, 14 giugno 2000, in Corr. giur., 2001, 527.