Il divieto di condotte incompatibili può essere frutto dell’applicazione di clausole generali ma comunque limitate all’ambito nel quale le confina il legislatore (si pensi agli artt. 1175 e 1375 c.c. per ciò che concerne le obbligazioni e, rispettivamente, i contratti), ovvero portato di norme che specificamente lo prevedano. Il problema che si pone all’interprete nell’esame dell’ordinamento, peraltro, nasce dalla considerazione per cui il sistema normativo italiano appare tutt’ora ispirato dalle dogmatiche kelseniane, e dunque non consente di ritenere esistenti clausole di carattere generale che non trovino la loro giustificazione in un sistema rigido delle fonti.
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Obbligazioni e contratti 04.03.2014
Venire contra factum proprium: un divieto di carattere generale?
di Maurizio Visconti