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Società e concorrenza 22.06.2016

Gli atti di concorrenza sleale a danno di una società fallita. Considerazioni sulla sentenza della Suprema Corte n. 11224 del 2015

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Sommario:

  1. 1. La fattispecie all'attenzione della Suprema Corte.
  2. 2. La legitimatio ad causam del curatore.
  3. 3. L'attività confusoria “usurpativa” nella fattispecie all'esame della Suprema Corte.
  4. 4. Le fattispecie risarcitorie di concorrenza sleale come species rispetto al genus dei fatti illeciti ex art. 2043 c.c.
  5. 5. Conferma del rapporto di specie a genere delle norme sul risarcimento del danno dettate in tema di concorrenza sleale rispetto alle norme sulla responsabilità da fatto illecito. Dubbi sul rigetto del motivo di ricorso fondato sui criteri utilizzati dal giudice di merito nella determinazione del risarcimento del danno.
 

Il fallimento di una società, Infodis s.r.l., aveva convenuto in giudizio una società di capitali, Infodis Italia s.r.l. e i suoi soci, i coniugi F.O. e P.F., quest'ultima già amministratrice della società fallita, per sentirli condannare al risarcimento dei danni in quanto la società convenuta, con la cooperazione dei coniugi soci che nel luglio del 1994 l'avevano costituita, utilizzando una denominazione pressoché coincidente con quella della società fallita ed operando nello stesso segmento di mercato, avendo un oggetto sociale pressoché coincidente (prestazione di servizi informatici), si era di fatto appropriata dell'avviamento della Infodis s.r.l., “accaparrandosi” anche il cliente più importante, lo Ial Cisl, che assicurava alla società poi fallita un fatturato annuo di circa 150 milioni di vecchie lire.