Note

Società e concorrenza 26.08.2015

La Cassazione torna sul tema della tutelabilità del marchio “debole” e della sua interferenza con il fenomeno del c.d. “secondary meaning”

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CASS. CIV. - sez. I - 2 febbraio 2015, n. 1861 (sent.) - La qualificazione del segno distintivo come marchio debole non ne impedisce la tutela nei confronti della contraffazione, in presenza dell’adozione di mere varianti formali, inidonee ad escludere il rischio di confusione rispetto al nucleo del marchio imitato cui è affidata la funzione descrittiva.

-  Anche una parola di uso comune può costituire un marchio registrabile, purché non abbia una funzione intrinsecamente descrittiva della qualità del prodotto, ma sia collegata ad esso da un accostamento di mera fantasia che le attribuisca carattere originale ed efficacia individualizzante.

-  Nell’accertamento della confondibilità dei segni distintivi, occorre effettuare un giudizio finale in via globale e sintetica dell’insieme degli elementi salienti, grafici e visivi; a tal fine è necessario assumere, per quanto possibile, la stessa posizione valutativa del consumatore medio del genere di prodotti al quale il marchio è associato, cioè mediante un raffronto tra il marchio presentato al consumatore ed il mero ricordo mnemonico dell’altro, prescindendo dalla possibilità di un attento esame comparativo.

-  È possibile che un marchio, originariamente debole, veda rafforzata la propria capacità distintiva, divenendo forte per effetto del suo diffuso utilizzo di tipo commerciale a livello nazionale e internazionale e del suo duraturo sostegno pubblicitario.