La filiazione, così come la famiglia di cui è diretta scaturigine, rappresenta uno degli istituti cardine del c.d. “diritto privato non patrimoniale”, riconosciuto e garantito al massimo rango (art. 30 Cost.), cui la disciplina codicistica ricollega, tra l’altro, specifiche forme di tutela morale e patrimoniale per causa di morte. In tale ambito, la difficoltà di maggiore rilievo si è da sempre riscontrata – soprattutto a seguito della riforma introdotta con l. 19 maggio 1975, n. 151, ancorché di recente revisionata dalla l. 10 dicembre 2012, n. 219 (recante Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali) – nella ricerca del delicato equilibrio tra due interessi di segno contrario, benché accomunati sullo sfondo dalle (notorie) ragioni di ordine successorio poc’anzi segnalate. Da un lato, infatti, emerge l’esigenza di assicurare la “effettività” del legame parentale, intesa come esatta conoscenza della genitorialità biologica a prescindere da vincoli coniugali (c.d. favor veritatis), nonché presupposto della qualità di erede; d’altro lato, vi si contrappone la finalità di tutelare il contesto familiare da iniziative dirette a minare lo status di figlio “legittimo” (rectius, oggi “nato nel matrimonio”) di un suo componente (c.d. favor legitimitatis), al medesimo (ma opposto) scopo.
Articoli
Famiglia e successioni 24.11.2014
Filiazione e prove genetiche
di Mariano Robles