Sommario:
- 1. Premessa: unicità o pluralità di nessi causali?
- 2. La perdita di chances: le soluzioni giurisprudenziali.
- 3. La perdita di chances: le letture della dottrina.
- 4. Una ulteriore proposta.
- 5. Criteri di risarcimento. Qualche considerazione finale sui criteri di risarcimento della perdita di chances.
- 6. Conclusioni.
Nell’approfondimento l’Autore affronta una questione di grande attualità pratica, sulla quale spesso gli operatori sorvolano ma che è ben presente e radicata nella realtà quotidiana delle aule giudiziarie. Dietro lo schermo, apparentemente tranquillizzante, dell’unico nesso di causalità si nasconderebbe una verità ineludibile: il sistema di verifica della causalità non risponde sempre alle stesse logiche e non è sempre uguale a se stesso, davanti a qualunque titolo di colpevolezza o ad ogni sorta di bene aggredito.
Alla luce di ciò vengono analizzate le conseguenze, a volte inconsapevoli, delle note decisioni della Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite, penali (sent. n. 30328 del 2002, imp. Franzese) e civili (sent. n. 576 del 2008), soprattutto nel settore della responsabilità professionale sanitaria. La riflessione mette in evidenza come nel sistema di responsabilità civile, pur mantenendo fermo l’ossequio formale all’unico rapporto di causalità, i giudici si lascino influenzare da una pluralità di modelli di valutazione del legame causale, in modo però “clandestino” e fuori dalle garanzie del contraddittorio e della motivazione espressa.
In nome di questo vero e proprio totem ideologico, a giudizio dell’Autore, si giustificherebbero le forzature operate dalla giurisprudenza nel settore della responsabilità professionale per colpa medica, sfociate nella dilatazione di istituti e categorie come le obbligazioni da "contatto sociale", il danno da cd. “perdita di chances”, o nell’attenuazione di principi processuali, altrimenti incontestabili negli altri settori del contenzioso ordinario, quali quelli dell'onere di allegazione e dell'onere probatorio traguardati attraverso il formante giurisprudenziale della cd. "vicinanza o riferibilità della prova".
Dietro queste tendenze si celerebbe, a giudizio dell’autore, l’emersione di una nuova esigenza, di una nuova frontiera del ragionamento giuridico, che nei sistemi di Common law viene messa al centro delle indagini causali: l'individuazione dell'interesse da premiare. In materia di responsabilità professionale per colpa medica, in nome della tutela del diritto alla salute i giudici hanno dato rilevanza solo empirica ed implicita a tutta una serie di fattori condizionanti e pregiudicanti che, però, non vengono fatti emergere espressamente nella motivazione dei provvedimenti, a causa dell’immanente culto giudiziario di una “causalità in the air”.
Si propone allora di riconoscere a tutta la serie di elementi, rilevanti al fine della decisione, il loro giusto ruolo all’interno dell’analisi causale, atteso che «la pretesa «certezza» del rapporto causale, più che una realtà oggettiva, rappresenta uno schermo dietro il quale l’interprete o il legislatore celano, talvolta, convinzioni personali o scelte di policy».
Viene quindi analizzato il corso giurisprudenziale attraverso alcune delle più note e recenti decisioni della Suprema Corte di Cassazione in tema di perdita di chances nei giudizi di responsabilità professionale sanitaria, e se ne coglie il filo rosso nello sforzo di qualificare un nuovo bene giuridico, di dargli una rilevanza soggettiva indipendentemente dal momento della sua lesione, secondo procedimenti logico-giuridici non dissimili da quelli con cui si tenta di fare emergere nuovi valori “(giuridici?)”, più o meno “esistenziali”, da rapportare poi alla figura del danno non patrimoniale.
Segue una succinta e critica analisi delle principali tendenze dottrinarie sulla configurazione della perdita di chances come danno emergente o come lucro cessante, alla quale fa da chiusura la proposta di qualificare la perdita di chances come il mancato ottenimento della prestazione oggetto dell'obbligazione medica, definita «una prestazione che nel contenzioso ordinario (risarcimento di lesioni da colpa medica tout court) non viene mai presa in considerazione, in quanto si rimane fatalmente concentrati sul solo danno alla salute». Si analizzano a tal fine gli spunti presenti nella giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione – anche risalente – e si conclude auspicando che questa nuova classificazione, che riporti la perdita di chances al più generale ambito della prestazione oggetto dell’obbligazione professionale, valga ad assegnare alla stessa un inquadramento dogmatico certo, facendo giustizia delle troppe qualificazioni fornite all’istituto, visto talora come «virtuosa (seppur problematica) tecnica di apportionment», talaltra come mera «tecnica di liquidazione del danno, modellata da scelte di policy», o infine come «ultimo scalino» dell’ipotetica scala discendente della causalità civile alternativa a quella penale.
Infine si riporta rapidamente lo stato della discussione in ordine ai principali criteri di risarcimento della perdita di chances, per concludere in ordine a quella che è«la reale utilità della teoria della perdita di chances nel settore della responsabilità medica», cioè un utile strumento per evitare il ricorso ad «una “causalità aleatoria”», capace di generare ora fenomeni «di over-compensation», ora «un’inammissibile assenza di ogni riparazione».