CASS. CIV. – sez. II – 10 gennaio 2013, n. 482 - La Suprema Corte, ancora una volta, conferma i “principi” del gradualismo e di gerarchia delle regole d’interpretazione del contratto; in base ad essi, solo se l’interpretazione letterale non consente di attribuire un significato chiaro al contratto, deve farsi ricorso ai canoni ermeneutici successivi. La pronuncia non coglie l’occasione per rimeditare, alla luce dell’elaborazione dottrinale più moderna, il tema classico dell’ermeneutica contrattuale nell’attuale sistema normativo italo-comunitario. Per i giudici della Cassazione, la rinuncia all’usufrutto – identificata con la rinuncia abdicativa – ha quale causa tipica la dismissione del diritto e, pertanto, non integra una donazione. L’accoglimento di una più moderna nozione di causa – con la conseguente atipicità causale della rinuncia all’usufrutto – avrebbe consentito l’indagine della causa (variabile) in concreto di essa, attribuendo un significato all’animus donandi del rinunciante.
Note
Obbligazioni e contratti 09.03.2014
Ermeneutica contrattuale, donazione con riserva d’usufrutto e rinuncia all’usufrutto
di Laura Tafaro