CORTE COST. - 11 dicembre 2015, n. 262 - Con sentenza additiva dell'11 dicembre 2015, n. 262, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 2941, n. 7, c.c., nella parte in cui non prevede la sospensione del termine prescrizionale tra società in nome collettivo ed amministratori, finché questi sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi.
La pronuncia ricalca parzialmente la sentenza n. 322 del 1998, con la quale la Consulta aveva già dichiarato illegittimo l’art. 2941, n.7, c.c., per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non disponeva la sospensione della prescrizione in caso di società in accomandita semplice. L’omissione legislativa, infatti, determinava un’ingiustificata disparità di trattamento tra s.a.s. e società di capitali che, in quanto persone giuridiche, erano le uniche a godere della sospensione.
Similmente, con la sentenza del 2015, la Corte ha rilevato che l’esclusione delle s.n.c. dall’ambito della disposizione costringe queste società a subire un trattamento deteriore, privo di giustificazione, rispetto alle società di capitali ed alle s.a.s.
In particolare, dopo avere esaminato la ratio dell’istituto sospensivo, la Consulta ha dichiarato irragionevole, arbitraria, lesiva del principio di eguaglianza nonché del diritto di difesa, la scelta, a suo tempo operata dal legislatore, di diversificare la decorrenza dei termini di prescrizione per l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità in base alla connotazione come persona giuridica della società titolare del diritto.
Il presente contributo illustra il contenuto della sentenza, analizzando i differenti profili in relazione ai quali il Giudice delle leggi ha riscontrato l’incostituzionalità della disposizione in esame.