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Banca finanza assicurazioni 17.06.2021

Libertà va cercando, ch'è sì cara…: la riforma del credito cooperativo alla Corte costituzionale

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Sommario:

  1. 1. La questione di legittimità costituzionale.
  2. 2. Le ragioni della questione.
  3. 3. Le Banche di credito cooperativo prima della riforma.
  4. 4. La riforma del credito cooperativo.
  5. 5. L'adesione obbligatoria.
  6. 6. L'impatto sulla gestione mutualistica.
  7. 7. I dubbi della dottrina.
  8. 8. L'alternativa riservata alle BCC regionali altoatesine.
  9. 9. Le alternative all'adesione (way out).
  10. 10. L'asservimento della way out.
  11. 11. Conclusioni.
 

Illustrata la questione di legittimità costituzionale sollevata, si richiamano le radici della disciplina delle banche di credito cooperativo prima della riforma; si sottolinea la loro appartenenza al mondo della cooperazione, costituzionalmente tutelata e si ricorda l'autonomia della vigilanza cooperativa da quella bancaria. Si descrivono poi sinteticamente le caratteristiche della riforma del credito cooperativo attuata tra il 2016 e il 2018; le esigenze alle quali il legislatore ha inteso fare fronte; le ragioni della sostanziale obbligatorietà dell'adesione al Gruppo Bancario Cooperativo. Si sottolinea l'inevitabile compressione della mutualità cooperativa che deriva dalla partecipazione delle BCC al Gruppo Bancario Cooperativo, diretto da una banca organizzata in forma di società per azioni, allo scopo esplicito di cercare sul mercato finanziario le risorse necessarie per assicurare la stabilità del Gruppo. Richiamati i dubbi sollevati dalla dottrina sulla compatibilità della riforma con i principi costituzionali, il fulcro dell'attenzione si sposta: dalla disciplina della conformazione dell'impresa bancaria cooperativa, alla possibilità di soluzioni alternative all'adesione e alle condizioni alle quali le BCC in possesso di sufficienti requisiti patrimoniale le possono praticare. Si spiegano quindi le ragioni per le quali la scelta di negare alla generalità della BCC la soluzione offerta alle banche altoatesine non pare una soluzione obbligata; si spiega perché la disciplina della devoluzione del patrimonio delle cooperative ai fondi mutualistici, prevista dall'art. 17 della legge n. 288 del 2000, non può esser estesa ad operazioni di cessione in blocco che non comportino abbandono della forma cooperativa da parte del cedente. Si segnala che, in questo contesto, il prelievo tributario previsto dalle norme denunciate comporta la distrazione di una quota del patrimonio delle conferenti dalla sua destinazione naturale ai fondi della cooperazione, e indebolisce la struttura patrimoniale delle banche interessate, in contraddizione con le esigenze di fondo che hanno ispirato la riforma.