L'esdebitazione, che in prima approssimazione possiamo definire la cancellazione dei debiti residui a carico di un soggetto che abbia subito una procedura concorsuale, ha acquistato negli ultimi anni una crescente importanza, in primo luogo da parte del legislatore comunitario. Nel nostro ordinamento ha fatto il suo ingresso con le modifiche che il d.lgs. n. 5/2006 ha apportato alla legge fallimentare, in particolare riformulando completamente gli artt. 142 ss., nel senso di prevedere che una persona fisica già fallita e dotata di particolari requisiti soggettivi (quali non aver commesso atti di frode ai danni dei creditori, non aver commesso reati fallimentari o di tipo “economico” e l'aver cooperato con gli organi della procedura) e oggettivi (quali l'aver soddisfatto almeno in parte i propri creditori) potesse, appunto, ottenere un provvedimento dichiarativo della non esigibilità dei debiti non soddisfatti nel corso della procedura fallimentare.
L'importanza dell'istituto è poi certamente cresciuta quando la stessa è stata applicata anche alle persone fisiche “non fallibili”, come i consumatori, i professionisti e le piccole imprese “sotto soglia”, nell'ambito della disciplina del sovraindebitamento, con l'art. 14-terdecies della l. n. 3/2012.
Restavano fuori dall'ambito applicativo di questo istituto le persone giuridiche e, più in generale, gli enti collettivi e societari, mentre l'operatività di questa misura risultava fortemente condizionata dall'idea di beneficio “graziosamente” concesso ai soggetti “meritevoli”, che si fossero “guadagnati” una sorta di “condono” perdendo tutto il patrimonio, sì che proprio i soggetti più poveri e privi di reddito o beni ne erano di fatto esclusi.
Non si tratta tuttavia di una misura puramente “perdonistica”, quanto dell'applicazione dell'idea che occorre garantire ai soggetti falliti o liquidati una c.d. second chance, che consenta le reimmissione di questi soggetti nel circuito economico e produttivo, piuttosto che lasciarli ai margini e spesso in balia di fenomeni usurari o di attività irregolari, così da poter contare anche su queste energie, liberate del fardello del debito e della tradizionale illimitata responsabilità patrimoniale, con indubbie ricadute positive generali, sia sul piano dell'emersione del “sommerso” che dell'incremento del PIL, e quindi, indirettamente, dello stesso gettito fiscale.
In sede unionale, già la raccomandazione 2014/135/UE affermava come sia dimostrato che “gli imprenditori dichiarati falliti hanno maggiori probabilità di avere successo una seconda volta” e se ne deduceva l'opportunità di “adoperarsi per ridurre gli effetti negativi del fallimento sugli imprenditori, prevedendo la completa liberazione dei debiti dopo un lasso di tempo massimo” (considerando n. 20). La successiva direttiva UE 2019/1023 del 20 giugno 2019 (c.d. Direttiva Insolvency) ha ulteriormente insistito sull'importanza di questo istituto, stabilendo (considerando n. 76) che “nelle procedure che non comprendono un piano di rimborso, i termini per l'esdebitazione dovrebbero decorrere al più tardi dalla data dell'adozione, da parte di un'autorità giudiziaria o amministrativa, della decisione di apertura della procedura o dalla data della determinazione della massa fallimentare”; ancora si ritrova l'affermazione (considerando n. 78) secondo cui “l'esdebitazione integrale (deve essere assicurata) dopo un periodo di tempo non superiore a tre anni”, pur consentendo delle deroghe “quando il debitore è disonesto o ha agito in malafede”.
Il nuovo Codice, entrato in vigore lo scorso 15 luglio, si pone certamente in linea con queste indicazioni, tanto è vero che, da questo punto di vista, minime sono state le sue modifiche in sede di attuazione della direttiva da parte del d.lgs. n. 83/2022; anzi, molte delle scelte ivi contenute erano state anticipate nella loro vigenza attraverso la novella della legge sul sovraindebitamento, apportata in sede di conversione del c.d. decreto Ristori, con la legge n. 176/2020.
Tuttavia, il Codice realizza un corpus unitario e sistematico di tutti gli strumenti e le procedure di soluzione della crisi e dell'insolvenza, facendo sì che la disciplina del sovraindebitamento, con alcune incisive modifiche, diventi parte integrante del diritto della crisi relativo alle procedure “maggiori”, intessendo con queste ultime un sistema di rimandi e reciproche influenze del tutto innovativo.
Non mancano, poi, alcune incisive novità proprio in tema di esdebitazione, organicamente disciplinata nel Capo X del Titolo V, che, sia pure in sintesi, vale la pena di sottolineare immediatamente:
a) in primo luogo, l'esdebitazione si allarga alle persone giuridiche e alle società, stabilendosi per queste ultime che “l'esdebitazione della società ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili” (cfr. art. 278, comma 5, c.c.i.);
b) in secondo luogo, scompare l'esigenza del c.d. presupposto oggettivo, ossia del pagamento almeno parziale dei creditori da parte del debitore, presupposto che infatti non viene più menzionato fra i requisiti di accesso alla dichiarazione di inesigibilità dei crediti non soddisfatti, e che, peraltro, la stessa giurisprudenza più avvertita aveva nei fatti svalutato, ritenendo che fosse di ostacolo alla concessione del beneficio il solo caso in cui ai creditori la procedura concorsuale avesse riservato un soddisfacimento del tutto minimale (cfr. Cass. 12 maggio 2022, n. 15246, secondo cui l'istituto è permeato da un favor debitoris che comporta che il beneficio dell'esdebitazione deve essere concesso a meno che i creditori siano rimasti totalmente insoddisfatti o siano stati soddisfatti in percentuale “affatto irrisoria”);
c) in modo quasi “rivoluzionario” il Codice stabilisce che l'esdebitazione sia ottenuta “di diritto” al momento della chiusura della procedura liquidatoria (liquidazione giudiziale al posto del fallimento e liquidazione controllata per le imprese minori, consumatori e professionisti ed ogni soggetto non “fallibile”) o, se anteriore, allo scoccare di tre anni dalla sua apertura; si tratta di una novità molto importante, in quanto non occorre attendere più, necessariamente, la preventiva conclusione di procedure spesso defatiganti ed estremamente lunghe, ma con il decorso di un triennio si acquista automaticamente il diritto all'esdebitazione, con un provvedimento giudiziale di non esigibilità dei debiti residui che assume, di conseguenza, un valore ricognitivo e puramente dichiarativo, con un contraddittorio con eventuali creditori contrari di carattere successivo e lasciato alla sola iniziativa di questi ultimi;
d) in parallelo, con le ultime modifiche al Codice si è stabilito che “con l'esdebitazione vengono meno le cause di ineleggibilità e di decadenza collegate all'apertura della liquidazione giudiziale” (art. 278, comma 1, c.c.i.): anche da questo punto di vista le riforme spingono l'acceleratore sul concetto di fresh start che questo istituto deve assicurare, consentendo perciò ad un soggetto la cui procedura sta continuando (ad esempio in attesa di collocare sul mercato alcuni beni o incassare crediti) di poter comunque fruire pienamente della liberazione dei debiti residui anche su di un piano sociale, amministrativo e politico (viene in rilievo, in primo luogo, l'art. 2382 c.c., che prevede la ineleggibilità alla carica di amministratore per il “fallito”, come pure il venir meno di altre decadenze relative alla possibilità di esercitare alcune professioni – avvocato, titolare di farmacia, geometra – con cancellazione dai relativi albi professionali o la perdita della capacità di assumere determinati uffici di tutore o curatore; giudice popolare; esattore delle imposte; amministratore, liquidatore o sindaco di società per azioni);
e) infine, la stessa operatività dell'esdebitazione del sovraindebitato incapiente – ossia della persona fisica “meritevole”, che non abbia alcuna utilità economica da offrire ai creditori, ne esce potenziata, con una disciplina che all'art. 283 c.c.i. delinea un vero e proprio statuto della povertà, inserendo un beneficio che – per una volta ed a patto che non sussistano atti in frode e vi sia mancanza di dolo o colpa grave nella formazione dell'indebitamento – può realmente consentire di reinserire nella società e nell'economia tanti soggetti gravati dalla zavorra di un debito altrimenti inestinguibile.
Sia consentita, allora, una più ampia considerazione finale non solo giuridica. Proprio in questi giorni, lunedì 17 ottobre, è stato presentato il Rapporto della Caritas su povertà ed esclusione sociale nel nostro paese, dal titolo “L'anello debole”, in cui si individuano diversi tipi di povertà che portano a ben 5,6 milioni di persone i c.d. poveri assoluti (di cui 1,4 milioni di bambini) e che individuano una crescente categoria di soggetti che, pur lavorando, devono essere considerati poveri (c.d. working poor).
Orbene, anche di queste persone è forse possibile farsi carico attraverso un nuovo Diritto della crisi che, anche attraverso la concessione dell'esdebitazione, può concorrere a realizzare le precondizioni per un effettivo reinserimento sociale ed economico di un settore altrimenti marginale e “sommerso” del nostro paese. Ed è forse quest'ultimo accenno a consentire di intravedere in questo ambito quel capovolgimento del brocardo decoctor ergo fraudator che è forse il frutto più dolce e ancora inespresso delle più recenti riforme.