Sommario:
- 1. L’impostazione originaria dei rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria.
- 2. L’esclusione dell’applicabilità della translatio iudicii nei rapporti tra arbitri e autorità giudiziaria.
- 3. La dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 819-ter, secondo comma, c.p.c. la conseguente applicabilità della translatio iudicii anche ai rapporti tra arbitrato e processo.
Nel testo originario l’art. 819-ter, comma 2, c.p.c., escludeva che nei rapporti tra arbitrato e processo potesse applicarsi l’art. 50 c.p.c. sicché non poteva configurarsi la translatio iudicii. Adesso il regime è mutato poiché la Corte Costituzionale con la sentenza n. 223 del 2013, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della previsione nella parte in cui esclude l’applicabilità della translatio ai rapporti tra arbitrato e processo. L’estensione è presupposta dallo stesso ordinamento il quale afferma la legittimità del ricorso all’arbitrato che è pienamente fungibile rispetto alla giustizia pubblica. L’unico modo di garantire l’effettività della tutela giurisdizionale è, pertanto, non solo, consentire la possibilità della trasmigrazione del processo, ma anche la conservazione degli effetti processuali e sostanziali della domanda originariamente proposta all’organo incompetente, anche nei rapporti tra arbitrato e processo. Questa possibilità va tuttavia, secondo l’A., limitata al solo arbitrato rituale.