Sommario:
- 1. Osservazioni generali sul principio di diritto di cui alla sentenza della Suprema Corte n. 13221 del 2014.
- 2. La necessaria censura ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c.
- 3. Diversità tra questioni processuali.
- 4. Il principio di diritto stabilito nella ordinanza della Suprema Corte n. 440 del 2014.
- 5. Le conseguenze della ordinanza n. 440 del 2014: equiparazione tra decisione espressa e decisione implicita, sottesa alla omessa pronuncia, anche con riferimento alle questioni processuali attinenti alla carenza di potestas iudicandi del giudice di appello.
- 6. Brevi conclusioni.
La sentenza n. 13221 del 2014 si pone in linea con l’orientamento, ormai consolidato, della Suprema Corte e condiviso dalla dottrina secondo il quale, in estrema sintesi, il vizio di omissione di pronuncia ex art. 112 c.p.c. non è configurabile su questioni meramente processuali. Ed invero, la Suprema Corte, nell’evidenziare in più occasioni che il suddetto vizio ex art. 112 c.p.c. si configura solo in relazione a domande (in alcune pronunce si escludono correttamente anche le eccezioni) di merito, è ferma nel rilevare che il mancato esame da parte del giudice, su sollecitazione della parte, di una questione puramente processuale non può dare luogo al vizio di omessa pronuncia, sì da non poter assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza, potendo profilarsi al riguardo una nullità (propria o derivata) della decisione, in ragione della violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c. in quanto sia errata, oltre che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla questione sollevata dalla parte.