Sommario:
- 1. La porzione di piano come dato della realtà materiale e l’unità immobiliare come bene in senso giuridico.
- 2. Le parti comuni come autonomi beni giuridici. Critica.
- 3. Le parti comuni come parte di ciascuna unità immobiliare condominiale.
- 4. La contitolarità come mera conseguenza del fenomeno del collegamento funzionale tipico del condominio.
- 5. Dall’accessorietà all’unità.
- 6. I fuorvianti richiami alla proprietà comune per risolvere conflitti circa l’estensione dei beni o il contenuto dei diritti dei condomini.
Con la novella della legge n. 220 del 2012 si è intervenuti sulla norma che apre la disciplina del condominio. Nessuna novità sostanziale, per la verità. Tra i ritocchi alla norma, si segnala la sostituzione della locuzione «piano o porzione di piano» oggetto di proprietà esclusiva con l’espressione «unità immobiliare». Sostituzione operata in quasi tutte le norme del codice civile. Sicuramente il riferimento all’unità immobiliare consente di adottare un linguaggio più coerente alla realtà del fenomeno degli edifici condominiali, oltre che più appropriato: finalmente ci si affranca da ogni richiamo all’idea di un bene immobile originariamente unitario e, successivamente, suddiviso o frazionato in distinte proprietà per prendere atto – anche sul piano del linguaggio giuridico – dell’ormai risalente fenomeno degli edifici concepiti, progettati e realizzati come costituiti da una pluralità di beni immobili – unità immobiliari per l’appunto – disposti su diversi piani.