Sommario:
- 1. Premessa. Le questioni di diritto.
- 2. La definizione di consumatore valevole nell’ambito della legge n. 3 del 2012 e il problema dei legami con il codice del consumo.
- 3. Dubbi sulla posizione espressa dalla Suprema Corte a proposito dell’esigenza che, quale condizione di ammissibilità del c.d. piano del consumatore, i creditori d’impresa siano stati soddisfatti con preferenza rispetto a quelli personali. La difficile configurabilità di surrettizi privilegi o destinazioni patrimoniali in mancanza di esplicite previsioni di legge.
- 4. Elementi di complessità introdotti dall’art. 12-bis, comma 3, sulla inclusione nel piano dei crediti tributari d’impresa.
- 5. L’inafferrabile collegamento tra il piano del consumatore e i debiti contratti a fini solidaristici per supportare un’attività d’impresa altrui.
- 6. Il principio di diritto formulato dalla Cassazione su consumatore e debiti assunti esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.
- 7. Conclusioni.
La definizione di consumatore offerta dall’art. 6, comma 2, lett. b), l. n. 3 del 2012, si discosta ictu oculi da quella impiegata nel codice del consumo e la Cassazione, con un recente pronunciamento, ha avallato tale distaccamento semantico. La Suprema Corte ha evidenziato che può accedere al «piano» anche il professionista che attualmente eserciti un’attività professionale o d’impresa, a condizione però che «non annoveri più tra i debiti attuali quelli un tempo contratti in funzione di sostentamento» all’attività economica. Questa affermazione pone alcuni interrogativi: se con ciò si sia inteso affermare che, ai fini dell’accesso al «piano del consumatore», tutti i debiti d’impresa debbano essere già stati adempiuti (quindi, con preferenza rispetto a quelli personali); se sia conseguentemente legittimo ipotizzare, nell’ambito dell’art. 2740 c.c., una nuova deroga alla garanzia patrimoniale generica per il soddisfacimento prioritario di alcuni creditori a discapito di altri; ma anche se l’ipotetica sopravvivenza di esigui debiti d’impresa, al momento della presentazione del piano di risanamento, costituisca causa sufficiente per giustificare l’inammissibilità della proposta, con intuibili effetti amplificatori della situazione d’insolvenza.