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Arbitrato e processo civile 07.01.2016

La riforma della legge pinto: l’equa riparazione spetta anche al soccombente nel giudizio presupposto. Prime applicazioni della giurisprudenza barese.

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Sommario:

  1. 1. Introduzione.
  2. 2. Il contrasto giurisprudenziale all’interno della Corte d’Appello di Bari.
  3. 3. La questione d’illegittimità costituzionale dell’art. 2-bis, comma 3, l. n. 89 del 2001.
  4. 4. Considerazioni conclusive.
 

L’art. 55 della legge 7 Agosto 2012, n. 134, di conversione del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (recante Misure urgenti per la crescita del Paese: c.d. decreto Sviluppo) ha modificato in maniera piuttosto incisiva, sia sul piano sostanziale che sul piano processuale, la disciplina relativa all’equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, disciplinata dalla l. 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. legge Pinto).

Sensibili novità riguardano la commisurazione dell’indennizzo spettante al ricorrente per l’irragionevole durata del processo, realizzate attraverso l’introduzione del nuovo art. 2-bis, rubricato “misura dell’indennizzo” al cui comma 3, in maniera piuttosto dirompente, afferma che «La misura dell’indennizzo, anche in deroga al comma 1, non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice».

Circa l’interpretazione della norma in esame si rileva un contrasto giurisprudenziale all’interno della stessa Corte d’Appello di Bari, in ordine alla questione se la norma vieti di liquidare l’indennizzo a favore della parte soccombente nel giudizio presupposto.