Il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, nel contesto delle “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, ha previsto due procedure stragiudiziali di separazione personale e di divorzio. Con la prima, art. 6, si rimette ad una «convenzione di negoziazione assistita da un avvocato» la «soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all’articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio». Con la seconda, art. 12, si contempla, negli stessi casi, la possibilità di «concludere, innanzi all’ufficiale dello stato civile […] un accordo». «L’accordo raggiunto a seguito della convenzione», così come «l’atto contenente l’accordo» manifestato innanzi all’ufficiale civile, «tiene luogo dei provvedimenti giudiziali» corrispondenti. Significativamente, peraltro, l’applicazione della seconda procedura è rinviata al «trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione»: anche lo stesso decretatore, quindi, sembra avere nutrito almeno qualche dubbio circa la piena “tenuta” di una simile disciplina in sede di conversione.
Editoriali
Famiglia e successioni 06.10.2014
Procedure consensuali di separazione personale e divorzio: un decreto-legge da rimeditare
di Enrico Quadri